Che con 13 Hours lo spettacolo cinematografico sarebbe stato garantito trattandosi di un film di Michael Bay c’era da aspettarselo. Che la sua idea di cinema testosteronica piaccia o meno, è comunque innegabile il valore dell’intrattenimento offerto dal regista fin dai tempi di Bad Boys. Sul grande schermo tale visione funziona eccome, e soprattutto rende sempre una discreta quantità di milioni di dollari.
Il suo film sulla battaglia realmente avvenuta a Benghazi l’11 settembre 2012, in cui morì l’ambasciatore americano in Libia, è come al solito un solidissimo spettacolo cinematografico. Dal montaggio serrato agli effetti speciali, dalla musica alla fotografia livida del grande Dion Beebee, tutto è adoperato da Michael Bay al meglio delle sue potenzialità, e ciò che ne consegue è un lungometraggio composto da alcune sequenze di battaglia che ricordano molto da vicino quelle di un grande film di guerra “pura”, quale era stato Black Hawk Down di Ridley Scott.
Ciò che sorprende di 13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi è che, oltre la messa in scena, ha anche un’anima. Retorica quanto si vuole, per carità (stiamo pur sempre parlando di un film di Michael Bay…), ma allo stesso tempo capace di infilarsi sotto pelle allo spettatore, e smuoverlo a livello emotivo almeno un paio di volte con evidente potenza. La sceneggiatura di Chuck Hogan non cerca l’originalità, ma ripropone con una certa solidità stereotipi di questo tipo di cinema. Sono probabilmente il gruppo di attori molto affiatati a conferire ai rispettivi personaggi una verosimiglianza abbastanza sorprendente. Su tutti, i due protagonisti: John Krasinski, in un ruolo decisamente insolito per lui, e quel James Badge Dale, che invece la guerra ce l’aveva già mostrata nella sua (dis)umanità con la serie Tv The Pacific. Accanto a loro, merita almeno una menzione un bravissimo Pablo Schreiber, a cui tocca il personaggio solitamente predisposto ad alleggerire la tensione con il suo comportamento più scanzonato. L’attore delinea tale “tipo fisso”, nella maggior parte dei casi fastidioso perché troppo forzato, con un’ironia che al contrario non scivola mai troppo sopra le righe. Bravo anche David Costabile, che si è costruito negli ultimi anni una solida carriera di “spalla” da osteggiare in serie Tv di culto come Breaking Bad oLow Winter Sun.
Grande spettacolo bellico, ma anche una certa dose di introspezione non appiccicata a caso: questo si rivela 13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi, ultima regia di quel Michael Bay che in questo caso, oltre il suo ormai leggendario senso del cinema come baraccone frastornante e ipercinetico (altro che Transformers, l’esempio perfetto rimaneArmageddon!), dimostra di saper tirare fuori dal cilindro anche una discreta dose di sensibilità. Maschia e gonfiata a forza di steroidi, certo. Ma pur sempre sensibilità.
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