A distanza di sei anni dal suo ultimo film, il documentarista svedese Fredrik Gertten torna all’attacco con un nuovo documentario di denuncia, Bikes vs Cars. Nel suo ultimo film, Banane (del 2009), seguiva l'avvocato americano-cubano Juan Domínguez nella causa contro il proprietario di una piantagione di banane in Nicaragua. I lavoratori lo accusano di utilizzare il Dbcp, dibromo-3-cloropropano, un insetticida per l'agricoltura il cui uso fu vietato in California nel 1977 e, due anni dopo, in tutti gli Stati uniti, quando fu constatato che provocava sterilità nei lavoratori che lo producevano. Non fu vietata però la produzione per venderlo all'estero, ragion per cui il Dbcp è stato ed è usato nelle piantagioni di banane di tutto il Centro America, perché le protegge da un certo vermetto parassita, oltre ad aumentare la resa delle piante. Oggi migliaia di persone in Nicaragua fanno i conti con decenni di Nemagon. Un avvelenamento di massa.
In Bikes vs Cars, invece, il regista, famoso in Svezia per la sua attività in difesa dell’ambiente, punta il dito contro le grandi case automobilistiche incuranti degli effetti negativi delle auto a metano sul riscaldamento globale. Sul banco degli imputati c’è spazio anche per i sindaci delle maggiori città del mondo responsabili di fare molto poco per stimolare le persone a preferire la bicicletta all’auto: un ottimo strumento per cambiare la situazione, ma un’alternativa che si scontra con gli interessi dell’industria automobilistica che da sempre rivendica un diritto quasi esclusivo delle auto ad occupare le strade.
Nel film, presentato in occasione della terza edizione del Detour on The Road Film Festival, incontriamo attivisti ed esperti che combattano da anni per città migliori e che rifiutano di smettere di pedalare nonostante il crescente numero di incidenti sulle due ruote. “Sebbene San Paolo, Los Angeles, Bogota, Copenaghen e l’inquinata Toronto siano città progettate per auto, autobus, e camion, non per le persone in bici – scrive Gertten nelle note di regia – la mia intenzione non era fare un film che mettesse le due ruote contro le automobili. Nel mondo manca una cultura del rispetto verso i ciclisti che, insieme ai pedoni, sono gli utenti deboli della strada e quindi bersaglio perfetto di ogni tipo di sopruso”.
Secondo uno studio britannico condotto dalla Fondazione per l’ambiente e la motorizzazione, ha riferito il regista, una sostanziale maggioranza di possessori di automobile – attorno all’80% – troverebbe difficile se non impossibile abbandonare l’utilizzo del proprio mezzo di trasporto. Alla domanda se avrebbero ridotto gli spostamenti in auto se le circostanze e gli impegni glielo avessero permesso, il 50% ha risposto “no sicuramente”. Una dipendenza che per Gertten è triste e significa perdita della propria libertà. “La maggior parte delle persone si arrabbia a stare in auto e imbottigliata nel traffico. Quando si è in auto, si è concentrati sulla strada e questo impedisce di ammirare il cielo, le bellezze dei monumenti, di perdersi nei vicoli e sbucare in angoli meravigliosi della città”.
Ma sembra difficile immaginare un futuro senza automobile. Le lobby delle quattro ruote investono miliardi per convincere le persone che di automobili ne occorrono sempre di più. Questo perché nell’immaginario comune l’automobile è sinonimo di benessere acquisito, un bene primario come l’aria o il cibo. Quando il mondo si accorgerà che l’auto non è più sostenibile, potrebbe essere molto tardi. In Italia, come in Cina, il benessere economico ha permesso agli italiani di acquistare un’auto di proprietà e di dimenticare in cantina la bicicletta che, come se non bastasse, ha iniziato a rappresentare il legame con un passato “da poveri”, un’epoca della quale vergognarsi. Perché si è convinti che per mostrare la propria ricchezza basti acquistare il SUV più grosso e inquinante sul mercato. Una dinamica che Gertten descrive molto bene .
Il film si sposta da una città all’altra: da San Paolo, dove mostra le immagini dei pendolari che trascorrono una media di tre ore al giorno in mezzo al traffico, a Toronto, dove ogni sette ore un ciclista viene investito, a Los Angeles, presentata come un paziente con una malattia cronica. Ed è proprio nella grande città americana che secondo il regista è iniziata una precisa campagna di demonizzazione contro pedoni e ciclisti. Quando le automobili furono introdotte era compito di chi le guidava avere riguardo per gli altri utenti della strada. E se oggi sempre più ciclisti sono vittime di incidenti è perché le strade sono divenute di proprietà delle auto e se vengono investiti, è colpa loro.
Uscito negli USA lo scorso 4 dicembre, Bikes vs Cars sarà proiettato nelle sale cinematografiche di New York fino a venerdì 10 dicembre. Sul sito ufficiale del film è disponibile anche la sua versione online.
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