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November 11, 2012
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SPECIALE INTERVISTE/ Così “N.I.C.E.” quel cinema a NY

Francesca TarantinobyFrancesca Tarantino
Da sinistra, Viviana Del Bianco, Riccardo Viale, Valria Golino e Simonetta Magnani all'Istituto Italiano di Cultura di New York

Da sinistra, Viviana Del Bianco, Riccardo Viale, Valria Golino e Simonetta Magnani all'Istituto Italiano di Cultura di New York

Time: 9 mins read

Il cinema italiano è tornato ad essere protagonista la settimana scorsa a New York City. Dopo il successo di Cesare deve Morire dei fratelli Taviani presentato al New York Film Festival (NYFF) in ottobre, lo scorso mercoledì si è dato il via invece al New Italian Cinema Events (N. I. C. E.) Festival USA 2012 giunto ormai alla 22/a edizione, a New York dal 7 al 11 novembre e a San Francisco dal 11 al 18 novembre. La serata di apertura svoltasi all’Istituto Italiano di Cultura di New York ha avuto un’ospite d’eccezione, l’attrice – da qualche tempo anche regista- di fama internazionale Valeria Golino. Al panel –tutto al femminile- che si è focalizzato sulla necessità di un rilancio del talento artistico italiano nel mondo, hanno partecipato il direttore dell’iniziativa per gli USA Viviana del Bianco e l’attache dei cultural affairs dell’IIC Simonetta Magnani, moderatrice della serata. Il N.I.C.E. è un’associazione culturale con base a Firenze che -dal 1991- promuove attività al fine di sdoganare il cinema italiano all’estero, tramite iniziative non solo in America ma anche in Russia e ultimamente persino in Oriente, in Cina. Per la rassegna prevista a New York, gli otto film selezionati in concorso quest’anno hanno evidenziato tutte le novità della produzione cinematografica italiana degli ultimi anni.

I primi della Lista di Roan Johnson ad esempio, tratta di una storia reale dell'epoca della cosiddetta “strategia della tensione” degli anni 70 che, con gli occhi di oggi, è piuttosto insolita. In gara anche il famoso Scialla di Francesco Bruni. Una storia che ha creato scompiglio anche in Italia e che vede un adolescente perdigiorno e di un professore uniti da un evento che fa stabilire tra di loro un rapporto padre-figlio.

I più grandi di tutti di Carlo Virzì invece è una commedia leggera, dove si scherza e si ride senza che il meccanismo drammatico scompaia totalmente. Imperdibile La Kriptonite nella borsa di Ivan Cotroneo in cui si vede un’insolita Valeria Golino. Una storia divertente e commovente sul divenire grandi e sul potere dell’immaginazione, con personaggi sempre in bilico tra commedia e tragedia, con al centro una famiglia molto complicata ma straordinariamente vitale, capace di sognare, pur sapendo di non possedere nulla, in una società in cui la separazione tra ricchi e poveri non appare così traumatica.

Molto attuale anche Io sono Li di Andrea Segre che descrive due situazioni di crisi quella di chi è stato costretto o ha scelto di abbandonare le proprie radici e quello di chi le sta perdendo per le profonde trasformazioni in atto.

