A sinistra una scena di "Passione" di john Tuturro
Dopo aver provocato e stuzzicato studiosi ed esperti della cultura italiana l’anno passato, quest’anno il tema ha l’aria di essere ancora una volta tanto provocatorio quanto originale. Dopo la conferenza di due anni fa “For A Dangerous Pedagogy: A Manifesto for Italian and Italian American Studies” – ora Pellegrino D’Acierno insieme a Stanislao Pugliese, entrambi professori e studiosi di cultura, storia e letteratura italiana presso la Hofstra University, hanno scelto un tema che richiama studiosi, esperti o semplicemente appassionati di cultura italiana e, in questo caso partenopea.
Un symposium per una serie di incontri in cui discutere, confrontarsi, dibattere e provocare, “Delirious Naples, for a cultural, intellectual and urban history of the city of the sun”, ha l’aria di essere un grande contenitore dove si discuterà di tutto: dalla musica alla letteratura, all’arte, passando per il cibo.
Quattro giorni (dal 15 al 19 novembre con una serie di location dalla Hofstra University a Long Island alla Casa Italiana Zerilli-Marimò) per discutere di Napoli a 360 gradi, senza però, assicura Pellegrino D’Acierno, scivolare nei soliti stereotipi.
Dopo il Manifesto sugli studi italiani, ora il tema scelto è Napoli e la cultura partenopea.
Come mai avete pensato di dedicare una conferenza a questo tema?
«Perché Napoli e la sua cultura? Perché non chiederlo al Vesuvio o alla sibilla Cumana? Loro ti daranno la loro risposta misteriosa che racchiude l’enigmatica natura di Napoli. Oppure chiedilo a Goethe, Nietzsche e Walter Benjamin, tutti innamorati della Napoli delirante. O semplicemente chiedilo a Pulcinella, Totò o a qualsiasi napoletano che cammina per strada che con il suo linguaggio del corpo, i suoi gesti, racchiude l’essenza di quella che è Napoli.
L’aggettivo usato nel titolo della conferenza “Napoli delirante” non vuole altro che sintetizzare le molteplici sfaccettature che questa città offre, la sua energia, la sua storia, la sua cultura e il suo passato ricco. La scelta è stata anche dettata dal fatto che la nostra ultima conferenza ha aperto numerose chiavi di lettura sulla cultura italiana di cui Napoli ne rappresenta una grossa fetta.
Vogliamo conoscere e far conoscere una Napoli cha ha una forte cultura urbana e una grande storia alle spalle. Napoli è lo specchio dell’Italia, capitale del caos, centro di energia, cosmopolita e caotica».
Parlando di Napoli, non si rischia di scivolare facilmente nei soliti luoghi comuni?
«L’obiettivo della conferenza è proprio quello di abbattere tutti gli stereotipi che di solito si accostano alla città. Due degli stereotipi che resistono di più nel tempo: “Vedi Napoli e poi muori”, “il paradiso abitato da diavoli”, sono anche i titoli di due incontri che abbiamo voluto dedicare alla conferenza. Ci saranno nuove riflessioni e spunti tratti dall’ultimo film di John Turturro “Passione” e il film di Matteo Garrone “Gomorra”. Una lente di ingrandimento su Napoli dal 1799 ai giorni nostri, passando per la “primavera” di Bassolino».
A sinistra il poster della mostra B. Amore
Più volte si è parlato dell’accostamento tra Napoli e New York. In che modo le due città si sovrappongono e si contrappongono?
«Questo è uno dei temi principali della conferenza. A tal proposito, l’artista italo-americana, di origine napoletana B. Amore ha preparato un’installazione Naples-New York, che traccia l’influenza della cultura napoletana su New York. Una sorta di ponte tra le due città.
Sia Napoli e New York condividono la stessa origine etimologica del nome (Neapolis, nuova città, New York), entrambe città piene di contraddizioni, città stravaganti, di migrazioni di massa. Ma soprattutto città che si possono conoscere senza necessariamente recarsi nei luoghi fisicamente, perché esistono nel nostro immaginario da sempre».
Che cosa oggi bisogna fare per rivalutare la cultura di Napoli e la sua storia?
«Bisogna evitare di spettacolizzare i problemi della criminalità, spazzatura. Rivalutare la cultura che ha fatto di Napoli una grande città e soprattutto cogliere il senso del delirio e della stravaganza».
Un ricordo che la lega alla città.
«Durante il mio ultimo viaggio-studio, mi sono trovato a chiacchierare con una coppia in un ristorante chic della città. La discussione, è diventata filosofica e cosmica.
Per finire, loro mi hanno invitato nel loro appartamento dove sono rimasto per tre settimane, fino alla fine dei miei studi. Ecco, questa ospitalità, calore, che non trovi da nessuna parte, la puoi trovare a Napoli. Questo rende la città unica».