Gianni Amelio a Cortinametraggio 2018, il festival di corti fra le montagne rosa delle Dolomiti diretto da Maddalena Mayneri, ha fatto il suo debutto nel cinema breve con Casa d’Altri in cui racconta l’anima ferita di Amatrice. Il corto è stato premiato con un Nastro D’Argento speciale dal Sindacato dei Giornalisti Cinematografici.
Nel corto Amelio, ospite d’onore della rassegna arrivata alla sua 13ma edizione, riconosce il valore della memoria, ma dice con molta chiarezza che la memoria non basta. Il regista è partito da questa domanda: perché certe tragedie accadono periodicamente? “Non si deve piangere dopo la tragedia, ma un riparo, una soluzione, vanno trovate prima perché le vittime, una volta che ci sono, non possono più protestare”.

Amelio è così entrato in casa d’altri senza invadere un territorio ferito, con l’occhio della curiosità fine a se stessa. “I cittadini di Amatrice, i pochi rimasti, ci hanno aperto la porta, ci hanno accolto senza lacrime, ci hanno offerto ospitalità e affetto. Il mio è uno sguardo d’autore sulle macerie, certo, ma soprattutto sulle casette ricostruite, con la voce di tante persone in attesa che qualcosa si farà”.

Nel suo ultimo lungometraggio “La tenerezza” del 2017, Amelio indaga i sentimenti umani e le sue contraddizioni. Mette al centro il dolore incrostato ai personaggi che hanno scelto di non comunicare e non vivere i propri sentimenti per essere poi tratti in salvo dalla semplicità di un gesto sincero. Per questo il film ha ricevuto premi, tra cui il recente David come miglior attore a Renato Carpentieri. Per Amelio la tenerezza è un virtù rivoluzionaria. “Un bisogno che noi esseri umani cerchiamo di nascondere. In genere, soprattutto noi uomini, non abbiamo quel coraggio di fare il gesto perché scambiamo la tenerezza per debolezza”.
A proposito di Renato Carpentieri, un interprete dal talento sconfinato, Amelio ammette con amarezza che in Italia non è raro vedere un attore meraviglioso arrivare alla vecchiaia per fare il primo ruolo da protagonista assoluto. “L’ho fatto debuttare io nel 1989, con Porte aperte, ma quella volta non vinse niente. Ci sono voluti altri venticinque anni perché si accorgessero davvero di lui”.
Il regista alla soglia dei 70 anni ha scelto il suo documentario “Felice chi è diverso” del 2014 per il suo personale coming out. “Forse alla mia età ridicolo dirlo, ma sono gay. L’omofobia è ancora imperante, capita anche che i giovani si uccidano perché froci o ritenuti tali. Presi in giro, isolati o picchiati, insomma la battaglia non è vinta”. Nel film una ventina di omosessuali raccontano la repressione, l’accettazione, la presenza e la vita dell’amore omosessuale in Italia nel Novecento. “In Italia non c’è mai stata una legge contro gli omosessuali. Mussolini non volle fare una legge contro l’omosessualità. Se lo avesse fatto, avrebbe ammesso che in Italia esistevano gli omosessuali. Non si finiva in prigione come in Inghilterra, ma si veniva isolati con ogni genere di scuse. Da non credere”.

Ma oggi com’è cambiato l’atteggiamento nei confronti dell’omosessualità? “Prevale ancora la tolleranza – conclude il regista – un concetto che trovo completamente sbagliato. La tolleranza, quando noi la accettiamo, implica che esista l’intolleranza. Perché non le cancelliamo tutte e due diciamo libertà? Io comunque mi sento fortunato perché ho una vita sentimentale e sessuale molto aperta e molto libera,