100 metri dal paradiso di Raffaele Verzillo è una commedia dai toni leggeri che tratta però tematiche importanti però, come la diffusione della parola di Dio e la follia di un’impresa di un uomo che cerca di salvare un amico. Infine c’è Appartamento ad Atene di Ruggero Di Paola un film drammatico che colpisce per l'asciuttezza del suo racconto, caratterizzato da forti emozioni. Per quanto riguarda gli eventi di New York, i film e cortometraggi presentati hanno voluto naturalmente richiamare l’attenzione sul cinema italiano ma soprattutto sulle innovazioni sia nelle tematiche che nella regia. La rassegna di New York dunque si è aperta con la proiezione di Armandino e il Madre di Valeria Golino, per poi continuare con il suo ultimo lungometraggio dal titpolo provvisorio Vi Perdono, una storia drammatica sulla vita e temi importanti come il suicidio assistito e l’eutanasia. Queste proiezioni sono state seguite dalla presentazione di Texas di Fausto Paradivino è un film dal ritmo fluido e scorrevole, da Respiro di Emanuele Crialese molto interessante sulla vita, Storia d’Amore di Francesco Maselli che racconta una storia tra realismo ed espressionismo e infine da Ciliegine di Laura Morante una commedia romantica (fino ad ora molto nota come attrice, e con questo film debuttante alla regia). L’attrice è tra l’altro una dei testimonial d’eccezione del N.I.C.E negli USA. Infine molto interessante anche Hit the Road Nonna di Duccio Chiarini, un film-documentario, in cui il regista è riiuscito a costruire un ritratto insolito e della nonna.

Valeria Golino, all'IIC di New York per la serata di apertura del N.I.C.E.

Parla Valeria Golino: “Ho fatto un film sulla vita e sulla pietà”

Nonostante la tormenta di neve che ha colpito New York, in molti hanno partecipato alla serata di mercoledì all’IIC. Valeria Golino è arrivata un po’ in ritardo, bellissima e sorprendendo tutti con un nuovo colore di capelli, biondi. Nel pubblico seduto in sala oltre al direttore dell’IIC Riccardo Viale e ai giornalisti, si notava in prima fila un’attentissima Melba Ruffo di Calabria che ha partecipato con interesse alla presentazione del N.I.C.E.

Nell’incontro si è anche parlato delle difficoltà economiche, organizzative e sulle incertezze che gli autori italiani devono affrontare per produrre un film e che sembrano essere aumentate negli ultimi anni. “Quest’anno è stato certamente il più difficile per i produttori e organizzatori del festival” ha affermato Viviana del Bianco durante la conferenza “abbiamo deciso così di cambiare strategia a New York, innanzitutto aprendo con Valeria Golino che è un contributo importante per noi. Primo perché è una donna e poi perché è un’attrice ed una regista”. La direttrice del festival successivamente ha voluto precisare che il N.I.C.E. intende -specialmente a partire dal prossimo anno- promuovere il cinema italiano nel mercato newyorkese, dove come lei stessa ha concluso “c’è più business”. Quale miglior testimonial quindi di un’attrice che ha lavorato per tanti anni –e tutt’ora- tra l’America e l’Italia come Valeria Golino.

“Sono un’attrice da così tanto tempo, non mi ricordo neanche da quanto. Ho iniziato che avevo 16 anni, penso quindi di esserlo nel midollo, nella mia natura” spiega all’audience in sala Valeria, continuando poi “tutto ciò che sono, quindi anche la mia identità è basata sul fatto di essere un’attrice. Ed amo ancora tantissimo il mio lavoro e questo modo di vivere. Ho imparato ad amare quindi i vari aspetti di questo mestiere e di conseguenza la regia. Penso che sia un passo naturale dopo tanti anni di recitazione. Molti dei miei colleghi hanno avuto la stessa esperienza, quella cioè di voler andare più in là rispetto alla recitazione”. L’attrice italiana sembra timida quando parla della sua esperienza da regista, soprattutto quando confessa al pubblico “è troppo presto per affermare che i miei film hanno uno stile, certamente pur essendo diversi per le tematiche trattate, hanno elementi simili e riconoscibili. I miei sono due film che parlano di cose completamente differenti”. Armandino e il Madre (2010) è infatti un cortometraggio ambientato a Napoli che tratta di una storia d’amore tra una ragazza francese e un giovane napoletano di origini rom, mentre Vi perdono – in uscita nel 2013– è il primo lungometraggio della Golino incentrato invece sulla tematica del suicidio assistito: “Ognuno di noi ha un proprio modo di fare le cose, che rimane sempre presente. Mettiamo sempre il nostro punto di vista in ogni cosa che facciamo”.

