
Prima di Spielberg, Kertzer.
David Kertzer non fa il regista, né lo sceneggiatore. David Kertzer fa il professore di scienze sociali, antropologia e studi italiani presso la Brown University, Rhode Island. Al momento è anche visiting professor presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento. Fa anche lo storico, e con indubbio successo: Il Papa e Mussolini gli è valso il Premio Pulitzer nella sezione Biografia/Autobiografia, edizione 2015.
Nel 1996 Kertzer ha scritto Prigioniero del papa re, uscito in italiano per la collana storica della Rizzoli, poi tradotto in molte lingue, e in inglese, The Kidnapping of Edgardo Mortara.
Con il suo testo David Kertzer ha riportato alla luce una vicenda che alla Storia moderna non piace ricordare — perlomeno una certa parte di Storia moderna, quella che distoglie lo sguardo davanti a certi fatti scomodi compiuti nel passato, preferendo destinarli all’oblio collettivo.
Bologna, 23 giugno 1858. La polizia si presenta a casa del mercante ebreo Momolo Mortara per farsi consegnare il figlio Edgardo, sei anni d’età. All’Inquisitore della città risulta che il bambino sia stato battezzato in segreto, e la legge dello Stato pontificio vieta che un bambino cristiano cresca all’interno di una famiglia ebrea. Tra le proteste della famiglia, Edgardo viene condotto nella Casa dei Catecumeni di Roma per ricevere l’educazione che secondo la Chiesa di allora gli spettava. Il che implica la separazione definitiva dalla sua famiglia.
La notizia solleva l’indignazione delle comunità ebraiche e dell’opinione pubblica liberale di tutto il

mondo. Rimbalza in Francia, in Germania. Raggiunge anche gli Stati Uniti: San Francisco organizza una manifestazione per la liberazione del piccolo Edgardo a cui parteciperanno tremila persone. Nel solo mese di dicembre 1858 sul “New York Times” appaiono almeno venti articoli su quello che ormai è diventato uno scandalo internazionale.
Ovviamente il caso infiamma gli animi un po’ ovunque giacché non riguarda solo la famiglia Mortara. Il rapimento ha ripercussioni sulla stessa storia del Risorgimento italiano, con Cavour e Napoleone III schierati a favore della liberazione di Edgardo, e Papa Pio IX contro il suo rilascio, in un panorama che vedeva le ultime fasi dell’Unificazione d’Italia da un lato, e il forte potere esercitato dal Papato dall’altro.
Tutt’oggi le opinioni sul ruolo svolto nella vicenda da Pio IX divergono: il Papa si oppose strenuamente al rilascio di Edgardo tanto da farne una questione di principio. Ambigui anche i rapporti con le comunità ebraiche, e il fatto che Edgardo scelse di prendere i voti, farsi sacerdote — con il nome di Pio, tra l’altro — e di dedicarsi alla conversione degli ebrei continuando il percorso a cui era stato avviato in maniera tanto brutale.

La vicenda suona già di per sé come la trama di un film, su questo non v’è dubbio. La carica cinematografica propria del volume di Kertzer è stata oggetto di discussione — fra gli altri — di “Il caso di Edgardo Mortara. Dalla ricerca di archivio alla produzione cinematografica”, un incontro organizzato e introdotto da Francesca Decimo e da Alberto Brodesco presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento, giovedì 22 giugno 2017, a cui hanno partecipato lo stesso professor Kertzer, insieme a Diego Quaglioni e Christian Zendri, entrambi docenti della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento.
La discussione sull’opera di Kertzer ha dato il la per parlare di rapporto tra ebrei e Vaticano, battesimo, Inquisizione e Risorgimento, di legami con la vicenda del Simonino, di cinema e dell’ispirazione che scrittori, drammaturghi e registi hanno tratto del caso Mortara.
In apertura Alberto Brodesco ha avuto modo di sottolineare la qualità cinematografica del libro, una specie di film in forma di pagine, grazie ai colpi di scena che presenta, al finale sorprendente, alla grande empatia dimostrata dal narratore, alla sua abilità di creare un vero e proprio montaggio e servirsi di device tipicamente cinematografici. Tra questi, l’effetto Rashomon, ovvero la tecnica per cui un evento viene raccontato da due punti di vista differenti — cattolico ed ebraico, in questo caso. A tutto questo si aggiunge la coesistenza di generi cinematografici diversi: dramma, thriller, giallo, detective story, horror: un mix che non poteva certo lasciare indifferente un cacciatore di storie come Spielberg.
Apprendiamo da Kertzer che la vicenda “Edgardo Mortara” è tutt’altro che archiviata: è del 4 ottobre 2016 “Propaganda Anticattolica: Il caso Mortara diventa un film”, il veemente articolo del giornalista Massimo Viglioni di Cristianesimo Cattolico, difensore convinto della legittimità della posizione di Pio IX.
La polemica tornerà senz’altro a infiammare giornali e talk quando il film uscirà, facendo gioco all’opera di Spielberg, certo, ma rendendo anche di dominio pubblico una vicenda nota finora a pochi, o agli addetti ai lavori. Susciterà curiosità, alimenterà dubbi. In breve, azionerà quello splendido marchingegno di democrazia che è il dibattere in libertà.

