Sono oltre cinquant’anni che continua a fare musica, ma Zucchero, quella voglia di salire sul palco e cantare, non l’ha ancora persa. È una star italiana e internazionale. Gli adulti impazziscono per lui, ma anche i giovani conoscono le sue canzoni.
Un artista che si muove tra le generazioni e che ha accompagnato, con dischi e colonne sonore (indimenticabile quella di Spirit – Cavallo selvaggio) la crescita di molti di coloro che oggi lo vedono suonare dal vivo.
Il 9 settembre sbarcherà negli Stati Uniti, per una tournée che inizierà ad Atlantic City nella splendida cornice dell’Hard Rock Cafe e che continuerà fino al 2 ottobre viaggiando per tutto il Nord America, tra East Coast, West Coast e Canada.
Il 10 settembre è atteso a New York, in un Beacon Theatre (2124 Broadway) in cui si prevede il tutto esaurito.
Zucchero, a settembre inizia un tour negli Usa: qui i fan la adorano. Cosa piace della sua musica negli Stati Uniti?
“Visitai gli Stati Uniti per la prima volta nel 1983, quando registrai il mio primo album in studio Un po’ di Zucchero. Viaggiai verso San Francisco e lì incontrai per la prima volta Randy Jackson, che poi divenne membro della mia nuova band nel 1985. Da allora ho lavorato molto spesso in America, registrando musica e collaborando con artisti americani. Ho sempre amato la musica americana, in particolare il Blues”.

Di duetti e collaborazioni, nella sua carriera, se ne trovano di ogni tipo. Sting, Iggy Pop, Bono, Ray Charles e tanti altri. Ce n’è uno che le è rimasto nel cuore e uno di cui invece si è pentito?
“Ho amato lavorare a tutte le mie collaborazioni e non sono pentito di nessuna. Ho collaborato con tanti artisti, come quelli che ha menzionato e altri del calibro di Andrea Bocelli, Bryan May, Jeff Beck, Eric Clapton, Miles Davis, Sheryl Crow. Quello che rimarrà per sempre nel mio cuore è il grande Luciano Pavarotti. È stato un onore immenso lavorare e condividere il palco con uno dei più grandi. Sono stato un privilegiato”.
Lei nasce a Reggio Emilia e da lì conquista il mondo. Da piccolo era uno di quei bambini ambiziosi che credevano di poter diventare una star internazionale, o mai si sarebbe aspettato di raggiungere il successo che ha avuto?
“Vengo da Roncocesi, una frazione del comune di Reggio Emilia. Non penso di essere stato un bambino ambizioso, ma ho sempre amato la musica. Formai il mio primo gruppo R&B nei primi anni ’70 e dopo la musica ha cominciato a scorrere. Nel 1981 vinsi il Festival di Castrocaro e, come dicono, il resto è storia”.
Canzoni in inglese, nel suo repertorio, si trovano da sempre. Che energia le danno gli Stati Uniti? Esistono differenze tra i vari tipi di pubblico che ha incontrato negli stati Usa dove si è esibito?
“Prevalentemente canto in italiano, ma alcune canzoni le eseguo in inglese. Ho sempre amato il Blues e gli Stati Uniti sono la casa del Blues, lì sento una forte connessione. Il pubblico americano mi ha sempre trattato benevolmente, non posso dire che le platee siano diverse, ma loro sono tutti amanti della musica”.
Joe Cocker è stato per lei un grande amico e una figura di riferimento. Gli ha dedicato anche una canzone, “Nuovo, meraviglioso amico”. Porta ancora qualcosa di lui nella sua musica e nei suoi concerti?
“Io e Joe siamo stati in tour con Miles Davis alla fine degli anni ’80 ed è stata un’esperienza meravigliosa. Joe era un vero amico e darò sempre valore alla sua amicizia”.

Qual è l’aspetto più difficile o delicato nell’organizzare e poi realizzare un tour negli Usa come quello che sta per iniziare e che durerà fino al 2 ottobre?
“Ci sono molte cose in più di quello che sa la gente nell’organizzazione di un tour e nel viaggiare. Ciò comporta un grande lavoro nei mesi o negli anni precedenti, ma ho un gruppo importante di persone attorno a me che organizza tutto. Io devo solo esibirmi! (Ride)… Sto scherzando, ovviamente mi dedico molto alla strutturazione del palco, ai musicisti. Adoro andare in tour, non esiste niente di simile”.
Immagini di salire su un palco, magari proprio quello del Beacon Theatre di New York dove si esibirà il 10 settembre, ed essere costretto a scegliere un solo brano da poter suonare. Un solo titolo con il quale fare esplodere il pubblico. Quale sarebbe?
“È davvero una scelta difficile da prendere, probabilmente opterei per Baila, una canzone ritmata che le folle adorano e che amo anche io”.
Mio padre ha da sempre amato le sue canzoni e io sono cresciuto con loro nei tanti viaggi fatti in macchina. C’è qualcosa che oggi vorrebbe dire ai giovani, con la sua musica o lontano dal palcoscenico?
“Amo la musica e quello che vorrei dire ai giovani è questo: spero che anche voi amiate la musica. Può evocare memorie, o persino cambiare le vite. Io penso che sia quello che hai raccontato nella domanda, tu hai ricordi di canzoni che hai ascoltato con tuo padre mentre guidava la sua macchina. Questo è ciò che fa la musica, può riportare alla luce brutte memorie o ricordi felici. Spesso le persone mi dicono che una mia particolare canzone è stata molto importante per loro perché l’hanno ascoltata insieme alla moglie o al marito”