Sono 23 i film nella sezione principale, di cui 3 fuori concorso: il festival del cinema di Berlino, uno dei tre grandi festival europei, apertosi giovedì 5 Febbraio, anche quest'anno "apparecchia" un menu molto ricco, con alcune portate particolarmente succulente già dai primi giorni. Fra queste doveroso segnalare Knight of Cups, il ritorno di Terrence Malick – per il quale vi rimandiamo alla recensione completa che pubblicheremo a breve e rispetto al quale, ve lo anticipiamo, ci schieriamo nettamente nel partito degli entusiasti – ma anche Queen of the Desert di Werner Herzog, con Nicole Kidman, James Franco e Robert Pattinson e Journal d’une femme de chambre di Benoit Jacquot, che hanno invece profondamente deluso

Werner Herzog
Il film di Herzog, che racconta la storia suggestiva e affascinante di Gertrude Bell, la "signora del deserto", è probabilmente uno dei punti più bassi della sua straordinaria carriera. Nonostante il tentativo di rendere giustizia a questa versione "al femminile" – e ingiustamente meno nota – di Lawrence d'Arabia sia senz'altro lodevole, il film sconcerta per quanto distante si posizioni rispetto ai temi e allo sguardo cui Herzog ci ha abituati (salvo per alcuni interessanti quanto sporadici spunti) e naufraga in un trionfo di luoghi comuni estetici e di dialoghi che più volte suonano involontariamente esilaranti. Svogliato, oleografico, stucchevole e, tolta la Kidman, unica a salvarsi, mal recitato da tutti gli altri, a partire da un surreale James Franco, mai così fuori parte.
Il film di Jacquot, il terzo regista, dopo Renoir e Bunuel, a portare sullo schermo Journal d’une femme de chambre di Mirbeau è un altro inaspettato fallimento, un film in costume tanto pretenzioso quanto insopportabilmente noioso e 'indeciso': Jacquot sembra chiedersi per tutto il film se osare o no, dissemina il racconto di simboli psicoanalitici ma nell'incertezza paralizza il suo film in un insopportabile leziosità. Si salva solo la bellissima e sensuale Léa Seydoux.

Jafar Panahi
Delude anche Isabel Coixet, a cui è stato affidato l’onore di aprire il concorso con Nobody wants the night con Juliette Binoche, mentre le note liete, oltre a Malick, non sono per ora molte. Sicuramente interessante il nuovo capitolo della filmografia dell'intramontabile Jafar Panahi, che con Taxi, altro film girato clandestinamente tra le strade di Teheran (ricordiamo che, dopo essere stato arrestato e poi rilasciato su cauzione per aver partecipato alla "rivoluzione verde" del 2010, Panahi ha ricevuto, dal Ministero della cultura iraniano, divieto assoluto di girare e distribuire film), lancia un messaggio critico sulla società iraniana e un'importantissima testimonianza di libertà di pensiero e di parola, sfidando le autorità con questo delizioso semi-documentario a tesi in cui il regista stesso si finge tassista e filma le conversazioni con i suoi passeggeri.
Tra i film in concorso, ci è piaciuto moltissimo anche Victoria, del tedesco Sebastian Schipper, un unico, selvaggio piano sequenza che racconta – con un piccolo eccesso di autocompiacimento – la notte di cinque giovani a Berlino, quattro ragazzi tedeschi e una ragazza spagnola, che sprofondano dalla leggerezza di una serata in discoteca alla drammatica realtà di una rapina che sono totalmente impreparati a gestire.
Per quanto riguarda il concorso, nei prossimi giorni potrebbe tornare il sereno. Le aspettative maggiori si concentrano su Peter Greenaway, con il suo folle Eisenstein in Guanajuato, biopic sul grande regista russo, sul nuovo film di Pablo Larrain El Club, oltre che sulla regista polacca Malgorzata Szumowska con Body e sul cileno Patricio Guzmán, che presenta l'unico "vero" documentario in concorso, El botón de nácar. In concorso c'è anche un'italiana, l'esordiente Laura Bispuri con Vergine giurata, con Alba Rohrwacher e Lars Eidinger, uno degli attori teatrali più amati in Germania. La pattuglia dei film tedeschi in concorso è completata da Andreas Dresen, con Als wir träumten, sulla malavita giovanile di Lipsia negli anni Ottanta e Oliver Hirschbiegel, regista noto ai più per La Caduta (Downfall, 2004), che torna a parlare di nazismo raccontando la storia di Georg Elser, l'attentatore che nel 1939 ha tentato di uccidere il Führer. Abbiamo grandi speranze anche per il russo Alexey German Jr., Leone d’Argento a Venezia nel 2008 per il bellissimo Paper Soldier, che presenta Under electric clouds.
I tre film fuori concorso sono Mr. Holmes di Bill Condon con Ian McKellen, un discreto adattamento del romanzo A Slight Trick Of The Mind di Mitch Cullin, che immagina Sherlock Holmes a 93 anni; Elser di Oliver Hirschbiegel e soprattutto Everything will be Fine di Wim Wenders, che sarà premiato con l'Orso d'oro alla carriera.
Nelle sezioni minori, che tradizionalmente qui a Berlino regalano le sorprese più forti, c'è molta attesa per i sette documentari – di ogni genere numero e caso – che affolleranno le sale della Berlinale tra i quali spiccano l'omaggio a Faßbinder del danese Christian Braad Thomsen, intitolato Faßbinder. Lieben ohne zu fordern, e l'americano Cobain. Montage of Heck, che Brett Morgen dedica al leader dei Nirvana. State sintonizzati per avere nei prossimi giorni le ultime novità dalla Berlinale e per leggere le recensioni dei titoli più attesi.