Maria By Callas, film documentario di 90 minuti realizzato dal regista Tom Volf in uscita al cinema dal 16 al 18 aprile, è l’opera filmica che restituisce a Maria Callas un degno palcoscenico internazionale ed offre al pubblico che la ricorda e a chi, più giovane, ne abbia sentito parlare una storia personale narrata dalle stesse parole della più grande cantante d’opera: la Divina.
Era il 16 Settembre del 1977 quando, nel suo appartamento a Parigi, Maria Callas si spegneva a soli 53 anni. A 40 anni dalla sua morte, l’immenso lavoro di ricerca svolto da Tom Volf, durato quasi quattro anni, le rende omaggio in modo multiforme: Maria By Callas non è solo il titolo del film, ma di un progetto composito.
Il prezioso materiale d’archivio, per lo più inedito, è stato utilizzato rispettivamente per l’allestimento di una mostra tenutasi a Parigi ed inaugurata il 16 settembre 2017 ( New York e Londra le prossime città ad ospitarla nel 2018); tre volumi (Maria by Callas, Callas Confidential, Lettre et mémoires inachevés) ed una collezione discografica (Maria Callas, la passion de la scène). Il documentario, già presentato al Festival di Cannes e al Festival del Cinema di Roma nel 2017, è un montaggio sapiente di filmini privati in Super 8 o in 16 mm, di foto mai pubblicate, registrazioni catturate dagli ammiratori della Divina durante prove e performance, interviste inedite e dimenticate, interpretazioni celebri ed estratti di lettere private le cui parole costituiscono il nucleo più intimo della ricerca di Volf: parole da ascoltare dalle voci di Anna Bonaiuto, per il pubblico italiano, di Fanny Ardant e di Isabella Rossellini per le versioni del film
Dalle interviste e da quelle lettere private, perciò così vere e spontanee, molte indirizzate alla sua mentore Elvira De Hidalgo, alcune a suo marito, Giovanni Battisti Meneghini, si manifesta l’inattesa Maria Callas. Volf la lascia parlare. La si vede sicura nel suo incedere da professionista, da diva assoluta inseguita dai giornalisti, fotografi; adulata, ammirata, amata, circondata da grandi personaggi pubblici – da Churchill a Marilyn Monroe, da Grace Kelly e Ranieri ad Alain Delon, da Visconti a Pierre Bergé, a Liz Taylor, a Pasolini – eppure a volte contestata, aspramente, tanto da provocare dolore, che scava lento nel profondo incompreso di Maria. Il canovaccio narrativo è definito da una contrapposizione confessata ed irrimediabile : “Il y a deux personnes en moi, Maria et La Callas”.
Maria e la Callas consapevolmente necessarie l’una all’altra eppure divise tra la straordinarietà di una vita consegnata al canto di bravura, all’essere quel primo soprano drammatico d’agilità, alla fama e alla mondanità ed il desiderio di normalità. La normalità così schiettamente ed ingenuamente esposta nel sogno ricorrente dell’avere una famiglia, impossibile destino nell’essere lei la Callas, ma inseguito per amore di Aristotele Onassis, e tratteggiato in contorni struggenti nell’unica lettera che gli scrisse, prima che fosse definitivamente infranto dal tradimento di lui quando questi sposò Jacqueline Kennedy. La normalità così reattiva all’offesa subita, così resiliente al primo declino della voce nel reinventarsi attrice con l’interpretazione della Medea di Pasolini. La normalità così nuda e delicata nelle immagini di un’ultima vacanza in Florida, nel raccogliere fiori a favore di ripresa, in posa sul bordo di una piscina. Ecco questa forse è donna Maria, come Volf vuole congedarla, pochi mesi prima della sua scomparsa, mentre sorride e prende definitivamente il passo alla Divina Callas.
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