Il 13 settembre del 1999 a causa di un cataclisma nucleare la Luna esce dalla sua orbita terrestre per girovagare nello spazio infinito.
Così iniziò una drammatica quanto affascinante odissea per gli occupanti della base lunare Alpha in quella che ben presto divenne una serie televisiva culto della Fantascienza, praticamente immortale, che contò migliaia di fans appassionati da tutto il mondo. Era il 1973 quando Gerry e Sylvia Anderson, due scrittori e registi di enorme talento e fantasia con alle spalle serie di successo, scrivono e dirigono Spazio 1999 una riuscitissima serie di telefilm suddivisa in episodi trasmessi nel Regno Unito e ben presto nel resto d’Europa. La stampa di quegli anni etichettò la serie come “la risposta europea allo strapotere della serie americana Star Trek”, ma in fin dei conti la realtà dei fatti sta nell’altrettanta originalità di una serie che pur soffrendo di vari errori di ripresa sfuggiti a registi e produttori (i classici “bloopers”), ed azzardi scientifici ai limiti dell’improbabile, divenne comunque un cult assoluto.
La sinossi è semplice quanto geniale: in un ipotetico futuro immaginato intorno alla fine degli anni 90, la Terra, per ragioni legate ad un forte inquinamento globale, costruisce nella luna una base logistica chiamata Alpha con circa trecento persone al suo interno, ognuna con competenze e mansioni diverse finalizzate nella gestione e vigilanza dello stoccaggio di scorie nucleari opportunamente piazzate nei fondali dell’emisfero nascosto della Luna.
Tutto apparentemente fila liscio fino al 13 settembre dell’anno 1999 quando, per motivi imprecisati, alcuni addetti allo stoccaggio dei rifiuti nucleari perdono la vita per causa ignota e in una serie di eventi catastrofici una esplosione a catena delle scorie atomiche genera una deflagrazione immensa e una spinta propulsiva cosi imponente da causare il distacco del satellite Luna dalla sua orbita attorno la Terra. Privi dei tempi tecnici per avviare un rapido esodo verso la Terra, la base lunare Alpha con tutto il suo equipaggio è condannata a vagare nello spazio infinito senza una meta se non quella di trovare fortunosamente un pianeta abitabile dove trasferirsi per iniziare una nuova vita e un nuovo futuro.
La fortunata serie si pregiò di un cast di attori di alto livello fra i quali l’americano Martin Landau (premio oscar nel 1995 per il suo ruolo di Bela Lugosi nel film “Ed Wood” di Tim Burton) nei panni del comandante John Koenig; Barbara Bain (moglie nella vita per molti anni con Landau) nel ruolo della dottoressa Helena Russell; Barry Morse, grande attore di teatro nel ruolo del saggio scienziato nonché ottimo e fidato consigliere, professore Victor Bergman e altri di rilievo.
Seppur con tinte di fantasia spesso troppo audaci ed improbabili, i 24 episodi della serie si avvalsero di ottimi registi ai quali fu affidato il compito di dirigere ogni singola puntata. Ogni regista, quasi fosse in competizione con i colleghi, riusciva a infondere la propria impronta, la propria dinamica tale da rendere ogni episodio un piccolo capolavoro diverso dall’altro. La riuscita della serie ebbe il merito anche di un eccelso stile architettonico e un ottimo design che comprendeva la base lunare stessa e tutta l’oggettistica, uniformi comprese, presenti nelle inquadrature sempre curatissime con luci e colori che si arricchivano di una splendida fotografia per tutte le inquadrature.
Giunta al termine la prima serie, si paventò la necessità urgente di enormi fondi per sopperire ai costi per una seconda serie anch’essa di 24 episodi; fondi che furono ricercati oltre oceano negli States e che videro nel produttore Fred Freiberger una possibile solvibilità ma un’altrettanta presenza ingombrante in un momento in cui la separazione della coppia Anderson aveva rotto quell’idillio e quell’affiatamento necessario per ricreare e riproporre una seconda serie che continuasse il percorso precedente in ogni suo dettaglio. Gerry Anderson dovette scendere a compromessi e il produttore americano impose tutta una serie di cambiamenti in un processo, a suo modo di vedere, di adattamento forzato della serie per il gradimento del pubblico americano ben diverso da quello europeo. Freiberger era fortemente convinto che la prima serie contenesse errori di base da non ripetere per non compromettere il successo della seconda serie. Per il produttore gli episodi della prima serie erano troppo freddi, drammatici, desolanti e paurosi, vale a dire proprio le caratteristiche per cui i fans ne andavano pazzi e che la resero apprezzatissima ancora oggi.
Alcuni attori e personaggi non vennero riconfermati, primo fra tutti il prof. Bergman (Barry Morse) una triste e infelice mossa che praticamente dimezzò in un colpo solo i fans. Venne scritturata Chaterine Schell, attrice che aveva recitato in un altro ruolo durante un episodio della prima serie; la Psyconiana Maya era una sorta di mutante “no limits” capace di trasformarsi in ogni cosa che le venisse in mente, ai limiti del risibile. I mostri presenti in alcuni episodi erano truccati così male che a vederli scoppiavano grasse risate e le trame stesse divennero banali e noiose; solo in rarissimi casi qualche episodio, non senza sforzo, fu considerato interessante ma sempre con una spanna decisamente inferiore alla prima serie. Gli attori stessi ne erano consapevoli e non nascosero la loro disapprovazione nelle interviste che rilasciarono anni dopo. Come se non bastasse gli interni della base Alpha subirono un “restyling” forzato a tutti i costi piuttosto discutibile; la sala comando, per dirne una, divenne stretta e claustrofobica con le postazioni dei pannelli dei comandi disposti a file come banchi di una classe delle scuole medie.
La seconda serie non ebbe il plauso e l’attenzione dovuta tanto che l’ipotesi di una possibile terza serie naufragò nel nulla lasciando la serie Spazio 1999 senza un episodio conclusivo che chiarisse una volta per tutte il destino finale degli Alphani. Solo dopo anni fu girato un pietoso cortometraggio di pochi minuti dove l’attrice Zenia Marton che nelle due serie aveva il ruolo di analista dati Sandra Benes, recitò da sola in una unica inquadratura una specie di “spiegone” in cui la base Alpha finalmente aveva trovato un pianeta dove iniziare una nuova vita. Una mesta e insensata fine frettolosa causata da impicci e troppe teste litigiose che alla fine esplosero in un nulla assoluto.
Oggi a 20 anni da quel cataclisma frutto della fantasia di pionieri delle serie televisive di fantascienza, Spazio 1999 è diventato un cult assoluto. Basta visitare le tante pagine dei fans presenti sui social e le centinaia di gadgets e merchandise in vendita su Ebay. Serie immortale che è stata riproposta con un ottimo lavoro di restyling digitale e in lingua originale sui supporti video più comuni sul mercato. Gli appassionati inguaribili, quelli davvero tosti e irriducibili, da anni presenziano alle varie “Convention Ufficiali” che si tengono in diverse zone del mondo dove attori delle serie raccontano la loro esperienza, aneddoti, polemiche e dettagli dei loro ruoli nelle serie con la gradita possibilità di farsi magari un selfie con il pubblico che accorre sempre numeroso. Molti attori non ci sono più ma a vent’anni di distanza dal fantasioso cataclisma, nella sera del 13 settembre 2019 con una luna piena luminosa, vivrà per sempre la magia di Spazio 1999 con i suoi episodi che gli appassionati vedono e rivedono periodicamente conoscendo a memoria ogni frame e ogni battuta di ogni episodio.