È stato ritrovato il clavicembalo appartenuto a Gioacchino Rossini, e di cui non si sapeva più nulla dal 1904. Lo strumento si trovava in una collezione privata americana ed è stato rintracciato da Matteo Messori, clavicembalista e direttore bolognese, insieme ad Anna Katarzyna Zareba, studiosa polacca. Negli anni dell’adolescenza e della formazione, tra il 1802 e il 1804, Rossini ha vissuto a Lugo di Romagna, città natale del padre, dove ha studiato clavicembalo con l’insegnante Giuseppe Malerbi. Figlio di Giuseppe, detto il Vivazza, soprano e suonatore di tromba nelle piccole orchestre locali e di Anna Guidarini, cantante molto apprezzata, Gioacchino Rossini nasce a Pesaro il 29 febbraio del 1792. Si avvicina alla musica sin dalla tenera età, studiando inizialmente Clavicembalo e canto a Lugo, successivamente impara a suonare la Viola. Si iscrive al Liceo musicale di Bologna e studia Pianoforte, Violoncello e Contrappunto, dedicandosi sin da giovanissimo alla composizione di opere inedite.
La musica di Rossini è impregnata di fantasia surreale che si bilancia perfettamente con una struttura compositiva armoniosa in grado di sorprendere sempre il pubblico ad ogni esibizione. Nella sua ultima lettera risalente al 18 ottobre 1868, e inviata al suo amico Luigi Grisostomo Ferrucci, Rossini scriveva in merito al Clavicembalo queste parole: “Niuna cosa potea essermi più gradita che il parlarmi del clavicembalo o spinetta esistente ognora presso il tuo cugino Malerbi. Saprai che nella mia adolescenza mi esercitavo quotidianamente su quel barbaro istrumento!”. Il 13 novembre 1868, Rossini muore a Passy. Il Comune di Lugo di Romagna tenta in tutti i modi i acquistare la preziosa reliquia ma l’impresa non si riesce a concludere. Nel 1876, il clavicembalo arriva in Toscana quando la salma di Rossini viene collocata a Firenze. Una via crucis dalle stazioni indefinite, incerte e talvolta ombrose; dalla caduta iniziale che non ha portato alla collocazione della reliquia all’interno della casa del padre di Rossini, alle strane vicissitudini che hanno portato l’oggetto ad apparire e scomparire di città in città.
Nel 1888 magicamente spunta a Bologna in occasione dell’Esposizione Internazionale, poi svanisce nel nulla e rispunta a St. Louis (USA) nel 1904, per l’Esposizione musicale tenutasi alla Saint Lous Universal Exibition. Uno strumento che è passato di mano in mano, forse rivenduto tra strade di New York in una sera del 1909 prima, e nel 1938 una seconda volta. Negli anni Settanta, invece, il clavicembalo si trovava nella penisola canadese di Québec, per poi passare in mano agli attuali proprietari. Quali risposte può darci oggi il clavicembalo di Rossini? Tale scoperta può mettere in discussione il Rinascimento rossiniano? Quali segreti del Maestro può svelarci ancora oggi il clavicembalo ma soprattutto, quell’oggetto perduto nel tempo e nello spazio per tanti anni può essere la chiave di volta per una storia ancora tutta da scrivere? Ne abbiamo parlato con Mario Mariani, musicista professionista pesarese, che nel corso della sua carriera è riuscito a distinguersi nel panorama nazionale e internazionale con uno stile unico nel suo genere, conquistando il suo pubblico con tecniche estese al pianoforte e quell’imprevedibilità che ha letteralmente preso di petto il pubblico dei migliori palcoscenici nel mondo, proprio come fece Rossini. In occasione del 150ennale della scomparsa di Rossini (1868-2018), Mariani ha pubblicato il disco ‘The Rossini Variations’, contenente nove tra i più importanti Overture del Maestro pesarese, rivisitate e personalizzate in uno stile unico con l’introduzione di citazioni sonore che fanno da collante tra il mondo contemporaneo e le sonorità rinascimentali.
È stato ritrovato il Clavicembalo di Rossini. Cosa rappresenta questa scoperta per i “Rossiniani”? Se così possiamo definire i seguaci di Rossini…
“Sicuramente una curiosità prima di tutto “emozionale”, immaginandosi il piccolo Gioachino, anche lui enfant prodige come Mozart, cimentarsi nella divina arte musicale dando ascolto alla sua Musa, che lo ricompenserà con uno straordinario dono di inventività musicale e di prosperità compositiva negli anni a venire. Secondo gli storici questo fu il clavicembalo che Rossini suonò durante il suo periodo formativo a Lugo di Romagna, dal 1802 al 1804, quindi dai 10 ai 12 anni! Lui stesso alla fine della sua vita ancora lo ricorderà con nostalgico affetto affermando “Niuna cosa potea essermi più gradita che il parlarmi del gravicembalo o spinetta esistente ognora presso il tuo cugino Malerbi. Saprai che nella mia adolescenza mi esercitavo quotidianamente su quel barbaro istrumento!” “Barbaro istrumento” perché probabilmente in lui erano già presenti le nuove sonorità che il suo genio avrebbe partorito di lì a poco, rivoluzionando non poco il mondo dell’opera, facendo tesoro della lezione di Mozart e andando incontro, un po’ per sua natura, un po’ per convenienza ad un pubblico che non aspettava altro quella che sarebbe diventata la prima “rockstar” della storia”.
Come hai reagito quando hai appreso la notizia?
