Un connubio indissolubile tra l’amore per un ideale e l’amore per un uomo che solo la morte, e forse neanche quella, riuscirà a dipanare.
Sembra, così, di ripercorrere le pagine di un romanzo atavico, di rileggere ‘Romeo e Giulietta’ e le conseguenze determinate dalla volontà di due mondi opposti che portarono i due giovani ad un gesto estremo. Erroneamente si crede ciò. Perché le morti così strazianti e passionali esistono ancora e l’opera prima della regista Agustina Macri né è la prova.
Il film ‘Soledad’ si ispira, dunque, ad una storia vera che fa luce su una vicenda di cronaca poco conosciuta e in questa storia Soledad Rosas emerge come un’icona degli anni ‘90, una Giulietta postmoderna che ci dimostra che si può credere ancora nell’amore fino a morirne.
Tratto dal romanzo di Martín Caparrós “Amore e Anarchia“, il film, un’anteprima italiana di Alice Nella Città nella sezione Panorama Italia alla Festa del Cinema di Roma, racconta, appunto, la storia di Soledad Rosas ed Edoardo Massari facenti parte di un collettivo anarchico che, alla fine degli anni ’90 a Torino, si batté contro la costruzione della rete ferroviaria ad alta velocità in Val di Susa.
Soledad Rosas, argentina, nata e cresciuta in una famiglia conservatrice di classe media; nell’agosto del 1997, all’età di 23 anni, a seguito della laurea, i genitori le regalano un viaggio in Europa con un’amica. Un viaggio che finirà in Italia, perché qui la giovane conoscerà Edo, detto Baleno, con il quale condividerà speranze, lotte e illusioni dettate da forti ideali e da una passione indissolubile.

Così nel lavoro della Macri prende forma la storia dei due giovani e dei loro compagni. Si costruisce tassello dopo tassello la vita delle due icone anarchiche degli anni’90, Sole e Baleno. Loro che il 5 maggio del 1998 verranno arrestati e accusati di atti di terrorismo contro la costruzione della TAV. La tragedia, di lì a poco, si consumerà e tutto, in un istante avrà fine. Edoardo, infatti, verrà trovato senza vita nella sua cella: la sua morte viene archiviata come suicidio.
La disperazione per Soledad è tanta, troppa. Resiste per qualche mese, grazie al sostegno degli amici e della sorella ma un giorno, esattamente l’11 luglio 1998 (dopo 105 giorni dalla morte del compagno) agli arresti domiciliari, scoraggiata e decisa a non accettare nessun tipo di accordo con lo Stato, si toglie la vita.
Sconcertato lo spettatore prende atto della tragica scelta compiuta dai due giovani, non è facile comprendere le motivazioni che li spinsero a scegliere la morte come raggiungimento della libertà assoluta. Il lavoro della regista risulta molto delicato e, dolcemente tenta, con il ritratto intimo dei protagonisti, di trovare un senso alle loro azioni. Grazie ai primi piani dei giovani volti e ai loro occhi appassionati, emerge la triste realtà di una storia vera.
Gli interpreti principali Vera Spinetta (Soledad), Giulio Corso (Edoardo) e Marco Cocci (Silvano, il terzo ragazzo arrestato insieme a Sole e Baleno) esplicano perfettamente le caratteristiche di quando nell’ingenuità dei vent’anni si pensa di avere il mondo in pugno e della rabbia che emerge quando il proprio destino è segnato.
Tra flashback della vita in famiglia in Argentina e la testimonianza della sorella di Soledad, Gabriela (Florencia Dyszel) che la descrive come una ragazza dalla forte personalità, ribelle e indipendente e tra racconti di manifestazioni, momenti conviviali e scene d’amore tra i due ragazzi il film scorre veloce.
‘Soledad’ si dimostra un triste e documentato affresco di una gioventù ribelle, ispirata da forti ideali e, spesso, vittima delle bieche cospirazioni dello Stato. La giovane Sole diventa simbolo di questa ingiustizia, corpo e anima di una lotta in cui si muore per delle idee; lei è un mito sconosciuto che cerchiamo di capire e che proviamo, oggi, a conoscere e ad analizzare nella sua profonda semplicità. Perché di semplicità si tratta, una semplicità che, spinta da spirito anarchico e nuovo, intraprende la strada più difficile, cioè, quella della vera libertà.
In un mondo in cui ci troviamo sempre più immersi in scelte superficiali e superflue, la motivazione di Soledad diventa un’utopia, un anacronismo romantico che vale la pena raccontare. Nella speranza che un giorno non vengano mosse accuse ingiuste, perché di questo si trattò visto che nel 2002 la corte di Cassazione lasciò cadere le accuse di terrorismo per mancanza di prove.