Roby Facchinetti e Riccardo Fogli, già vincitori a Sanremo, rispettivamente nelle edizioni del 1990 con Uomini Soli e del 1982 con Storie di tutti i giorni, sono pronti a tornare in scena, questa volta insieme, con Il segreto del tempo, un brano musicato da Facchinetti e scritto da Pacifico.
Un’abitudine, la musica, impossibile da accantonare nonostante la vigna per Fogli e l’Atalanta per Facchinetti. E un appuntamento irrinunciabile col loro affezionato pubblico trans-generazionale e diffuso per ogni angolo del globo.
Raggiunti al telefono a poche ore dal debutto, raccontano ai lettori de La Voce di New York questo nuovo capitolo del libro della loro amicizia.
Roby, Riccardo… ma non vi avevamo già visti insieme a Sanremo?
Riccardo Fogli: “In occasione della reunion, nel 2016, fummo super ospiti a Sanremo. Una serata indimenticabile sia perché io ero appena rientrato nei Pooh, sia perché portavamo un segno arcobaleno addosso per supportare le unioni civili. Io e Roby ci siamo emozionati sul finale di Uomini Soli, ci siamo abbracciati e stretti per mano ed è stato un momento molto commovente per noi e per tutti quelli che ci vogliono bene”.
Roby Facchinetti: “È stato un momento, quello di questo abbraccio, che ha emozionato anche Sofia Loren! Abbiamo letto qualche giorno dopo una sua intervista nella quale lei ha raccontato la sua meravigliosa vita adesso; lei ha dichiarato che prega e che si commuove e che l’ultima volta che si è commossa è stata appunto durante la nostra esibizione sanremese con Uomini soli”
Cosa volete dirci con questo nuovo brano che non ci avete ancora detto?
Riccardo: “La nostra amicizia risale al giugno del 1966: Roby era l’unico con la patente, io avevo il foglio rosa. Per cui quando ci spostavamo in macchina per le tappe della tournee lui guidava e io gli stavo accanto e quando guidavo io, per necessità lui doveva stare accanto a me altrimenti mi arrestavano. Bene, in tutto questo tempo speso insieme ci siamo davvero raccontati di tutto, fortificando il nostro legame”.
Roby: “È un dialogo tra due amici che si raccontano le proprie vite. E noi di cose da raccontarci ne abbiamo veramente tantissime. Questo brano ‘Il segreto del tempo’ evidenzia quanto sia imprevedibile e inconoscibile la vita, che non finisce mai di darci sorprese sia belle che brutte. È un brano –Pacifico è stato veramente molto bravo, che vorrei portasse chi ci ascolta a riflettere sul concetto che “il tempo perdona a chi alla vita si dà”. Questo per noi significa che tutta la generosità che tu metti verso la vita, in ogni ambito dell’esperienza, la vita te la restituisce”.
Ci raccontate un ricordo di Sanremo che non vi vede protagonisti?
Riccardo: “Il festival è stato da sempre considerato l’incontro musicale dell’anno, quasi un investimento perché avresti ascoltato quelle canzoni che avresti poi riproposto. Il festival era vissuto anche come collante familiare e sociale poiché era l’occasione per riunire la famiglia attorno alla TV e gli amici al bar il giorno successivo per commentare quanto ascoltato. I ricordi legati al festival sono tanti: gioie e dolori… Ricordo che dopo la mia vittoria del 1982 (Storie di tutti i giorni), ero pronto a presentarmi ad una delle edizioni successive ma, pochissimi giorni prima, la telefonata di un discografico mi comunicava che non avrei partecipato. Esperienze che a volte ti spaccano il cuore. Claudio Baglioni invece, per questa edizione, nel momento in cui ci ha convocati, è stato chiaro nel dirci che avrebbe voluto fare un festival che parlasse di noi, della nostra storia”.
Roby: “Mia madre amava molto la musica e ricordo che in occasione delle prime edizioni di Sanremo mi addormentavo davanti alla radio che usavamo in casa per ascoltare. Un altro ricordo è legato ad un brano, ascoltato durante il festival, che è il classico brano che avrei voluto scrivere io: 1950 di Amedeo Minghi. Mi ricordo perfettamente la sua esibizione, ricordo la giacca che indossava, ma più di tutto ricordo quanto quella sua canzone fosse uno spaccato perfetto dell’Italia dell’immediato dopoguerra, che mi ha toccato al punto da spingermi ad inviargli un telegramma per fargli i miei personali complimenti. Ed è un brano che continuo ad amare”.
