Dopo 150 anni dalla prima rappresentazione dell’Aida di Giuseppe Verdi, al Cairo d’Egitto, il maestro Riccardo Muti ne ha celebrato l’anniversario dirigendo in forma di concerto l’opera all’interno delle magnificenti mura dell’Arena di Verona.
Altro anniversario tanto atteso dal pubblico dell’Arena è stato il ritorno di Muti all’Arena dopo quaranta anni di assenza. Sotto il cielo stellato di un caldo giugno, il maestro ha così dato l’avvio alla stagione operistica del festival di Verona. Un connubio che ha esalato il pubblico soprattutto dopo la sospensione del cartellone per la stagione dello scorso anno a causa del Covid.
Al concerto hanno fatto seguito ben sette repliche di Aida e altre tre seguiranno fino al 4 settembre. Le varie rappresentazioni vedono in scena due direttori di orchestra, Diego Matheuz e Daniel Oren, che si alternano nella direzione ricca di strumenti. Le diverse rappresentazioni, nelle diverse date della stagione, vengono interpretate da vari artisti che compongono il cast; si avranno tre bassi nel ruolo del Re d’Egitto, tre soprani nelle vesti dell’eroina Aida, cinque mezzosoprani nelle vesti della figlia del re, Amneris, cinque baritoni nel ruolo del sacerdote Ramfis, 6 tenori nel ruolo di capitano delle guardie, Radames. Solo per citare i personaggi protagonisti della storia.
L’opera di Aida oltre ad essere considerata il capolavoro di Verdi per le sue qualità musicali è una tragedia dai contenuti universali e evergreen.
Aida, (interpretata da Maida Hundeling, tunisina ma formatasi in Vienna) giovane e bella figlia del re etiope, fatta prigioniera dalle truppe egiziane, diventa ancella e serva della figlia del re egiziano, Amneris (Judit Kutasi, mezzosoprano rumena) che strugge d’amore per il valoroso giovane capitano delle guardie Radames (Samuele Simoncini, tenore italiano).
Come in ogni tragedia che si rispetti, l’amore di Amneris non è ricambiato, anzi, è la schiava Aida ad essere l’oggetto d’amore di Radames. Amore impossibile quello di Amneris, perché non amata, contrastato quello di Radames, perché ama la figlia di un paese nemico. Il dramma non finisce qui.
Per fermare un attacco dell’esercito etiope, l’Egitto condotto da Radames va in guerra fino alla vittoria finale celebrata con la famosa ‘Marcia Trionfale’ di Verdi: fra i prigionieri etiopici vi è il re etiope, Amonarso, (Alberto Gazale, baritono italiano) padre della bella Aida.
Il re egiziano su consiglio di Radames e spinto da pietà, concede la libertà a tutti gli schiavi etiopici, ma mantiene in prigionia Aida e suo padre per evitare ulteriori conflitti. Amonarso, re vendicativo, approfittando dell’amore tra il Capitano Ramades e la figlia Aida induce, con fare manipolativo, quest’ultima a tradire il suo amato e il popolo egiziano. Nonostante i forti tormenti, divisa fra l’amore paterno e l’amore per Ramades, Aida cede all’amore paterno e inganna il suo amante. Ramades inconsapevole degli intrighi e artifici, rivela segreti strategici da cui il re dell’Etiopia trarrà vantaggi militari. Scoperto l’inganno, Radames viene giudicato dal sacerdote/Giudice Ramfis (Giorgio Giuseppini, baritono) e dal re egiziano come traditore della patria e condannato ad essere sepolto vivo in una tomba. Ramades accetta il suo destino, ma nel suo sepolcro Aida lo raggiungerà per morire con lui.
Nella tragedia dell’Aida si mette in evidenza lo scontro tra valori pubblici, come la fedeltà alla patria, e valori privati; le aspirazioni degli individui devono soccombere alla prepotenza degli eventi storici e alle ragioni di un potere opprimente. Ecco perché questa è una tragedia che a 150 anni di distanza ancora avvince, coinvolge e permette allo spettatore di identificarsi con i sentimenti interpretati dai protagonisti artisti: amore, sofferenza per un amore non ricambiato, rivalità, cupidigia di potere, perdono, l’amore per la patria, ma anche l’amore per la non patria (Aida si sentiva integrata in un paese che non era suo).
Certamente la qualità della capacità canora è il punto chiave per indurre l’ascoltatore a sentirsi avviluppato nella tragedia in scena.
L’Aida, della sera del 12 agosto è stata di certo una Aida coinvolgente che ha ricevuto il meritato tributo del pubblico con generosi applausi a scena aperta. Nonostante il numero dei posti siano stati dimezzati a causa della pandemia, si calcola che a tutt’oggi, dopo l’ottava rappresentazione di quest’anno, ben 48 mila spettatori hanno partecipato come pubblico dell’Aida.
Del resto oltre al coinvolgimento del maestro Muti, va inoltre ricordato che gli allestimenti quest’anno non sono stati quelli tradizionali: ulteriori tecniche sceniche sono state adottate. Oltre alle costruzioni scenografiche atte a ricreare la fisicità dell’Antico Egitto, il luogo dove si svolge il dramma dell’Aida, sullo sfondo sono state poste enormi pareti in led sulle quali scorrono immagini digitali realizzate con l’aiuto iconografico delle Museo Egizio di Torino: video con templi egizi, palazzi, geroglifici, sfingi. Il risultato è stato un effettivamente suggestivo e accattivante.
Un altro aspetto scenografico di effetto è stato l’utilizzo dei gradoni marmorei per accogliere il coro situato da un lato dell’Arena mentre la restane parte dei gradoni è stata occupata da figuranti scenici, li posti a sostenere grandi lampade per suggerire l’idea del cielo stellato.
Inoltre, grande merito al corpo di ballo e soprattutto alla prima ballerina Eleana Andreoudi che ha sapientemente dominato la scena sia nei balli con l’ausilio di circa 50 ballerine sia come solista.
Sold out per tutte le rappresentazioni con un pubblico devoto che ascolta sugli antichi marmi roventi in silenziosa passione. Questa è l’Arena.
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