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June 3, 2014
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June 3, 2014
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Open Roads, una degustazione di un’ottima annata di cinema italiano (eroicamente rinato)

Chiara BarbobyChiara Barbo
Time: 3 mins read

Dopo anni in cui si annunciava, molte volte a sproposito, la rinascita del cinema italiano, finalmente quest'ultimo anno ha visto la produzione di un gran numero di ottimi film. Film che raccontano delle storie, con un linguaggio nuovo e personale. E si aprono al mondo. Una cinematografia finalmente nuova su cui apre una panoramica il festival Open Roads in programma al Lincoln Center dal 6 al 12 giugno.

Autori affermati e registi esordienti si confrontano con generi, stili diversi di ripresa e di narrazione, propongono sguardi e riflessioni, utilizzano dialetti, volti, città di provincia e quartieri metropolitani, da nord a sud, tra la commedia e il dramma, tra il documentario e la fiction, passando anche per le loro reciproche contaminazioni. Su tutto questo Open Roads, rassegna di cinema italiano fra le più prestigiose sul piano internazionale, apre uno sguardo con una selezione di 16 film italiani, senza dubbio fra i migliori visti nella scorsa stagione.

Film diversissimi fra loro, che raccontano storie e mondi che non sono quelli percorsi e ripercorsi tante volte in passato dal cinema italiano, ma piuttosto quelli decentrati, che appartengono ai tanti 'altrove' di cui è fatta l'Italia, e che raccontano quello che di speciale, nel bene e nel male, c'è in quel preciso posto, tra quelle persone e non altre, in quel momento e non sempre.

In tendenza con il miglior cinema europeo (e anche certo cinema indipendente americano), molti di questi film rivelano un'importante e riuscita ricerca stilistica, conseguente alla narrazione e mai fine a se stessa, con il documentario che in qualche modo detta la linea, non per moda, ma per proprietà ed appropriatezza di linguaggio, anche quando non è dichiarato, anche quando è lo sguardo ad essere proprio del documentario e non la tecnica, anche quando dietro ad esso c'è un preciso lavoro di scrittura.

Ma non è solo il documentario a rappresentare la cifra stilistica dei film proposti a Open Roads. C'è la commedia, nella sua accezione migliore: satira sociale, una solida struttura narrativa, dialoghi serrati e divertenti, personaggi non superficiali ma immaginati e costruiti per funzionare bene, anche (ma non solo) come archetipi.

C'è poi quello che potremmo definire “realismo sociale”, spogliato però di certa retorica per diventare minimo ed essenziale, avvicinandosi e mescolandosi così al cinema del Nord Europa, pur con storie e personaggi specificatamente italiani.

Se questa è quindi un'ottima annata per il cinema italiano – molti dei film presentati quest'anno a Open Roads hanno meritatamente ottenuto importanti riconoscimenti ai principali festival italiani e internazionali, e spesso anche un importante riscontro di pubblico – è anche vero che autori e produttori sono a loro modo 'eroici', riuscendo a fare film belli e importanti in una situazione molto difficile per il cinema: i soldi sono pochi e il sistema-cinema non funziona come dovrebbe, nonostante il vitale contributo del MiBACT, il lavoro delle Film Commission e il supporto dei film fund regionali, i sostegni europei, e RAI Cinema che interviene quando e come può. L'accesso ai finanziamenti è limitato e tortuoso, il meccanismo che regola i contributi è troppo complesso e non sempre efficace ai fini della realizzazione di un film, gli incentivi per chi voglia investire ci sono ma non sono funzionali, per modalità prima che per effettiva convenienza, e soprattutto in Italia non c'è, tra i privati, l'educazione a investire nel cinema e nella cultura, e con questo bisogna fare i conti. Infine, il sistema di distribuzione, oltre che a doversi confrontare con la crisi economica e con un cambiamento nelle abitudini del pubblico, non è adeguato ai nuovi modi di fruizione del cinema che sono cambiati ovunque, anche in Italia.

Insomma, come testimonia la maggior parte degli autori, produttori e interpreti che saranno presenti nei prossimi giorni a Open Roads, chi fa cinema oggi lo fa nonostante tutto: creare, insistere, rischiare personalmente, aspettare, ricominciare daccapo, inventarsi nuovi modi.

C'è tanto talento nel cinema italiano, tanto lavoro e determinazione, e Open Roads rappresenta una bellissima occasione, per i newyorchesi, di vedere il meglio del nostro cinema.

 

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Chiara Barbo

Chiara Barbo

Scrivere di cinema o scrivere il cinema? Possibilmente tutti e due. Dalla critica cinematografica alla sceneggiatura passando per la produzione, al di qua e al di là dell'oceano, collaboro con La VOCE di New York e con Vivilcinema, con la Pilgrim Film e con Plan 9 Projects. E anche con altri. Ma per lo più penso, immagino, ricerco, scrivo, organizzo in modalità freelance. Insieme a tanti altri, faccio parte della giuria del David di Donatello. New York è stata una scelta. New York è intensa, vitale, profonda e leggera, pacchiana e intellettuale, libera, creativa, è difficile, è bellissima, ed è la città più cinematografica del mondo.

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