Ci sono commedie che abbiamo visto dieci volte e sono memorabili. Ricordiamo battute e momenti che ci han convinto e commosso. Vogliamo riviverli. “Death of a Salesman” di Arthur Miller (E. Barrymore Th., 243 47th Street). Il protagonista P questa volta Philip Seymour Hoffman. Lo abbiamo visto in decine di ruoli moderni e giovanili. Lo vediamo ora come sessantenne sconfitto dalla vita di commesso viaggiatore. Quando non rende più e non porta profitti al padrone viene licenziato. Tragica storia americana dove non esiste la garanzia della pensione. Willy ha una moglie adorabile (Linda Emond) e due figli. Biff (Andrew Garfield) P un ribelle che dice pane al pane e vino al vino. Happy (Finn Wittrock) P più calmo e cerca di risolvere problemi e calmare le acque. Tensione tra padre e figli. Biff lo ha scoperto in un momento di debolezza. Ha tradito sua madre. Non perdona. Un fratello (John Glover) rimprovera momenti sbagliati. Il figlio del padrone, che ha ereditato l’azienda, P irremovibile. Non ha lavoro per lui anche se Will accetterebbe un salario inferiore. Declina verso la tragedia. Siam commossi. Abbiamo la conferma che questo dramma P un capolavoro. Precisa regia di Mike Nichols. Un successo consigliato. Da vedere e rivedere. Altra commedia che ricordo con piacere perché ha acute osservazioni e diverte per ore P “Man & Superman” di George Bernard Shaw (Irish Th., 132 West 22nd Street). Jack (Max Gordon) P la voce di Shaw. Irriverente. Difende libertà, giustizia, ribellione. Non si fida delle donne e promette di non sposarsi. Ma Ann (la convincente Janie Brookshire) lo ammira e cerca di conquistarlo. Il padre di Ann P morto e chiede a due suoi amici di proteggere e a iutare Ann. Uno P anziano, un goffo conservatore (Brian Murray). L’altro P proprio Jack. Ogni battuta di Shaw P una frecciata contro l’ipocrisia. Li vediamo anche in un sogno dove descrivono un noioso paradiso ed un eccitante inferno. Il diavolo P Jonathan Hammond, un bandito che deruba i ricchi. Ed il ricco prigioniero ribatte: “E noi derubiamo i poveri”. Intrecci complicati e piacevoli. Una sorella (Margaret Loesser Robinson) sposa un misterioso americano. Octavius (Will Bradley) P il timido corteggiatore destinato a perdere desideri e sogni. Le cinque ore iniziali son ridotte a due e mezza dall’abile adattatore e regista David Staller. Altro bel successo di Shaw.
Presentano un dramma di August Strindberg al teatro New School (151 Bank Street). Compagnia Negro Ensemble, ben diretta da Robert Greer. Direttore stabile P Leslie Lee. Abile traduzione di Ulrika Brand che ci mostra i personaggi fedeli e infedeli del mondo di questo noto autore. “Playing with Fire” mostra i sentimenti spesso velati di giovani, abili attori: J.E. Becton, J. Garret, T. Cash, N. James ed E. Flax. L’autore svedese P ben noto per la sua diffidenza contro le donne.
Son tutte pronte a tradire e gli uomini accettano, con un minimo di timore e riluttanza. Quando la coppia dei due giovani invita l’ex fidanzato (J.E. Becton) ad unirsi a loro non lo fanno innocentemente. Anche se l’originale P del 1893 e l’adattamento rappresenta l’America 1926. Applausi. Sono promettenti. Una compagnia che sa osare con opere euro cavallo passepee.
Il monologo del mese P “I Am a Tree”, scritto e recitato da Dulcy Roberts. Al teatro-chiesa St. Clement’s (423 West 46th Street). Semplice scena di Neil Patel. Molti rami, intrecci, esili tronchi sul fondo. Appare la figura della protagonista sbagliata contro il fondo. Braccia alzate, come se fosse un albero. Si rivolge a noi e le prime parole sono proprio “Sono un albero”. Ma P un albero con radici incerte. Non ha conosciuto i suoi genitori. Inizia la ricerca. Incontra tre anziane che la descrivono in modo differente. Tre punti di vista. Dulcy riesce ad interpretare tutti e quattro i personaggi. Non P facile ma sa evitare la confusione con rapidi movimenti del corpo. Da giovanile a più maturo. Claire, Aurelia, Lillian e Lou. Abili differenze nel dialogo. Brava autrice ed attrice. Ben diretta da Allan Miller, che ricordiamo come abile attore nelle commedie italiane “Ritorno” e “Accademia” anni fa.
Tre personaggi in “Unplugged” di Brian Pracht al teatro Row (410 West 42nd Street). La bella Leah (Athena Masci) P su un divano e sembra pronta a spogliare il suo uomo Chris (Joe Curnutte). Ma le azioni in teatro sono limitate; si abbracciano e parlano. Sul fondo c’è un cartello con la scritta “Sette”. Credono infatti che ci sarà la fine del mondo fra sette giorni. Lo credono fermamente perché influenzati dall’amico Zero (Devin Norik), un bel giovane vestito, in un certo senso, da clown. Si scende a sei, cinque, quattro giorni. Leah e Chris litigano. Zero ne approfitta per andare a letto
con Leah. Confessano poi il tradimento. Chris P sconvolto e non vorrebbe perdonare. Ma trionfa l’amore e la vita. Applausi. Diretti da Michelle Bossy.