Dopo aver riassunto con dovizia di particolari la storia di Edgardo, Kertzer ha raccontato al pubblico l’interesse che la vicenda ha suscitato, ben prima che in Spielberg, nel mondo del teatro, della musica lirica e della televisione — persino di Broadway, a un certo punto, dove pareva dovesse debuttare. Risale al 1859 La Tireuse des Cartes (La chiromante) di Victor Séjour, autore francese di New Orleans che per primo trasse ispirazione dalla vicenda del bambino ebreo rapito alla famiglia e costretto ad abbracciare un’altra fede religiosa. Passerà un secolo e il drammaturgo Alfred Uhry ne scrisse un adattamento per il teatro, Edgardo Mine, presentato al Guthrie Theater di Minneapolis nel 2006, e sempre del 2006 è la serie di documentari per la televisione Secret Files of the Inquisition. La storia conquista anche la lirica e New York City, con Il caso Mortara, di Francesco Ciluffo, presentato al Dicapo Opera Theater nel 2010.

Poi, nella primavera del 2016, Steven Spielberg s’imbatte nel libro di Kertzer e decide di farne un film. Nessuna meraviglia: il regista, che fra le altre cose è fondatore dell’USC Shoah Foundation Institute for Visual History and Education, è molto legato ai temi dell’ebraismo e dell’infanzia: nel suo palmarès figurano opere come Schindler’s List, Munich, E.T.
Spielberg affida la sceneggiatura a Tony Kushner — che sceneggiò anche Munich e Lincoln — mantenendo il titolo inglese dell’opera, The Kidnapping of Edgardo Mortara. Lavora al cast, e sceglie qualche attore fra cui Mark Rylance nei panni di Pio IX. Il progetto, tuttavia, subisce una battuta d’arresto nella ricerca del bambino per il ruolo di Edgardo, e slitta al 2018. Dei 4.500 piccoli aspiranti presentatisi ai provini tra USA, Europa e Australia, nessuno pare abbia colpito il regista, che nel frattempo si trova impegnato con Tom Hanks e Meryl Streep sul set di The Post — film sui Pentagon Papers — e che dovrà dedicare buona parte del 2018 al nuovo episodio di Indiana Jones. Confidiamo nelle doti multi-tasking di Spielberg, famoso per la sua capacità di lavorare a due progetti contemporaneamente — come fu per Schindler’s List e Jurassic Park — e speriamo che la realizzazione del film sul caso Mortara non subisca ulteriori rinvii.
Vista l’ambiguità che aleggia non solo intorno al ruolo assunto nei secoli dalla Chiesa ma anche intorno al personaggio stesso di Edgardo — bambino innocente sottratto agli affetti famigliari prima, adulto che sceglie di votarsi alla Chiesa e alla conversione degli ebrei poi — chiediamo a Kertzer se dietro lo slittamento del Ciak: si gira! possano nascondersi altre ragioni. Il Professore ci rassicura. Ribadisce la grande difficoltà di tradurre in cinema un libro ambientato in contesti storici lontanissimi — diciamo pure sconosciuti — al grande pubblico americano, e dà fiducia a Tony Kushner, lo sceneggiatore, che l’ha consultato molto nella stesura del copione.
Decidiamo di credere a Kertzer. 2017 o 2018, in fondo, cambia poco. La storia di Edgardo può aspettare un altro anno — ne ha aspettati più di 150. L’importante è che arrivi sullo schermo. Il riflettore che un regista della portata di Spielberg potrebbe accendere su una vicenda lasciata in ombra dalla Storia non può che giovare al dibattito e aprire chissà quali e quanti nuovi percorsi interpretativi — Kertzer ha accennato a una busta di documenti riguardanti l’infanzia di Edgardo a Roma che la Casa dei Catecumeni si è ripetutamente rifiutata di fargli visionare…
In questo senso il lavoro di certo cinema è molto simile a quello svolto dall’accademia. Entrambi scavano, cercando di orientare l’attenzione su ciò che è stato ignorato. Di sostituire alla tenebra dell’ignoranza, il lume della conoscenza.
Come ha fatto proprio Kertzer, ventun anni fa — ventun’anni fa! — con il suo volume, dando prova di grande lungimiranza.
Di visione.