Dopo Il Caimano, limpida metafora della nostra profonda crisi sociale, e Habemus Papam, sulla crisi di un cardinale che eletto Papa si rifiuta di mostrarsi ai fedeli, in Mia Madre, in concorso all’imminente Festival di Cannes, il regista Nanni Moretti affronta un dramma reale che colpisce ciascuno di noi, la perdita della madre.
E per farlo chiede a Margherita Buy essere il suo alter ego femminile nel senso di precarietà e incompiutezza che si prova di fronte agli eventi della vita. Così l’attrice romana si ritrova ad interpretare una regista in crisi, privata e professionale, che cerca di costruirsi una vita sensata girando un film su una fabbrica rilevata da un ricco industriale americano, Turturro,che, nei panni del bizzoso divo Huggins,non riesce a ricordare una sola battuta. Alcuni momenti di forte comicità del film sono legati proprio alla figura di Turturro che diventa lo strumento per imbastire un discorso sull’autenticità del cinema e sulle contraddizioni degli attori spesso in conflitto con se stessi e i propri personaggi.

Margherita Buy, protagonista di Mia Madre
“Voglio tornare alla realtà. Fatemi tornare nella realtà Recitare è una perdita di tempo”, grida infatti l’attore italo-americano dopo l’ennesimo ciak fallimentare. “Michel Piccoli ebbe una simile uscita durante le riprese di Habemus Papam, dopo una settimana di riprese notturne”, confessa Moretti. Ma non manca una certa dose di autocritica sulla propria nevrotica e scorbutica indole. “Perché mi date sempre retta? Il regista è uno stronzo cui permettete sempre tutto”, si sfoga Margherita Buy in una scena del film.
“Da sempre Moretti ci ha abituato a personaggi che si mettono alla ricerca del senso dell’esistenza per poi scontrarsi con i peggiori cliché sociali che non lasciano altra scelta che essere rappresentati in maniera esagerata”. Con queste parole, il professore De Gaetano il cinema di Moretti in un bel saggio del 2011. Così i risvolti dolenti e malinconici dei suoi film si fondono con gli aspetti satirici e grotteschi in un impasto capace di gettare uno sguardo cinico e magari vagamente idealista sulla società contemporanea e le sue pecche.
Ma i tempi cambiano e diventano più maturi. Già con La Stanza del Figlio, Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 2001, il regista aveva dato l’impressione di essere ad una svolta importante. E lo conferma in Mia Madre, dove attenua i toni della satira politica e di costume come forma di critica morale verso il malcostume della società italiana, per ripiegare su se stesso, sulle sue debolezze, sui suoi difetti e sui rimpianti di una vita. Un percorso dentro il proprio passato per scoprire il senso di inadeguatezza a posteriori di un figlio che vede morire un genitore. Un dramma familiare che coinvolge il personaggio della Buy e suo fratello maggiore, interpretato dallo stesso Moretti, uomo pacato e solido che sceglie di prendersi cura a tempo pieno della madre Ada (Giulia Lazzarini), mettendosi in aspettativa dal lavoro.
Ma quanto c’è di autobiografico in questo film? “C’è. C’è senz’altro”, confessa Nanni Moretti. Perché Agata Apicella la mamma del regista, ex professoressa di Latino e Greco, è morta nell’ottobre 2010. “È un passaggio importante della vita la morte della madre. Io ho perso la mia durante il montaggio di Habemus Papam. Con questo film ho voluto raccontarlo senza sadismo – aggiunge il cineasta in conferenza stampa – E poi oggi non è più un tabù rappresentare la morte e la malattia nel cinema, ormai entrambi sono qualcosa con cui devi confrontarti con il passare del tempo”.