C’è una notte più lunga delle altre, che va ben oltre l’arco immaginario che unisce le due coste americane. La notte degli Oscar racchiude in sé una profonda alchimia di ritualità e di attese; è l’apoteosi dell’industria cinematografica mondiale, almeno della parte più sponsorizzata, ma conserva anche un archivio ricco di storie umane, alcune delle quali vale la pena di raccontare. Come quella che vede Francesco Le Metre, un ragazzo siciliano di appena ventisei anni, crescere dietro il grande successo della colonna sonora di “Lion”, il film di Garth Davis con Dev Patel, Nicole Kidman, Rooney Mara.
La colonna sonora, di Dustin O’Halloran e Hauschka, dopo una nomination ai Golden Globe, stasera è in corsa agli Oscar. Francesco è lo Score Editor, fa parte della squadra. Il vero leone è proprio lui, lo sanno bene anche le persone che lo hanno scelto, pur così timido e silenzioso; lui che ha trovato il coraggio e la determinazione di balzare fuori dall’Italia – e non aveva reti di salvataggio – perché a volte o salti o muori. Lavorare nell’industria musicale-cinematografica presuppone che quell’industria esista, che ci sia un’economia sana a supportarla, e Francesco sapeva dove doveva andare e cosa cercare: il suo sogno . Lo studio e la dedizione costanti – notte e giorno – e la consapevolezza che nessuno ti regala niente, ma che le opportunità ti vengono negate meno facilmente, sono stati ingredienti fondamentali.
Quando è partito da Catania aveva l’inglese scolastico, e la lingua-musica, quella del ricchissimo patrimonio culturale italiano. Prima di tornare in Sicilia dalla famiglia sono trascorsi tre anni – duri, intensi, difficili – e poi le combinazioni del destino, che hanno maturato il suo percorso ( compositore e produttore di musica per film, televisione, video-games). Da Boston, dove ha studiato al Berklee College of Music, a Los Angeles, con un bagaglio eterogeneo di musicista e compositore nutrito sapientemente di tutti i generi.
Domenica sera Francesco – che ha assaggiato l’adrenalina del red carpet durante il Golden Globe – “rischia” di vincere un ruolo da protagonista nella sua stessa storia. Con Lion ha cominciato occupandosi dello studio, degli strumenti, poi Dustin O’Halloran ha scoperto che scriveva musiche e lo ha fatto salire a bordo. Il lavoro di Francesco si svolge a film finito, scegliendo le registrazioni migliori, le versioni approvate dal regista, le musiche più adatte alle scene che magari sono state tagliate o spostate. E gli è stata data la possibilità di scrivere un parte degli archi.
Nella notte che vede Fuocoammare di Francesco Rosi candidato come miglior documentario, c’è anche un’altra Sicilia di cui si conosceva meno l’esistenza, quella dei ragazzi come Francesco, che corre silenziosa, ed è e continua ad essere la parte migliore dell’Italia, la storia di un talento da offrire.
Che importanza ha ricoperto la musica nella tua primissima infanzia?
“La musica è stata senz’altro un elemento cardine della mia infanzia. Ho iniziato a studiare il pianoforte insieme a mio fratello (di due anni più grande) all’età di 4 anni. È stato lui a passarmi i primi CD e a farmi scoprire generi musicali e artisti che hanno influenzato la mia crescita musicale. Successivamente, ho iniziato lo studio della batteria e infine son passato al basso, strumento che ho continuato a studiare fino al primo anno della mia formazione al Berklee College of Music”.
La prima colonna sonora o brano che ti ha emozionato fuor di misura?
“Quando ho ascoltato per la prima volta “The Young Person’s Guide to the Orchestra”, composizione musicale scritta dal compositore Inglese Benjamin Britten, basata sul tema di un rondo scritto da Henry Purcell, sono rimasto estremamente colpito. Cambiando totalmente genere, un brano a cui sono legatissimo è “Power” del bassista e compositore Marcus Miller.
E poi intraprendi la tua strada. Hai un ricordo o un aneddoto legato a questa decisione?