Avviciniamo Valeria Golino al termine della conferenza stampa e le chiediamo cosa, secondo lei, ama vedere di più il pubblico americano dell’Italia sul grande schermo, se una visione stereotipata o più realistica. Lei divertita ci risponde così: “Certamente al pubblico estero piace di più l’Italia per come era rappresentata una volta, legata quindi ad una visione rassicurante.

Che poi è anche l’immagine che i film di un tempo davano con successo in America, lavori che hanno rappresentato l’Italia in modo semplicistico a volte leggero, con molti clichè sulla popolazione. Alcuni di questi sono film molto belli, ancora amati dal pubblico. Penso anche però, che ci siano americani con gusti sofisticati soprattutto in alcune città. Questo tipo di pubblico riesce ad apprezzare il grande talento che c’è in Italia in questo momento. Questa è l’unica cosa che non è fatta vedere del nostro Paese. C’è tanto talento, ed è così difficile emergere. Ci sono registi e attori molto bravi. Credo quindi, che siano gli americani più sofisticati a desiderare di vedere questo”.

 

Ma che tipo di visibilità ha il cinema italiano a New York?

“Credo molto piccola ma certamente superiore ad altre città. Già il fatto che esista è importante ma certo non quanto vorremmo noi. Penso che New York sia una città adattissima a questo tipo di festival. Per le persone che ci sono, il tipo di cinefili, molto interessati al cinema europeo. Anche per il cinema newyorkese indipendente è legato a quello europeo”.

Cosa pensa quindi della co-produzione, se possa rappresentare cioè in futuro una delle possibilità per rilanciare il cinema italiano all’estero.

“Le co-produzioni lo sono sempre, basta che non levino personalità ai film. Quelle finanziarie sono belle, in cui si partecipa in vari paesi ad un progetto, ma non devono essere mai forzate. Nella scelta della lingua ad esempio, o in quella degli attori”.

 

La sua ultima esperienza da regista nel suo film Vi perdono: quanto le tematiche dell’eutanasia e del suicidio assistito sono vicine alla sua vita?

“Il film ha un titolo provvisorio che potrà cambiare. Non è esattamente sull’eutanasia, ma sul suicidio assistito. Lo so che è davvero triste come tematica ma ci tengo a precisarlo perché, sia legalmente che formalmente, non sono la stessa cosa. L’eutanasia è dare la morte a qualcuno mentre il suicidio assistito è aiutare qualcuno a porre fine alla propria vita. Detto questo ci tengo a dire che non credo di aver fatto un film sulla morte, che è comunque presente nel film ma penso soprattutto di aver fatto un film sulla vita e ciò che la riguarda. Credo che tutto debba incentrarsi sulla vita, anche quando si pensa alle cose più oscure. Come dicevo prima stiamo cercando di cambiare il titolo perché non piace a molti.” Alla fine Golino ci confessa: “Tra l’altro non rispecchia più il lavoro che ho fatto ed è come se fosse appiccicato a un film che non vi somiglia più. Poi per quanto riguarda le tematiche, non ho mai vissuto una situazione simile personalmente ma ho avuto persone a me molto care malate, quindi sicuramente sono pensieri che ho fatto. Nel prendere una decisione del genere, poi, si fanno migliaia di elucubrazioni personali. Io sono chiaramente a favore di tutto quello che possa essere umanistico per le persone e sono quindi polemica, perché credo si debba trovare un modo per accettare la pratica, soprattutto per una questione di pietà nel senso più forte della parola”. 

 

Concludiamo l’intervista con una domanda non sul cinema a cui però Valeria risponde con entusiasmo. Chiediamo, quasi off the record, cosa ne pensa della rielezione di Obama e com’è tornare a New York dopo la sua vittoria?

“Sono contentissima, penso sia un bene per l’America. Ti parlo ovviamente da persona che non abita più qui, penso che Obama rappresenti l’unica soluzione per questo paese. La sua rielezione è molto importante per il futuro dell’America”.

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