“Beh, ne sono stato sorpreso, anche perché frequentando molto la musica di Gioachino Rossini in questo periodo ho sviluppato una sorta di vicinanza empatica al mio illustre concittadino, essendo anch’io di Pesaro. Pensando al Rossini bambino, alla sua voglia, alla voracità di assimilare e di vivere la musica e il suo “barbaro istrumento” mi sono spesso chiesto se Rossini fosse anche un improvvisatore, vista la velocità con la quale il suo pensiero fluiva direttamente in partitura e anche se non ci sono chiare evidenze da parte dei critici e storici dell’epoca, tutto lascia pensare che lo fosse. L’improvvisazione, almeno per come la intendo io è una sorta di composizione istantanea e la composizione è una sorta di improvvisazione rallentata, con la possibilità del tasto “undo”, per intenderci…”.
Quanto è importante dal punto di vista storico quella prima fase adolescenziale della formazione di Rossini? Quanto hanno influiti nel suo percorso classico gli studi sul clavicembalo?
“È molto importante essendo già da giovanissimo catapultato sul palco, assieme alla madre Anna, cantante per diletto ad eseguire arie da lui stesso composte. La sua voce bianca dal tono angelico era molto richiesta tanto che gli proposero una certa “operazione” per continuare a garantire tale timbro anche dopo la pubertà. Fortunatamente la madre si oppose e così Rossini mantenne intatta la propria virilità che non tardò, soprattutto negli anni del successo, a manifestare nelle tante avventure amorose con il gentil sesso. Il suo percorso di studio è molto breve e intenso. Già dopo i 12 anni Gioachino componeva con velocità arie e sonate da camera e la sua prima opera, Demetrio e Polibio, risale all’età di 14 anni! E da lì a breve la sua carriera decollò vertiginosamente”.
Il clavicembalo ha fatto un percorso tortuoso prima di essere stato ritrovato, proprio come le sue overture. Credi che dal punto di vista compositivo ci possano essere ancora delle opere che non sono venute alla luce?
“Opere complete direi proprio di no, ma arie o versioni alternative, sicuramente. La Fondazione Rossini di Pesaro ha fatto negli anni un lavoro esemplare di edizione critiche e il Rossini Opera Festival ha ospitato tutte queste “prime ritrovate”, con il merito di aver allargato enormemente il repertorio rossiniano, prima circoscritto alle opere più famose. Per esempio ouverture, arie o parti delle opere a volte erano “autoimprestiti” da altri suoi lavori. La continua pressione da parte dei numerosi teatri committenti rendevano necessaria tale pratica. Si copiava, tagliava e cuciva la musica. Il buffo è che sia il pubblico che la critica non se ne accorgevano e al contrario vedevano a volte un “autoimprestito” là dove proprio non c’era come ad esempio nel “Turco in Italia” che credevano essere il sequel del “L’Italiana in Algeri”. A riguardo di nuove opere che possono vedere la luce come non pensare alla copiosa serie di rimusicazioni nel “Mi lagnerò tacendo”, dallo stesso testo di Pietro Metastasio. Rossini ne scrisse decine: alcune improvvisate al fortepiano, altre trascritte con cura, altre in velocità. Una di queste mi ha colpito ed è quella su una sola nota, che ho prontamente inserito nel mio ultimo album “The Rossini Variations””.
Pesaro è la città in cui è nato Rossini. Oggi come viene omaggiato il Maestro nella sua città? Che cos’è il Museo Rossini?
“Se c’è una città che ha omaggiato il Cigno è proprio la sua città natale, Pesaro. Naturalmente nel 150° della scomparsa ma anche qualche anno prima, in occasione del 200° della composizione della Cenerentola, con tanti concerti, eventi e progetti in giro per tutto il mondo che continuano tuttora. Io stesso ho contributo con il mio quarto album per pianoforte solo “The Rossini Variations” e il successivo tour che ho portato in giro per numerosi paesi dell’Europa oltre ad Africa e presto nel Centro America e Asia. Il Museo Rossini è da poco nato e già sta riscuotendo un grande interesse, con 10 sale interattive divise idealmente dalle suddivisioni dell’opera musicale (Overture, Atto I, Intermezzo e Atto II). Ospita tra l’altro il pianoforte Pleyel a lui appartenuto, recentemente restaurato e perfettamente utilizzabile, differentemente dal “gravicembalo” della sua gioventù recentemente scoperto che è al momento inutilizzabile. Visto che parliamo di strumenti appartenuti al Nostro, a Casa Rossini è possibile visionare un altro “pianoforte a tavolo” di cui si crede sia appartenuto a Rossini sul quale tra l’altro ho girato un video che, con una certa ironia, mi vede un improbabile visitatore che superando le barriere di sicurezza grazie alla distrazione del custode, raggiunge lo strumento si lancia in una vertiginosa cavalcata del Guglielmo Tell con citazioni Kubrickiane”.
Progetti futuri?
“Dopo il tour de force delle Rossini Variations ho ripreso il mio antico amore per sintetizzatori vintage, sonorità elettroniche ed elettriche, un po’ il mondo sonoro che, oltre all’orchestra, da sempre cerco di riportare nel pianoforte con le tecniche estese che chi mi segue conosce bene. Sarò seduto su un tappeto in cui vedremo dal Theremin al laptop, passando per tastierine Casio modificate e circuiti analogici nel progetto PSYCHOMORE, costituito con il violinista elettrico Matia Costantini e il visual designer e coder Davide Riboli. Poi il 1° Agosto riprenderà il mio festival Teatro Libero del Monte Nerone in un bosco alle pendici del Monte Nerone, tra Marche ed Umbria, che arriva così quest’anno alla sua VI°edizione.
E sto già pensando al prossimo album di pianoforte solo in cui probabilmente confluiranno queste due anime…”.