“Beh, una volta finito il liceo ho riflettuto sul fatto che iniziare a studiare in una facoltà come medicina o giurisprudenza sarebbe stato come partire da zero. Non mi sentivo di abbandonare il mio bagaglio musicale creato a suon di sacrifici. La prima volta che ho fatto l’audizione per il Berklee sono stato rigettato. I miei ex compagni di scuola erano quasi tutti iscritti all’ università. Ricordo che un giorno la madre di un amico mi chiese come mai anche io non mi fossi iscritto, dicendomi altresì che dovevo prendere la musica come un’attività “secondaria”, un hobby, una cosa da fare a tempo perso. Fu un periodo brutto per me. Dopo sei mesi di studio intenso provai di nuovo ad entrare al Berklee. Il risultato è stata un’ammissione con borsa di studio. Questo piccolo aneddoto per incoraggiare i giovani a non lasciar perdere mai i propri sogni”.
I passaggi più importanti nel tuo percorso di formazione?
“Nel 2014 ho avuto modo di fare un internship (tirocinio) con Jason Graves (compositore di musiche per video games). Ho trascorso l’estate da lui e li ho veramente imparato tantissimo. Dico sempre che sono stati 3 mesi formativi come 5 anni di college. Successivamente, il mio secondo tirocinio con Joseph Trapanese è stata la chiave di svolta. Joe è il motivo per il quale sono ancora qui a Los Angeles. È stato lui che mi ha introdotto nella scena musicale e nel mondo del film scoring. Dopo 4 mesi di tirocinio mi ha iniziato a segnalare ad altri compositori che avevano bisogno di aiuto. Da lì ho conosciuto Dustin O’Halloran, Hauschka (compositori delle musiche di Lion), Rob Simonsen e tutte le persone con cui oggi collaboro”.
Il down più forte, se c’è stato, il momento in cui ha pensato di lasciar perdere?
“Probabilmente nel novembre 2015. Avevo tante difficoltà economiche dovute anche al fatto che il mio visto non mi permetteva di lavorare al di fuori dell’industria musicale. Mi ricordo che ho provato a fare il “consegna pizze” ma non mi hanno assunto, probabilmente proprio a causa delle limitazioni del visto”.
E invece stai rischiando, a 26 anni, di vincere un Oscar. Come è successo di ritrovarti a questo punto?
“Lavorare a un film che viene poi nominato a 6 premi Oscar è un’emozione incredibile. Sinceramente, non mi sarei mai aspettato oggi di trovarmi in questa situazione. Per “Lion” ho ricoperto il ruolo di score music editor. Tengo a precisare che i compositori direttamente nominati sono Dustin O’Halloran e Hauschka. Inizialmente ho conosciuto Dustin (sotto segnalazione di Joe Trapanese) la settimana prima che iniziasse a lavorare su “Lion” con Hauschka. Dopo la prima settimana in cui stavamo installando lo studio e il set up di lavoro, sono salito a bordo del team come Score Music Editor.
Quale è stato il sacrificio più grande?
“Sicuramente quello di lasciare la famiglia alle spalle, e le persone a me care durante il mio percorso”.
Che stile espressivo persegui?
“Mi piace molto scrivere musica emotiva, miscelando elementi classici (pianoforte, archi etc.) a elementi della musica elettronica (sintetizzatori, drum machine), sempre in maniera un po’ minimalista. Entro l’anno spero di fare uscire il mio primo album personale”.
Potessi scegliere, con quale regista, sceneggiatore o con quale storia ti piacerebbe esprimerti?
“Mi piacerebbe moltissimo collaborare con Martin Scorsese o Denis Villenueve. Riescono a mettere su pellicola idee veramente interessanti!”
Tre cose da fare in questa vigilia…
“Chiamare i miei genitori, fare i miei migliori auguri a Dustin e Hauschka e possibilmente un bel brunch con i miei amici”.
Infine, una dedica:
“Dedico tutto alla mia famiglia che mi ha supportato e mi continua a supportare incondizionatamente, e a tutte le persone con il quale ho avuto e ho modo di collaborare. Non si arriva qui da soli, ma con l’appoggio dei colleghi e delle persone care”.