Al teatrino 59E59si va a colpo sicuro. Ci son sempre novità. Spesso convincenti. “The Fall to Earth” di Joel Drake Johnson ha tre eccellenti attori con dialoghi chiari, umanissimi, psicologicamente validi. Madre (Deborah Hedwall) e figlia (Jolie Curtsinger) entrano in una camera d’albergo dove c’è solo un letto matrimoniale.
Si vede subito una certa tensione perché la figlia non vuol dormire con la madre. Parlano del più e del meno ed i loro argomenti sono logici, umanissimi. Si scopre lentamente che sono lì per riconoscere il cadavere del figlio-fratello. Si scopre che è stato un suicidio dopo che alcuni lo hanno picchiato. Una simpatica poliziotta (Amelia Campbell) dà spiegazioni con umanità, cortesia e rispetto. Vengono teatralmente rivelati molti particolari nuovi. La madre ha maltrattato e cacciato di casa il figlio. La figlia si sente colpevole perché ha spesso insultato il suo sensibile, vulnerabile fratello. Altra famiglia non funzionante.
Le due simpatiche donne diventano negative. Sono colpevoli. C’è una strana scena in cui la poliziotta perde la pazienza perché la madre dice una cosa sbagliata. Accusa tutti gli uomini, incluso il marito della poliziotta, di essere maschilisti e condannabili. Bella scena di James J. Fenton (una camera da letto che diventa ufficio e torna ad essere camera da letto). Perfetta regia di Joe Brancato che termina con una nota positiva. Timida ammirazione per la foto di un nipotino amato.
Non sempre il linguaggio è logico. In “The Picture Box” di Cate Ryan (Theatre Row, 410 West 42nd Street) c’è un personaggio bianco, odioso, che insulta, senza una plausibile ragione, il mondo degli afro-americani. Vero odio che, forse, a volte, viene espresso in famiglia, fra amici, ma mai in pubblico. Comincia bene. Carrie (Jennifer Van Dyck) è amorevole con l’anziano Mackie (Arthur French) e sua moglie Josephine (Elain Graham). E’ la coppia di afro-americani che l’ha allevata e protetta. Ora Carrie deve vendere la sua casa. Arriva la coppia bianca che vuol comprare.
La moglie Karen (Marisa Redanty) è decente e cerca di correggere e calmare la virulenza e l’odio di suo marito Bob (Malachy) contro i neri. Forse, in qualche angolo nascosto, parlano così del loro odio ma mai in pubblico. Mai di fronte all’anziano, dolce Arthur French che tutti vorrebbero stimare e rispettare. Alcuni scrittori non sanno contenere il loro dialogo. Immaginano odio e lo usano in pubblico. E’ un errore. Bisogna sapere che di fronte agli altri gli individui sanno essere diplomatici, umanamente logici.
Passiamo ora a una terza commedia, una che ha problemi differenti. “Close Up Space” di Molly Smith Metzler (MTC, 131 West 55th Street). L’autrice deve essere giovane ed è caduta nella trappola di una forzata avanguardia.
Vuole essere nuova ed audace a tutti i costi. Inizia bene. Il simpatico David Hyde Pierce è logico e chiaro quando corregge gli errori degli altri. E’ un buon editore. Diverte in una elegante scena di Todd Rosenthal. E’ nella stanza a sinistra, il suo studio, dove assume, con riluttanza, la segretaria (la dolce, calma Jessica Di Giovan ni). I guai cominciano nella stanza a destra, dove c’è una tenda. Per ragioni inspiegabili ci vive il suo collaboratore Steve (il divertente, comico Michael Chernus). Non corre buon sangue fra l’editore Paul e questo suo strano segretario. Paul minaccia di cacciarlo da tale tenda, buttando poi via la chiave.
Arriva l’uragano Vanessa (la nervosa Rosie Perez). E’ un’esigente scrittrice che vien pubblicata da Paul ma non vuole correzioni. E’ perfetta. Non ha bisogno di editori. E’ esigente e arrogante. Tratta male Bailey, la dolce, umile, J. DiGiovanni, insulta Paul e si calma un po’ solo quando appare il comico, goffo, simpatico Steve.
E’ l’unico personaggio che riesce a creare compromessi. Forse quella è l’unica ragione per cui la sua tenda viene tollerata in una stanza elegante. Ma il peggio non è ancora arrivato. All’inizio un paio di lettere avevano avvertito che Paul aveva una figlia ribelle e folle che doveva essere espulsa dall’università. L’ultima sua impresa era stata di andar nuda sulla torre. L’avevamo dimenticata, distratti dalla tenda, dal comico Steve e dall’arrogante Vanessa. Arriva improvvisamente Harper (Colby Minifie). Urla ed inveisce per molti minuti in russo, solo in russo.
Non pensiamo che possa essere la figlia perché la figlia parlerebbe e lo accuserebbe in inglese. Quando smette le sue lodi per il mondo russo e la città di Leningrado, capiamo che la commedia è la solita incomprensione fra padre e figlia. Sembra che Paul abbia spinto al suicidio sua moglie ed abbia ora una relazione con la folle scrittrice. Alla fine, sembra che Harper abbia rubato tutto dall’ufficio e Paul si rinchiude nella tenda. Cade su di lui la neve russa. Avanguardia che non convince.