
La storia di una delle più straordinarie rivalità sportive di tutti i tempi che ha cambiato lo sport mondiale. Il documentario sulla rinascita cristiana di Bob Dylan che risale presumibilmente all’uscita del disco “Slow Train Coming del 1979. Una rilettura della storia del capolavoro Nosferatu di Murnau per interpretare i nostri tempi capaci di generare mostri più pericolosi di un vampiro. La Festa del cinema di Roma non smette di entusiasmare. Sul Red Carpet è stato il turno di Sir Ian McKellen, uno dei più grandi attori del teatro inglese che rivela: “Il coming out mi ha reso un attore migliore”.
Borg McEnroe di Janus Metz
Bjorn Borg nasce in un paesino della Svezia, una volontà incrollabile ad essere il numero uno da subito. Un ragazzino prodigio a tutti gli effetti, ma anche un emotivo, un vero vulcano, a cui hanno imposto di non far trasparire più alcuna emozione sul campo. Una macchina costruita con ferreo autocontrollo e disciplina rigidissima lungo l’adolescenza. E per questo destinata a rompersi ad appena 26 anni. John McEnroe cresce a New York, gioca a tennis in mezzo ad altre cose, ed è solo a 18 anni che comincia a farsi notare. Sia per i risultati, sia spesso per il suo carattere impulsivo ed irascibile. Le sue sfuriate contro gli arbitri rimangono ancora oggi nella storia del tennis mondiale. Celebre il suo “Are you serious?” riferito all’arbitro in semifinale a Londra.
Proprio nel 1980, a Wimbledon, John arriva da numero due del mondo. Lui deve vincere il suo primo Slam, Borg deve tentare l’impresa di vincere il quinto Wimbledon consecutivo. Il match si preannuncia una formidabile battaglia dai toni epici. Un’immagine intima e vera dei due campioni, così ha deciso di raccontare Metz nel suo film. Così riesce nell’intento di far appassionare alla storia anche chi non segue il tennis. Interessanti si rivelano i risvolti sul piano dell’introspezione dei due protagonisti. In particolare il regista si dimostra in grado di rendere l’enorme stress a cui è sottoposto Borg. Una pentola a pressione che negli anni lo ha logorato emotivamente ma che allo stesso tempo gli ha consentito di vincere 11 slam. La rivalità tra Borg e McEnroe cambierà per sempre la storia del tennis e la vita di entrambi i giocatori. Due campioni che da ex riveli diventeranno poi negli anni grandi amici. L’unica pecca del film è di essere un po’ troppo Borg-centrico ma la leggerezza di Metz è giustificata anche dal fatto che nel film la parte del giovane Bjorn è recitata proprio da Leo Borg, il figlio di Bjorn, con cui la produzione ha avuto molti contatti.

Trouble no more di Jennifer Lebeau
Gli anni della conversione al fondamentalismo cristiano di Bob Dylan restano tutt’oggi uno degli interrogativi ancora aperti della carriera di questa leggenda della musica, o meglio, del portavoce di una generazione. Lo strano film/documentario di Jennifer Lebeau non aiuta a fare nessuna chiarezza sul punto, ma ha solo il grande merito di portare sullo schermo materiale inedito della band durante le prove dei concerti, così come bootlegs e riprese video dei concerti che vanno dal 1979 al 1981. Il tutto intervallato dai sermoni religiosi scritti per l’occasione da Luc Sante ed interpretati sullo schermo da Michael Shannon. Mentre Bob si esibisce tra Toronto, Buffalo e New York, ascoltiamo una lunga sfilza di precetti morali e religiosi, giusto per farci capire cosa possa aver ispirato lo stesso Dylan alla sua conversione. Il documentario non fa mistero che una grande parte dei suoi fans restarono spiazzati e delusi, quasi in stato di shock, nell’udire gospels invece di “musica”. Un’altra parte di fans invece ha continuato ad idolatrare il cantante, a prescindere dal tipo di musica proposto. In uno stile asciutto, senza commenti, né interviste, né alcun tipo di presa di posizione personale, la Lebeau ci restituisce un Dylan performer nella più totale purezza dell’ispirazione cristiana che lo pervase al tempo.

Nysferatu: Symphony of a Century di Andrea Mastrovito
Nella sezione “Eventi Speciali” della Festa del Cinema di Roma 2017, figura anche il film di animazione NYsferatu, primo lungometraggio di Mastrovito. Un riadattamento del capolavoro di Friedrich Wilhelm Murnau Nosferatu (1922) dove il celebre vampiro di Murnau, il conte Orlok (alias Dracula), viene catapultato nella New York di oggi e qui si presta a molteplici metafore dei nostri tempi capaci di partorire mostri reali ben peggiori del vampiro. La sua ombra nera che si allunga per le strade di Manhattan richiama alla mente la minaccia terroristica.
Ma quando si aggira solo per la notturna città desolata, cercando una casa e trovando poi il posto adatto per lui solo a Ellis Island, diventa la chiara metafora dell’immigrazione e della fuga per la speranza di una vita migliore. Ma attorno al vampiro ruotano una serie di personaggi che ben rappresentano le nostre paure. Lady Liberty è il desiderio di libertà in contrasto con la ricerca della sicurezza rappresentata da Hutter che come un soldato in missione di pace trova e lascia dietro di sé solo distruzione. Nel caos degli impulsi individuali e collettivi – spiega Mastrovito – trovano linfa governi servili e sottomessi e conniventi con il potere finanziario che proprio nella Grande Mela ha il suo cuore pulsante e nero.