“Perché non prendersi troppo sul serio è un ottimo modo di bluffare. Anche nella vita”. E se lo dice lei, giocatore di poker femmina, c’è da crederci. Lei è Michela Antolini, 28 anni, “romana de Roma”, ma a Milano da molto. Racconta le sue gesta, in modo ironico, divertente, glam e inconsueto su “miciapoker.com”, ma la si può seguire giornalmente anche su friend feed. Dopo dodici anni di teatro e una spruzzata di passerelle è arrivata al poker Texas Hold’em, riuscendo a vincere il titolo al Ladies Event organizzato da Pokerstars, il più importante competitor di poker al mondo. Oltre a dirle brava – anche se non capisco un’acca di questo gioco – ho diverse domande da porle, perché non capita tutti i giorni di avere a che fare con un personaggio così.
Allora, partiamo dall’inizio… alle elementari scrivevi poesie a sfondo sociale, per dodici anni ti sei dedicata al teatro, poi hai lavorato qualche tempo come hostess, modella e barlady, ed ora sei giocatrice professionista di poker. Un percorso sicuramente bizzarro. Cosa hanno pensato i tuoi?
«Erano già rassegnati al fatto che avrei molto probabilmente intrapreso una carriera “particolare”, diciamo che il teatro li aveva preparati. Ma, di certo, il poker ha superato ogni aspettativa di che “figlia stramba” potessero avere. Mia madre all’inizio era dispiaciuta per il fatto che io, vincendo dei soldi, li togliessi a qualcun altro. Ma il gioco prevede questo: tutti pagano un buy-in, il buy-in va a montepremi, vince solo qualcuno. Altrimenti staremmo a parlare di qualcos’altro. Mio padre invece mi disse di aver sbagliato tutto nella vita, allora! E vorrebbe imparare…» (ride).
Perché hai imparato proprio il poker?
«Per non restare la sera guardare il mio fidanzato giocare online! Mi spiego meglio: quando mi sono fidanzata con quello che poi sarebbe diventato mio marito lui giocava a poker. Mi ha fatto provare, insegnandomi qualche regola base (ero totalmente profana) e mi è piaciuto.Mi sono appassionata ed ora eccomi qui».
Hai studiato per diventare professionista?
«Ho studiato, sì. Il poker Texas hold’em non è considerato un gioco d’azzardo, ma di abilità. E’ uno skill game. Certo, la componente fortuna nel breve periodo conta, ma bisogna studiare per migliorare il proprio gioco».
Come sei riuscita ad entrare in questo ambiente?
«Ho iniziato a giocare i tornei live nei casinò. Ce ne sono molti, tutto l’anno. Il circuito del poker live è enorme e sempre molto frequentato. Sono riuscita a mettermi in luce vincendo un torneo ladies e facendo subito nel successivo torneo un altro risultato (si chiama “bandierina”, quando si arriva a premio in un torneo).Già da prima, però, parlavo di poker in un modo un po’ particolare, diverso dal solito, che ha destato molto interesse anche e soprattutto nell’ambiente non pokeristico, portandomi a ricevere interviste, richieste di qualche mio scritto da pubblicare online e anche un’ospitata radiofonica con Maurizio Costanzo. Scrivevo pezzi e realizzavo vignette (cosa che faccio ancor di più adesso) sul poker visto da una bionda, un poker se vogliamo più ironico e meno “matematico”. Perché sono la prima che non si prende troppo sul serio e cerca di trovare il lato comico di tutte le cose, quindi anche del mestiere che fa. Mi avrà influenzata il teatro in questo, di sicuro. Perché ti insegna a mostrare i tuoi difetti e sfruttarli, invece di nasconderli e mascherarli, rifugiandosi in un’idea di perfezione che non ci appartiene, mai. Ironizzare sulle parti che di te non sono perfette ha il grande vantaggio di farle risultare sopportabili e apprezzabili anche agli altri, oltre che ad arginare le prese in giro esterne, dato che arriverebbero tardi».