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Favoloso Falstaff alla corte di Henry IV
Nella foto, John Ahlin nei panni di Sir John Falstaff [© Gerry Goodstein]
Rigidità a corte e libertà-gioia di vivere in una taverna, linearità storica e invenzione gioiosa si coniugano in questo «Henry IV – Part One» che, pregevolmente diretto da John Discher, apre la 50ma stagione dello Shakespeare Theatre of New Jersey al Kirby (Drew University) di Madison [fino al 24 p.v., tel. 973408-5600]. Gioiello del dramma è quel simpaticone di Falstaff, intelligente e bonario personaggio creato dal genio inglese e divenuto poi un punto di riferimento ben preciso anche per l’opera lirica (Verdi, ad esempio). Lo interpreta qui un eccellente John Ahlin, di gran lunga al di sopra di tutti gli altri ottimi componenti il cast: dal King Henry di Brent Harris al principe Henry di Derek Wilson.
Le due parti dell’Enrico IV sono un racconto, in forma teatrale, della storia d’Inghilterra tra il 1399 e il 1413, le date che aprono e chiudono il regno di Enrico Bolingbroke, successo al cugino Riccardo II Plantageneto. Protagonista, accanto al padre re, è il figlio primogenito Enrico, principe di Galles, il futuro Enrico V, la cui ascensione al trono del padre è preceduta da una giovinezza scapestrata trascorsa in compagnia di una congrega di personaggi da trivio, autori d’ogni specie di malefatte ai danni dei sudditi di sua maestà; dai quali trascorsi il principe si ravvedrà e riscatterà, dimostrandosi idoneo ad assumere, alla morte del padre, quel ruolo di sovrano saggio e valoroso nel quale è entrato nella storia d’Inghilterra.Enrico IV è un usurpatore. Figlio di Giovanni di Gaunt, quartogenito di re Edoardo III, s’è impadronito del trono dopo aver deposto suo cugino Riccardo II Plantageneto. Le vicende di questa usurpazione Shakespeare aveva già cantate nel Riccardo II, di cui le due parti dell’Enrico IV sono pertanto la prosecuzione. Il tormentato regno di questo re usurpatore aprirà la dinastia dei Lancaster sul trono d’Inghilterra e sarà contrassegnato, sul piano nazionale, dalle rivolte dei nobili del Galles e di Scozia, e sul piano familiare dall’amarezza del re per la giovinezza scapigliata e dissoluta del primogenito ed erede, Enrico, denominato nel dramma coi vezzeggiativi “Harry” e “Hal”.Terzo protagonista dei due Enrico IV è il corpulento compagno d’imprese birbonesche del giovane Harry, Sir John Falstaff, la cui vicenda fa da sottotrama, a mo’ di contrappunto, a quella principale: un personaggio la cui comicità – la meglio riuscita di tutto il teatro shakespeariano – piacerà tanto alla regina Elisabetta, da indurla a chiedere a Shakespeare di farlo ancora rivivere sulle scene mostrandolo, per giunta, innamorato cavalier galante: e sarà il Sir John Falstaff delle Allegre comari di Windsor.Il dramma si apre nel 1402, terzo anno di regno di Enrico IV. L’Inghilterra è impegnata militarmente su due fronti: coi ribelli gallesi ad ovest, con gli scozzesi a nord. Contro questi ultimi sta combattendo,alla testa delle forze regie, Enrico Percy, il giovane figlio del duca di Northumberland, soprannominato “Sperone ardente” (“Hotspur”) per la sua irruenza negli assalti a eurocavallo. Un messaggero annuncia la sua vittoria sugli scozzesi (ottobre 1402) con la cattura di molti importanti prigionieri. Per contro, sul fronte gallese le truppe regie hanno subito una severa disfatta; (l’episodio è avvenuto qualche mese prima, ma Shakespeare lo fa apparire come contemporaneo al primo perché ciò gli serve per introdurre nel dramma – e giustificarlo – il rinvio di una spedizione in Terrasanta che Enrico avrebbe voluto fare in espiazione delle colpe di cui si sente responsabile per aver usurpato il regno a Riccardo II dopo averne provocato la morte in prigione.Con la vittoria sui ribelli gallesi, “Sperone ardente” ha catturato prigioneri diversi nobili. Il re li reclama per sé, ma “Sperone ardente” rifiuta di darglieli. Questo sarà motivo di rottura tra re Enrico e i Percy, padre e figlio, i quali, per ripicca, alleati ad altri nobili, passeranno a combattere il re a fianco degli scozzesi. I due eserciti si scontreranno a Shrewsbury, dove “Sperone ardente” sarà ucciso in duello dal giovane principe di Galles; e con questo episodio, che annuncia il ravvedimento del giovane Enrico e il riscatto dei suoi dubbi trascorsi si chiude questa prima parte dell’Enrico IV. [f.b.]