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April 3, 2011
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April 3, 2011
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Calabria mia, io ti sveleró

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 7 mins read

Nella foto Lucia Grillo 

"Due milioni di dollari. Questo il budget del film, che si intitolerà ‘Na calma tigrata’. Cercherò di coinvolgere tutti coloro che vorranno partecipare. Sono sicura, ce la faremo."

Lucia Grillo, attrice-regista-sceneggiatrice nata e cresciuta a New York da genitori calabresi, parla un italiano rinforzato dall’accento calabrese. L’incontriamo in un caffé nei pressi di Union Square, ci deve parlare di un film che ha finito di scrivere dopo ricerche durate per anni. Mentre racconta, quella sua cadenza antica trasmette una carica artistica inquieta e moderna, di chi ha maturato a lungo dentro una storia, che non può più frenare, non può più essere domata, ma deve liberare e trasmettere al mondo tramite l’arte del cinema.

Possiamo immaginare cosa punta a realizzare Lucia Grillo, giovane donna di un’abbagliante bellezza mediterranea, laureata alla prestigiosa Tisch School of the Arts della New York University, con esperienze d’attrice in film con registi dal calibro di Spike Lee e che ha anche diretto dei corti pluripremiati. Lucia vuole spogliare la Calabria dei suoi misteri rivelandocela attraverso l’amore e il dolore che, fin dall’infanzia, ha nutrito per quella terra.

"Per poter cominciare il film,  un lungometraggio, ho appena lanciato questa campagna di raccolta fondi che chiede l’aiuto anche della comunità di lettori di America Oggi. È partita da pochi giorni e si chiude a fine giugno. Anche così ho realizzato i precedenti miei corti in Calabria, con l’aiuto della comunità. Non solo calabrese, e non solo italoamericana. Alla gente quando vede un film piace soprattutto vedere racconti umani, di come vivono altre culture in terre diverse dalle loro".

 

A Tigered Calm (‘Na calma tigrata) è un lungometraggio che racconta di Caterina, "Cat", un’assistente sociale newyorkese di origine calabrese che arriva in Calabria per lavorare ad un centro di riabilitazione per i giovani. Lì, Cat lavora con Manuele, un diciasettenne ai domiciliari per spaccio e per associazione mafiosa. Cat prende Manu sotto le proprie ali, gli fa vedere una vita alternativa a quella criminale, e comincia ad avere un’impatto. Cat nel frattempo si riunisce con Cesare, colui che ha amato sin dall’adolescenza, il quale ora è il capo della ‘ndrangheta locale. Quello che Cat non sa è che Manu lavora per Cesare…

 

Il film si girerà tra la Calabria e New York, in italiano, dialetto calabrese e inglese, con sottotitoli.

 

 Questa storia l’hai scritta tutta tu. L’hai inventata o si ispira a fatti veri?

"Un po’ tutti e due. Andavo in Calabria fin da piccola. Tornando cominciavo a capire sempre di più, intuivo che c’era qualcosa che non andava. Nei rapporti tra le persone c’era qualcosa di strano, che non capivo.  Da adulta volevo risolvere questi misteri. Ma ogni volta che tornavo in Calabria diventava tutto più enigmatico. Poi pensavo: ma una come me, che ha avuto una certa educazione a New York, che ha frequentato certe università e che si sente così indipendente, di idée piuttosto radicali,  ecco se una come me andasse in una terra come la Calabria, che amo tanto certo, ma potrebbe mai riuscire a viverci? Questo mi chiedevo. E sapevo già la risposta. Una come me non sarebbe riuscita a viverci senza cercare di vederci chiaro, di approfondire, di capire. E così questo film l’ho scritto in un modo molto personale, e cioè cercando di capire dentro la Calabria e i calabresi. Un po’ come Therese Raquin, nel romanzo di Emile Zola, in cui lo scrittore scrive di due persone che non dovevano essere insieme e che invece si incontrano e su cosa gli succederebbe…"

 

Cioè hai immaginato cosa sarebbe successo a te che andavi a vivere in Calabria se…

"Infatti, immaginavo di chi mi potrei innamorare? Chi sarebbe stato come nel romanzo di Zola?"