Perché Micia?
«Per assonanza col mio nome, Michela.Una parte della mia famiglia ha origini umbre, lì “gatto” si dice “micio”. Quindi, per abbreviare, usavano “micia” per chiamarmi. Da qui il soprannome che mi accompagna ancora adesso».
Il poker secondo Michela-Micia.
«Innanzitutto non è solo uno sport, un gioco di carte, un lavoro. E’ un mondo intero di possibilità, ma solo se, come dicevo prima, non ci si prende troppo sul serio. Offre il divertimento del gioco, l’adrenalina che dona a ogni cosa l’influsso della fortuna, mille modi di essere letto e quindi altrettanti di essere raccontato. E io vorrei arrivare a raccontarlo in tutti quelli possibili».
Che player type sei e qual è la tua specialty.
«Sono una giocatrice piuttosto solida, che sta imparando le gioie dell’aggressività. Non essere passivi, nel poker, è fondamentale. La mia specialità è il No Limit Hold’em».
Quali sono le tre doti principali per giocare a poker?
«Autocontrollo, pazienza e coraggio».
Siamo nel 2012. D’accordo che viviamo in un paese non propriamente a favore delle donne, ma c’è ancora gente che crede all’equazione: bionda=completamente imbecille?
«Diciamo che, come hai appena giustamente specificato tu, non viviamo in un paese facile per le donne. Però mi piace esagerare e prendermi in giro, come ti raccontavo prima. Quindi portare all’estremo i luoghi comuni e renderli più ridicoli di quanto già non siano, sfruttarli per riderci su».
Curiosità: ma sei bionda naturale?
«Sì! Posso mostrarti delle foto di quando ero una bimba e avevo capelli dorati e boccoli alla Shirley Temple!»
Sei un membro del team pro Snai dal maggio 2011 e tenti di portare una ventata di tacchi e borsette al tavolo da gioco. Fantastico! Qual è la tua divisa di ordinanza? E quella per le grandi occasioni?
«La divisa del Team pro Snai è una camicia blu scuro, molto bella e sciancrata. Perfetta con una mini jeans e stivale oppure con uno skinny e stivale (si nota la mia particolare passione per questo tipo di scarpa?). Per le grandi occasioni, abito lungo e stretto e tacco altissimo».
Dallo stiletto al tacchetto del calciatore: quanto ti appassiona il calcio e per quale squadra tifi?
«Ti dico solo che, a Roma, ero abbonata allo stadio Olimpico. Curva sud, naturalmente.Tifosa romanista sfegatata da quando avevo sei anni, in barba a un padre juventino!»
Chi è l’autore delle divertenti vignette sul tuo blog?
«Sempre io. Con la supervisione e l’aiuto, in alcune occasioni, di mio marito, del quale apprezzo molto sia la vena comica che il gusto della composizione grafica. E di cui, quindi, mi fido. Poi l’ultima parola ce l’hanno i gatti, se fa ridere loro, allora ok».
Ma si vive di solo poker?
«Si vive molto di poker. E’ un mondo che assorbe davvero tante energie e che difficilmente ti permette di staccare completamente da esso. Avere una famiglia e degli amici che ti appoggiano è fondamentale, perché le conseguenze di fare una carriera del genere possono essere abbastanza difficili da accettare per chi ti sta accanto, soprattutto ai livelli alti. Se partecipi a tutti i tornei live che vengono proposti, ad esempio, praticamente non sei mai a casa. Comunque, oltre che di poker, a Milano ho imparato che si può vivere anche di aperitivi con gli amici».
E per ultima, la domandona finale: tra dieci anni, giocherai ancora?
«E’ quello che spero.Così come spero di poterne parlare ancora con le mie vignette o con i miei scritti. Oppure in qualsiasi modo avrò la possibilità di far conoscere la mia passione per il poker».
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