Ogni anno il Public Theatre di Oskar Eustis offre “Shakespeare in the Park”, gratis. Quest’anno, un’originale versione di “As You Like It”, diretta da Daniel Sullivan. I momenti più preziosi sono offerti da Rosalind (Lily Rabe) che conquista Orlando (Omar Metwally) nonostante sia vestita, più o meno, da uomo. Situazione delicata ma al tempo stesso poetica. Convincono. Perfetti, al solito, l’elegante Jacques (Stephen Spinella) e il divertente, comico Touchstone (Oliver Platt). Applausi entusiastici. Nella sede principale (425 Lafayette), il sofisticato musical “February House” di Gabriel Kahane (musica e liriche) e Seth Bockley (libretto). Gli autori immaginano un appartamento dove vivono personaggi ben noti, alle loro prime armi. Avranno successo anni dopo. Convivono e si confrontano. Fa piacere incontrare di nuovo Benjamin Britten (Stanley Bahorek), Erika Mann (Stephanie Hayes), W.H. Auden (Erik Lochtefeld), Gypsy Rose Lee (Kacie Sheik) e Carson McCullers (la perfetta, convincente Kristen Sieh). Le migliori canzoni: “Shall We Live Here?”, “Wanderlust” e “Discontent”. Molti applausi.
Al teatro York (619 Lexington Avenue), una ripresa di “Closer than Ever” di Maltby & Shire. Quattro attraenti attori si desiderano, si respingono, si studiano. Jenn Colella, Christiane Noll, Sal Viviano e George Dvorsky. Le migliori canzoni sono: “Doors”, “Dating Again”, “Life Story” e “Patterns”. Piacevoli.
Una satira storica è “Medieval Play” di Kenneth Lonergan (Signature Th., Pershing Square, 480 West 42nd Street). Si ride molto a battute che, pronunciate nel 1376, annunciano quel che sta accadendo ai tempi d’oggi. Corsi e ricorsi storici. Ipocrisia, corruzione, imposizioni religiose. Predicano moralità ma hanno deliziose amanti. E’ bravissima in tre ruoli Heather Burns. Una Santa Caterina da Siena che sa diventare amante focosa. Ben diretto dall’autore che sa calibrare i suoi personaggi. Aumenta il numero delle donne autrici e scrittrici. Nel teatro Stage Left Studio (214 West 30th Street) molti interessanti monologhi. I due visti recentemente: “Grapefruit” di Sally Lambert. L’eccellente attrice Cheryl King, diretta con abilità da Theresa Gambacorta, ci avvince e convince con il dramma di una musicista che è tormentata dalla minaccia del cancro.
C’è poi una divertente storia d’amore sfortunato in “Dating, Depression and Dirtbags”, scritto e recitato dalla robusta, decisa Elza Zagreda. Il titolo indica molto. Un’albanese che si è trasferita in America, spera in una relazione duratura. Ma gli uomini ingannano e tradiscono. Sono “dirtbags”. Molto brava. Termina dicendo che gli albanesi non si arrendono mai. Continuerà a battersi per realizzare il suo sogno. Ultimamente siamo alla presenza in palcoscenico di donne deluse che condannano gli uomini. In “Rapture, Blister, Burn” al teatro Playrights (420 West 42nd Street) Gina Gioffrido ci dà tre donne intelligenti, colte, battagliere e un uomo debole, pigro, insicuro. Catherine (Amy Brenneman) torna a casa dalla madre che ha avuto un infarto. E’ una quarantenne che ha avuto successo ma si sente sola. Ha infatti amato un uomo (Don-Lee Tergesen) ma lo ha perduto quando lui ha sposato la sua amica Gwen (Kellie Overbey). Matrimonio felice? No. Lui è pigro ed ama passare ore guardando pornografia. La madre Alice (la simpatica Beth Dixon) suggerisce alla figlia di riconquistare Don. Ci riesce, nonostante conosca la sua pigrizia ed i suoi vizi. Fa di tutto per migliorarlo, dandogli consigli. Compito impossibile. L’uomo è un debole che torna dalla moglie. La terza donna è la giovane Avery (la brillante Virginia Kull). Tipica giovane ribelle che parla con spregiudicatezza di relazioni con uomini. Usarli, tentare di migliorarli. E se non si riesce, pazienza. Si può vivere benissimo anche senza un consorte. Non hanno più bisogno di noi uomini. Basta la pornografia e qualche casuale avventura. Buon dialogo. Citano tutte Phyllis Schlafly. Hanno letto i suoi libri ed hanno imparato.