Il suo nuovo, Neon Brown, uscito per la storica label 4AD, è arrivato a fine agosto e in tanti si sbilanciano già da ora nel definirla una delle uscite più interessanti dell’anno.
Mica male per un ragazzo cresciuto ad Andover, piccolo centro di soli bianchi della middle class del Minnesota, adottato all’età di cinque anni da una famiglia molto religiosa che non risparmia a Jeremy Nutzman una rigida educazione secondo i severi dettami della dottrina evangelica. Così anche l’idea di far iscrivere il giovanissimo Jeremy a lezioni di piano e composizione ha i suoi contro perché in casa è vietata qualsiasi genere musicale contemporaneo che possa nascondere messaggi negativi e avversi alla tradizione familiare. Così, come in molte storie di questa rubrica fatte di incontri accidentali e di scoperte fortuite, sarà il rinvenimento di uno scatola abbandonata in un cortile piena di compact disc a illuminare il cammino musicale di Jeremy. Tra gli album ingenerosamente abbandonati nel vicinato come dei vecchi abiti da smaltire figurano, tra gli altri, i Soundgarden, una serie di improbabili dischi funk e soprattutto alcuni dei classici dei leggendari guru R&B Blackstreet. Da qui parte un’estenuante e, a tutti gli effetti sotterranea, scoperta di perle che mai avrebbe potuto acquistare o ascoltare a tutto volume in casa. Ma presto questo tesoro nascosto sarà scoperto finendo tra le ire dei genitori nuovamente in uno scatolone da mandare al macero.
Per qualche anno Jeremy continuerà a suonare solo musica classica e dovrà aspettare gli anni del college per liberarsi dall’oscurantismo della sua famiglia adottiva. Costretto a frequentare un istituto cristiano, la Northwestern University di St. Paul, almeno lì riuscirà a costruirsi un piccolo circuito di appassionati musicali. Dall’incontro con Hunter Morley verrà fuori uno sgangherato ma ambizioso progetto, i Pony Bwoy, dai risvolti psichedelici e sperimentali non solo da un punto di vista strettamente compositivo, ma soprattutto dal punto di vista dello sballo come fonte di ispirazione musicale. Due album all’attivo e un piccolo seguito underground mettono in luce le qualità di artista e performer di Jeremy che, dopo aver abbandonato gli studi, decide di diventare un musicista a tempo pieno, con tutti i rischi del caso.
Dalla sua non può dire di non avere il physique du role con quell’aria da veterano navigato del funk, un po’ Prince, un po’ Twin Shadow e ciò lo aiuta certamente a farsi notare nelle prime esibizioni da solista. Il nome, dal fascino retro molto “milano da bere”, deriva da un cocktail, un Velvet Negroni che sarebbe una sorta di neuroni rivisitato, pagato 30 dollari in un bar di Austin. Più del costo è quel sapore ambivalente un po’ bitter, un po’ vellutato del drink a restare impresso nell’immaginario di Jeremy e a convincerlo a scegliere Velvet Negroni come nome d’arte.
Da quel momento in poi la sua carriera decolla a una velocità improvvisa. Nel 2017 pubblica T.C.O.D. (The Climb Of Decline) che chiude un periodo di eccessi e mette in vena la sua incredibile vena di autore R&B psichedelico, tra ballad eteree e un gusto funk affine a Blood Orange ed altri progetti analoghi. Ma la svolta arriva proprio grazie a questo disco. Justin Vernon (Bon Iver) se ne innamora e lo convoca per alcune date di supporto. Un anno dopo mette su il brano Waves nel corso del mistico writing camp organizzato in Wyoming dal suo fan più illustre, Kanye West che ne rimane rapito tanto da usarla come intro del brano Feel the Love, inclusa in Kids See Ghosts, il progetto collaborativo di Kanye e Kid Cudi.
Da quel momento in poi Velvet Negroni diventa un nome hype e lo stesso Justin Vernon decide di ospitare Jeremy come seconda voce in due delle tracce del nuovo album i,i , iMi e Sh’Diah.
Il resto è storia più o meno nota con i Tame Impala che a loro volta prenotano Velvet Negroni come supporto al Madison Square Garden di New York e con la firma su 4AD.
Neon Brown non delude le altissime aspettative: quello di Jeremy Nutzman è un R&B di classe, a volte ostico, psichedelico e visionario, ricco di contaminazioni africane, bass, dub, dalle tinte notturne, spettrali, aliene. Stupisce il suo minimalismo che anche nei momenti più orecchiabili non sfocia mai nel manierismo funk tipico di molti esponenti del genere.
Kurt Cobain, Wine Green, Confetti suonano già come quelle tracce che resisteranno al corso delle stagioni e degli anni, come il Negroni.
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