Per l’edizione 2023, il premio speciale Città di Marineo – assegnato ogni anno ad una personalità di notevole prestigio culturale – è stato conferito al musicista siciliano Marcello Pellitteri. La cerimonia di consegna è avvenuta domenica 3 settembre.
Palermitano, uno dei più apprezzati batteristi e jazzmen su scala internazionale, il maestro Pellitteri vive negli Stati Uniti da oltre quarant’anni. Si stabilì a New York City nel 1991, dopo aver trascorso dieci anni a Boston, luogo della sua ascesa e dove tuttora lavora da pendolare. Il premio è il riconoscimento più alto per uno che è diventato […] “ambasciatore della cultura italiana, realizzando il sogno della sua vita in terra d’America”, riporta la ragione dell’assegnazione. Già insignito di medaglie importanti – ‘Premio una vita per il jazz’ e ‘Premio Enzo Randisi” – nella musica Pellitteri si è affermato su più livelli: una fortunata carriera accademica presso la Berklee College of Music di Boston, istituzione tra le più prestigiose al mondo, è stata il trampolino per una vita da big. Iscrittosi dapprima come studente, cinque anni dopo -nel 1986- passa in cattedra da docente. Al telefono, il maestro Pellitteri ci ha confidato quanto New York City lo terrorizzasse e come da trentasette anni si impegna perché i suoi allievi si concentrino unicamente sull’essenza delle proprie passioni. “Gli dico che scendere a compressi per il successo non potrebbe coincidere con quello che hanno dentro. Che siano sinceri prima di tutto con se stessi”.
Maestro, il premio Marineo è stato già di Alda Merini, Lando Buzzanca, Carla Fracci e molti altri personaggi di rilievo della cultura italiana. Per lei cosa rappresenta questo traguardo?
“So di aver ricevuto un forte stimolo, perché possa fare sempre meglio e sono particolarmente felice perché il mio impegno nella musica, dettato unicamente dalla passione, sia stato riconosciuto”. Scopriamo che Marineo è stata la prima piazza dove Pellitteri si è esibito da giovanissimo. “Un cerchio che in un certo senso si chiude. Una suggestione unica”. Ci ha rivelato.
Noto per le sue composizioni e per le sue esibizioni con i grandi del jazz, New York era un luogo di cui aveva timore.
“Tutti i big, i miei miti erano a New York. L’immagine di me stesso ai piedi di questi giganti mi metteva soggezione. Preferivo che rimanesse tutto un sogno”.
Poi diventa appieno parte attiva della scena jazz della città.
“Sono stato letteralmente travolto. Stimoli continui, luoghi fuori dalla realtà. Nonostante molti club della mia formazione non ci siano più, da Fat Tuesday a Bradley’s, da Village Gate al 55 Bar, New York continua ad essere un viaggio stimolante”.
Perché ha scelto la batteria?
“Non so se sia stato io a scegliere lei o viceversa. A casa accompagnavo la musica alla radio, che era sempre accesa, battendo i cucchiai di legno sui fustini del detersivo, all’epoca dei cilindri. Poi, mi regalarono una batteria di carta e plastica. Avrò avuto sei anni. La distrussi battendo le note dei miei primi 45 giri, Rick Roberts e “Strawberry Fields Forever” dei Beatles. La batteria professionale, una scintillante Hollywood Meazzi, che uso tuttora, arrivò per la prima comunione”.
Maestro Pellitteri, la musica cos’è.
La musica ci permette di gioire nei momenti di divertimento e ci sorregge nella tristezza. Quante culture accompagnano le veglie funebri con la musica ad esempio, vedi New Orleans o la Giamaica. La musica è il sottofondo al quotidiano. È lì, c’è sempre”.