Dopo Fahrenheit 9/11, il vincitore della Palma d’Oro Michael Moore sposta la sua attenzione su un’altra significativa data, il 9 novembre 2016, giorno in cui Donald Trump è stato eletto 45esimo Presidente degli Stati Uniti. Nelle sale dal 22 al 24 ottobre, Michael Moore ha presentato alla tredicesima Festa del Cinema di Roma il documentario Fahrenheit 11/9. Senza rinunciare alla sua consueta ironia, Moore prende di mira non solo l’amministrazione degli Stati Uniti, ma anche le politiche dei Democratici e dei Repubblicani che hanno portato Donal Trump a conquistare la carica più potente del mondo.
Il documentario è un viaggio nell’America profonda, quella dei neri delusi da Obama e che si ritrovano ancora vittime di ingiustizie, dei poveri spinti sempre più nelle periferie e confinati in una sorta di ghetto. Gente dimenticata dalla classe dirigente che bada solo ad accumulare ricchezza. Moore non va certo per il sottile e paragona Trump ad un dittatore misogino, uno speculatore senza scrupoli, un uomo senza alcun talento se non quello di fabbricare fake news.

La domanda è lecita. Si stava meglio con Bush? “No mai e poi mai, continua il regista americano, Bush è responsabile di crimini di guerra per aver invaso un paese come l’Iraq che non ci ha fatto nulla. Bush come Trump ha vinto con meno voti. Poteva vincere Al Gore, che avrebbe cambiato questa stupida regola dei grandi elettori e di conseguenza avremmo potuto avere Hillary Clinton, ma invece ora ci troviamo con un Presidente che ha ricevuto meno consensi in termini numerici e governa lo stesso”.
Sul presunto consenso della classe operaia americana all’elezione di Trump, Moore spiega che questa è una cosa che, per com’è stata presentata universalmente e per com’è diventata senso comune, non sta in piedi.”Se si osserva l’esito elettorale nei tre stati che sono risultati decisivi, cioè Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, lo scarto totale è di meno di 80mila voti. Ciò vuol dire che se Hillary Clinton avesse preso 40mila voti in più, distribuiti nei tre stati, avrebbe vinto anche lì e tutta questa discussione non ci sarebbe mai stata“.