 

Hai scelto proprio il personaggio per questo più distante da quello in cui credi. La protagonista Cat  è innamorata di un mafioso, uno dei capi dell’ndrangheta…

"Sì tutto l’opposto. Io che passo molto del mio tempo a lavorare a cercare di cambiare le cose nel mondo, che frequento gli ambienti americani dell’estrema sinistra e vado alle loro manifestazioni, ecco che il mio opposto di cui mi innamoro è un violento, che non ha nessun rispetto né per la propria terra né per le persone che dice di amare. La moglie, i figli, gli amici, e non sappiamo neanche se lui ami veramente questa donna, cioè Cat… Io in realtà volevo scoprire la Calabria tramite il cinema. Non potevo fare altro, non potevo tornare per raccogliere le olive, mia nonna mi avrebbe bastonato…"

Ride Lucia, mentre continua a raccontare mischiando la fiction con la vita.

 

"Sì, una volta avevo detto proprio così a mia nonna, che volevo rimanere lì in Calabria con lei a lavorare in campagna, ai raccolti… E lei mi ha sgridato: ma che fai, tornate a casa! Sei andata all’università, questo non è il posto per te! Mi gridava mia nonna, vattinda, vattinda…".

 

"La motivazione principale per scrivere questa storia è che volevo anche scoprire me stessa, da dove vengo. Io sono di prima generazione. Volevo scoprire anche la Calabria di oggi. Ma provando a sfogliare i giornali, leggevo soltanto dei giovani che si ammazzavano, diciassettene spara in faccia a diciottenne etc E mi mettevo la testa tra le mani e piangevo. Non capivo come un posto che io amavo tanto potesse essere anche così. Dicono che i figli degli emigrati hanno dentro una nostalgia, e io me la portavo dentro. Ma volevo capire che cosa fosse veramente il posto da dove venivano i miei, e di questo scrivevo. Che i giovani si ammazzavano a vicenda. Ho scritto gran parte di questo, facendo molta ricerca, parlando con la gente, con i magistrati e con chi ha scritto libri sull’‘ndrangheta. E poi mi hanno detto anche di parlare e di conoscere quei giovani che invece provavano a ribellarsi, e che nel loro piccolo iniziavano a lavorare contro tutto questo. Per me è stato un modo per rimanere a stretto contatto con le miei origini."

 

Non temi che un film girato tra la Calabria e New York, con l’ndrangheta protagonista, sia qualificato come l’ennesimo stereotipo: si gira un film in Calabria? Allora ci deve essere per forza la mafia…

"No, non credo. Anche perché la protagonista è un personaggio forte ed è anche un prodotto della Calabria. Anche se non ci è nata, la porta con se, i suoi l’hanno cresciuta in America ma secondo certi valori, tradizioni, persino parlando la lingua calabrese. E poi nel film non c’è soltanto lei, ma tutti quei giovani che si ribellano, tutti quelli che rimangono, che ho conosciuto: gli scienziati, i professori, gli attori, gli avvocati…"

 

Quindi nel film ci sono i giovani calabresi che si ribellano all’‘ndrangheta e Cat, la protagonista, lavora con loro.

"Sì, e lei cerca di far vedere a questo ragazzo, a Manuele, o meglio Manu, che c’è una alternativa. Lo porta nelle terre che lo stato ha confiscato ai mafiosi, dove lì ci lavorano adesso i giovani che lottano contro l’ndrangheta. E gli fa vedere un’alternativa di vita. Ma Manu, naturalmente, è ancora diviso tra i due mondi"

I suoi occhi, per tutta l’intervista, rilanciavano sguardi colmi di fierezza per una terra che ama da morire. E questo film, lo abbiamo capito, lo farà a tutti costi. A trascinarla è forse quell’incoscienza d’artista, che può arrivare dove altri non oserebbero mai. Lucia ora aspetta anche la risposta dei lettori, e non solo calabresi, che vorranno partecipare e condividere con lei quel sogno americano da realizzare in Calabria.

 

Lucia, come dovrebbero aiutarti i lettori?

"Chiunque può contribuire, anche con soli 5 dollari, Ma potrebbero esserci anche delle associazioni interessate ad una sponsorizzazione, Se qualcuno ha un’organizzazione interessata ad organizzare un’evento, avrà in cambio il nome della sua organizzazione nei titoli del film. Le organizzazioni devono raccogliere  almeno 25mila dollari. Per contattarci, basta scrivere  all’indirizzo email  moc.liamgobfsctd-32bfbe@mlacderegita

 Tutti gli interessati per essere coinvolti da investitori sul fronte della produzione esecutiva si possano rivolgere per email sempre a moc.liamgobfsctd-863f6e@mlacderegita

 Il miglior modo di sostenerci è di fare delle donazioni direttamente suwww.indiegogo.com/A-Tigered-Calm

 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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