Guardavo un film ambientato a New York, qualche sera fa. Non serve che vi dica il titolo, era semplicemente uno delle migliaia di film ambientati a New York, senza infamia e senza lode. A un certo punto, nella scena in cui il protagonista si aggira per la città in preda a crisi d'amore – prima che si accorga di essere in realtà innamorato dell'altra, l'eterna amica, comprensiva ma altrettanto sexy – ho riconosciuto il mio quartiere. Tompkins Square Park, uno scorcio della mia strada, il bar sotto casa, la bottega del portoricano all'angolo, il barbiere a dieci dollari al taglio. I miei luoghi quotidiani erano tutti lì che scorrevano sullo schermo e io, tutta emozionata, scuotevo il braccio del mio compagno di visione: “Guarda, guarda, quella è Avenue B, quello è il negozio dove compro il tabacco, quello è il bar dove lavorava Tizio, quello è l'ingresso di casa di Caio, quello è l'angolo sotto casa mia”. Il mio amico, newyorchese, mi guardava con aria perplessa e un poco di sufficienza. “Sì.. ok.. sai.. a New York si girano un mucchio di film”.
Neanche due settimane fa Tompkins Square Park era circondata di camion di una produzione televisiva e invasa da belle facce da schermo e comparse che fingevano di portare a spasso il cane. È vero. New York è un set unico. Quello di New York è uno degli skyline più riconoscibili e riconosciuti al mondo, è una delle città in assoluto più rappresentate, raccontate, filmate. Poi da quando l'amministrazione Bloomberg ha avviato una politica per favorire le produzioni in città è tutto un filma filma. Ovunque si vada ci si imbatte in qualche film e in gruppi di turisti che si affollano al di qua delle transenne per cercare di riconoscere qualche faccia nota. Io, che con le facce degli attori sono addirittura peggio che con i nomi, non ci provo nemmeno, ma poi non posso evitare di emozionarmi quando sullo schermo riconosco lei: New York, in tutto il suo meraviglioso quotidiano splendore, nelle sue ossessioni e nelle sue manie, nella sue esasperante frenesia, nella sua violenza, nella sua sporcizia, nei suoi aspetti più scuri e in quelli più romantici. É la città in bianco e nero, intellettuale e complicata, ritratta da Woody Allen in Manhattan. È la città folle e violenta dei film di Spike Lee. È la città le cui vetrine fanno sognare Holly, in Colazione da Tiffany. È la città di Noodles e degli altri ragazzi di strada di C'era una Volta in America. È la città in cui Richard Gere e Winona Ryder passeggiano incorniciati dai mille colori degli alberi di Central Park, in Autumn in New York. È la città in cui le auto dei gangster sfrecciano sull'FDR per sfuggire alla polizia. È la città di King Kong, di Spiderman, di Superman, dei Ghostbusters, di Batman (ok, quella è Gotham, ma cos'è Gotham se non New York?). E non importa se sia quella di ieri, quella di oggi o quella di domani, quella di un futuro in cui orridi mostri usciranno dalle acque dell'Hudson per annientare la civiltà umana. È sempre New York. Sempre unica. Sempre speciale.