La musica è cambiata, la sua diffusione e la sua fruizione. Sanremo però persiste. Come mai?
Riccardo: “Sanremo continua a riunire tutti davanti al televisore: chiunque lo conduca o lo scriva trova la formula magica che inchioda i telespettatori, tutti, anche chi è in disaccordo, chi lo critica…”.
Roby: “Tutto cambia, dici bene, in special modo in questi ultimi 20 anni, Sanremo però resiste. L’Italia è la patria del bel canto, della musica ed esprimerci su quel palco, per noi che siamo italiani e facciamo musica è un piacere irrinunciabile. La musica sta vivendo una crisi profonda da moltissimi anni per cui ben venga un Sanremo che desti interesse e che produca anche più brani interessanti per le classifiche.”
La musica dei Pooh ci sembrava avesse voluto congedarsi con un importante addio alle scene. E invece voi siete qui e pieni di buoni propositi. Vogliamo il segreto!
Roby: “Si, è vero, i Pooh hanno concluso alla grande la loro fortunata carriera, ma noi abbiamo ancora molto da esprimere. Il segreto sta nella musica. Ognuno di noi ha dentro di sé una storia d’amore nei confronti della musica, del palcoscenico, della vita e noi vogliamo ancora esprimere questo amore. La musica è come una bellissima straordinaria donna, che è molto generosa, della quale tu sei innamorato follemente e che non ti tradisce mai. E allora come fai a rimanere senza?”
Riccardo: “I Pooh hanno molto amato e sono stati molto amati. Il termine esatto che racchiude il senso è passione. Le passioni allungano davvero la nostra vita e la storia dei Pooh lo ha dimostrato. È grazie alla loro passione che hanno raggiunto il loro traguardo in termini di longevità, riconoscibilità e amore dal pubblico.”

Qual è se esiste il vostro rituale di fortuna prima di un evento così importante?
Roby: “Non c’è un particolare portafortuna. Il mio metodo, la mia abitudine, prima di affrontare un evento importante è raggiungere quella concentrazione, quell’estasi quasi, che ti permetta di estraniarti da tutto e di dare il massimo di te”.
Riccardo: “Io faccio il segno della Croce. C’è una cosa che mi ricorda mia mamma, che non c’è più da vent’anni, faccio un respiro profondo e mi sento già meglio. La nostra amicizia poi, ma non meno importante, ci permette di guadagnare in serenità. Ci basta guardarci per ricevere a vicenda quella carica necessaria ad affrontare ogni evento così importante”.
Quando avete ascoltato il brano per la prima volta cosa vi ha trasmesso?
Riccardo: “Roby tirò fuori dal cassetto la musica, ci cantò sopra in inglese maccheronico: bisognava interpretarlo, immaginarlo, ma già ricordo che mi colpì per la sua bellezza intensa. Questa canzone, in modo estremamente delicato, parla anche di perdite importanti affrontate nel più alto valore di resilienza e di rispetto della vita come dono. Pacifico ha davvero usato un inchiostro magico.”
Roby: “Si, sulla musica abbiamo chiesto a Pacifico di comporre un testo che potesse raccontare la nostra storia, la storia di due amici ritrovati, ognuno col proprio bagaglio di vita da raccontarsi. Lui ha avuto la sensibilità di tradurre ciò che avevamo nel cuore e di creare un testo magnifico.”
Il festival darà il via ad un tour?
Riccardo: “Certamente! Noi partiamo in tour il 7 Aprile a Milano al Forum di Assago e il 9 Aprile a Roma al Palalottomatica.” (ci auguriamo che questo tour possa arricchirsi di altre numerose date ndr)
Il vostro pubblico oltrepassa le frontiere nazionali. Come ci si sente a sapere che anche l’America vi seguirà grazie al Festival?
Roby: “In America abbiamo moltissimi amici che vogliamo salutare e promettiamo che andremo a trovarli, vero Riccardo?”
Riccardo: “In America, in Canada e anche in Russia!”