Con una serata speciale dedicata a Eduardo de Filippo, nel 30° anniversario della scomparsa del grande attore napoletano, prende avvio lunedì 9 giugno il festival In Scena!. Ad ospitare l’evento sarà il mercato di Arthur Avenue che si animerà di spettacoli di intrattenimento dal vivo accompagnati da una cena preparata dallo chef di Food Network, David Greco.
Special guest della serata sarà l’attrice Iaia Forte che, dopo aver recitato nel film premio Oscar, La grande bellezza, è ora a New York per In Scena! con lo spettacolo Hanno tutti ragione, tratto da un testo scritto dallo stesso Paolo Sorrentino. Lo spettacolo andrà in scena martedì 10 giugno alle 20.00 al Dicapo Opera, per poi essere replicato all’ambasciata di Washington il 12 giugno alle 19.00.
Hanno tutti ragione racconta la storia di Tony Pagoda, un cantante melodico dell’estrema periferia partenopea che, nella sua lunga carriera, finì per calcare le scene dei più importanti teatri di tutto il mondo, incluso il Madison Square Garden, dove incontrò Frank Sinatra. Lo spettacolo racconta di questo artista un po’ sopra le righe, grande seduttore, cocainomane e alcolista, che decide di espatriare in Brasile per rifarsi una vita, finché riceve un’offerta che non può rifiutare…
Nei panni di Tony Pagoda c’è Iaia Forte, attrice napoletana che ha debuttato in teatro con Toni Servillo collaborando a lungo con il gruppo Teatri Uniti e con i principali registi italiani (Leo De Bernardinis, Mario Martone, Carlo Cecchi, Luca Ronconi fra gli altri). Ha vinto il premio della critica come migliore attrice per Il Misantropo (regia di Servillo) e il Fiorino Doro della società Dantesca. Nel cinema ha lavorato con Pappi Corsicato, Marco Risi, Peter Greenaway ottenendo due Nastri d’ Argento, un David, un Globo D’oro, un Ciak d’oro, il Linea d’Ombra e un premio Sacher come miglior attrice protagonista. È stata lei a voler portare in scena questo personaggio nella versione scritta da Paolo Sorrentino. Qui ci racconta di come è stato interpretare Pagoda e dell’emozione di portarlo a New York.
Come nasce questo spettacolo?
Questo spettacolo è nato quasi casualmente, da una lettura di un capitolo del libro che ho fatto in occasione della consegna di un premio a Sorrentino.
Interpretare un uomo. È la prima volta per te? Come è andata? Come ti sei trovata?
La lingua con cui è scritto è talmente personale che si presta molto al teatro, io come attrice ho sempre amato le sfide e la scomodità, e questo scomodo personaggio mi ha attirato a tal punto che ho deciso di metterlo in scena. È la prima volta che interpreto un uomo, ed il lavoro più forte è stato quello che ho fatto sul corpo. Ho lavorato anche su una diversa vocalità.
Penso che l’uso della maschera sia un esercizio interessante per un attore, e poi il teatro è un luogo dove si può non essere naturalisti. Il grande successo di critica e pubblico dello spettacolo in Italia mi ha confermato di aver avuto una giusta intuizione.
E poi che uomo… hai avuto qualche conflitto con questo personaggio? Sei riuscita a identificarti?
No, non ho identificazione alcuna. E, avendo deciso di farlo io, non ho neppure conflitto, non mi sono sentita disturbata. Ci sono, invece, molti elementi di questo personaggio che mi hanno appassionato, prima di tutto per la sfida di recitare un uomo e un cantante e di usare il teatro in una forma non naturalistica. Il teatro che non è uguale alla realtà, ma è qualcosa che reinventa la realtà, secondo me è una delle cose più interessanti di questa arte.
Sei stata tra gli attori de La grande bellezza. Come è stato lavorare con Sorrentino?
Lavorare con Sorrentino è molto interessante, prima di tutto per la sua intelligenza ed ironia, e poi perché ha uno stile ed una visione del mondo molto personale. È bello per un attore far parte di contesti autoriali, perché non ci si sente generici.
E poi l’Oscar. Te lo aspettavi?
Tra gli attori, mentre giravamo il film, c’era la sensazione di essere parte di qualcosa di grande. Sentivamo era che era un film importante. All’Oscar di certo non pensavamo, ma sentivamo che era speciale. E poi quel senso straniante delle lunghe e caldissime notti romane di agosto. La città vuota, i monumenti deserti, la sensazione di trovarsi davanti a tanta bellezza, e di poterla finalmente guardare come non avevamo mai fatto prima.
Ti senti più attrice di teatro o di cinema?
Amo molto il cinema ma mi sento essenzialmente un’attrice di teatro. Come diceva Marlon Brando il cinema è dei registi ed il teatro degli attori. Ma per me la vera differenza la fanno le persone più che i mezzi che usano.
Pensi che il teatro italiano abbia un potenziale di diffusione all’estero?
Credo che il teatro italiano abbia grandi potenzialità all’estero, purtroppo il sistema in cui si opera complica tutto! C’è sicuramente un potenziale di esportabilità. Il problema però è che a volte è difficile organizzare spostamenti dall’Italia verso altri paesi perché il nostro paese non supporta questo tipo di scambi. Molte nazioni favoriscono e sostengono economicamente il teatro come mezzo di diffusione culturale all’estero. Mentre in Italia è più difficile. Poi c’ì da dire che quando ho iniziato, con i Teatri Uniti, andavo molto di più all’estero perché facevamo un teatro meno legato alla parola e quindi più esportabile. Ora che il teatro sperimentale è meno presente si gira inevitabilmente meno. Ma sarebbe importante continuare a far circolare il teatro perchè è un interessante mezzo di diffusione della cultura. Successi come quello della Grande bellezza sono un traino per ciò che di bello rimane ancora nel nostro paese.
È la prima volta che reciti a New York? Cosa significa per te essere a New York con questo spettacolo?
Sono già stata con Mario Martone a fare le Operette morali a novembre e all’Istituto di Cultura avevo fatto una lettura di Annamaria Ortese. Ma in teatro è la prima volta. È una rande emozione perché New York è una città che mi piace moltissimo. Il fatto di essere qui e recitare davanti a un pubblico italoamericano è di per sé una grande gioia. Ma poi con questo testo c’è una sorta di cortocircuito metateatrale, in quanto Tony Pagoda viene a New York per esibirsi al Radio City Hall e, nel mio piccolo, io vengo a New York per recitare il suo personaggio alla Dicapo Opera.
Hanno tutti ragione
Tratto dal testo di Paolo Sorrentino, con Iaia Forte
Canzoni di P. Catalano e P. di Capri Eseguite da Fabrizio Romano
Elementi scenici Katia Titolo – Marina Schindler
Presentato da Pierfrancesco Pisani – OffRome – Infinito s.r.l
Martedì 10 giugno, 8.00 pm, Dicapo opera, 184 E 76th Street.