C'era una città in cui Federico Fellini amava vivere ed era quella degli studios di Cinecittà che il regista definiva come “il mio mondo ideale, lo spazio cosmico prima del big bang”. Inaugurato il 28 aprile 1937 da Mussolini, nell’intento di asservire totalmente il cinema alla propaganda della sua ideologia, Cinecittà ha ospitato le riprese di migliaia di film italiani ed internazionali, diventando tra gli anni Cinquanta e Sessanta la Hollywood sul Tevere, il luogo delle grandi produzioni statunitensi, lì sono state girate alcune delle pellicole più importanti del dopoguerra, Quo Vadis e Ben Hur. Per poi entrare in una fase di lento declino con la fine dei kolossal americani, l’avvento della televisione e il trasferimento di sempre più produzioni nei paesi dell'est, dove i costi sono più bassi.
Poco hanno potuto il ritorno negli studios di grandi produzioni americane come Angeli e Demoni di Ron Howard nel 2009, To Rome with Love Woody Allen nel 2012 e The Third Persondi Paul Haggis nel 2013 per riportare gli studios all’epoca d’oro ed evitare che “la fabbrica dei sogni” affidasse il proprio il destino economico ad un parco divertimento: Cinecittà World, vera e propria Disneyland del Cinema. E proprio nel luogo dove Richard Burton e Elizabeth Taylor si scambiarono un bacio durante le riprese di Cleopatra, quella via Pontina che un tempo ospitava i famosi studios di Dino De Laurentiis.
Venticinque ettari di parco-show costati 250 milioni di euro presidiati all’ingresso dal Tempio di Moloch, simbolo del film Le notti di Cabiria, del 1914, omaggio al primo grande kolossal girato in Italia per la regia di Giovanni Pastrone e Gabriele D'Annunzio. Oltre le fauci dell’imponente struttura, dalla quale la piccola Cabiria viene salvata grazie all'intervento di Maciste, si srotola un tappeto rosso fatto di pellicola e fotogrammi che conduce alla main street americana. Siamo nella New York del proibizionismo di C’era una volta in Americadi Sergio Leone e Gangs of New Yorkdi Martin Scorsese, interamente girato a Cinecittà nel 2002. Nel più classico stile della New York degli anni Venti si trovano un barber shop, all'interno del quale gli ospiti possono "trasformarsi" in vere comparse del cinema, due ristoranti, l'American Bar e il Charleston Club, un drugstore e il negozio principale del parco, il Five Points, nome storico di una delle parti più suggestive di Manhattan.
Sono le scenografie ideate da Dante Ferretti che sembrano ripercorrere la sua esperienza nelle ricostruzioni realizzate per i film di registi nazionali ed internazionali, da Pasolini a Fellini, da Tim Burton a Terry Gilliam fino a Martin Scorsese, di cui Ferretti è storico collaboratore. “Volevo restituire la magia del cinema ad adulti e bambini e riportare pezzetti di grandi film che sono stati realizzati negli studios”, racconta il vincitore di ben tre Oscar con The Aviator, Sweeney Todde Hugo Cabret.
In fondo, il villaggio western di Ennio's Creek, in omaggio ad un altro premio Oscar, Ennio Morricone, dove si trovano l’immancabile ristorante-saloon di Mezzogiorno di Fuoco, con tanto di ballerine di can can, la chiesetta, il classico cimitero polveroso, e persino sceriffi ed i più efferati banditi della storia del cinema con i quali improvvisare duelli al tramonto tra sguardi torvi e sigari marci.
Insomma Un vero divertimento da Oscar, come recita lo slogan, anche in un periodo di crisi e in attesa che nel 2015 il grande cinema americano faccia ritorno a Cinecittà, come assicura Luigi Abete, presidente della IEG (Italian entertainment group), società finanziatrice del progetto.