Il più bel teatro di prosa di Roma, l’Argentina, situato sull’omonima piazza a due passi dal Colosseo e da Fontana di Trevi, ha incorniciato il concerto per la Filarmonica Romana di Enrico Pieranunzi, classe 1949, pianista, compositore, arrangiatore, con più di 70 CD a suo nome e collaboratore di nomi come Chet Baker, Lee Konitz, Paul Motian, Charlie Haden, Chris Potter, Marc Johnson, Joey Baron.
Pluripremiato come miglior musicista italiano nel Top Jazz e come miglior musicista europeo (Django d’Or, 1997), Pieranunzi ha suonato nei più importanti festival internazionali, da Montreal a Copenaghen, da Berlino e Madrid a Tokyo, da Rio de Janeiro a Pechino. Dal1982 ha suonato più volte negli Stati Uniti (New York, Boston, San Francisco) ed è l’unico musicista italiano (e uno dei pochissimi europei) ad aver suonato e registrato – ormai più volte – nello storico Village Vanguard di New York (dove tornerà dal 10 al 15 aprile prossimi).

Proprio per il Live at The Village Vanguard con Marc Johnson e Paul Motian (Camjazz, 2010) gli è stato assegnato nel 2014 l’Echo Jazz Award – equivalente tedesco dello statunitense Grammy – come Best International Piano Player. Ha suonato anche per Spoleto Festival Usa 2007 (Charleston, North Carolina) in concerti di piano solo, duo e trio. La rivista americana Down Beat ha incluso il suo CD Live in Paris, in trio con Hein Van de Geyn e André Ceccarelli (Challenge), tra i migliori CD del decennio 2000-2010. Ha composto diverse centinaia di brani, alcuni dei quali sono ormai veri e propri standard suonati e incisi da musicisti di tutto il mondo (Night bird, Don’t forget the poet, Fellini’s waltz).
A Roma ha suonato il suo Domenico Scarlatti (1685-1757) delle sonate, originarie per clavicembalo, che attraverso il suo pianismo sono diventate da undici anni, data del suo disco, il luogo di incontro tra Settecento e jazz, una strada mai percorsa prima di lui. Pieranunzi ne ha colto per primo il miracoloso equilibrio tra spirito improvvisativo e sapienza compositiva e ne ripropone una lettura rigorosa al momento dell’esposizione e poi trasfigurata nel jazz ma anche in altri colori quando, a suo dire “entra” ed “esce” dal pezzo scritto. Davanti ad un foltissimo pubblico, al quale ha regalato due bis della sua vasta produzione scritta, Pieranunzi si è confessato con musica e parole, illustrando i molti misteri della vita di Scarlatti, riscoperta grazie all’editoria inglese, dei manoscritti e ricerche del cembalista statunitense che ne è stato il vero scopritore, Ralph Kirkpatrick, al quale si deve la K che sigla l’ordine del vasto catalogo di sonate.
“Ho elaborato in tempo reale per mezzo dell’improvvisazione elementi tratti dalle sonate di Scarlatti cercando di dar vita a forme narrativamente compiute – ha detto – tutti gli accorgimenti propri della composizione scritta servono allo scopo: aumentazioni, diminuzioni, inversioni, repentini cambi di tonalità, di ritmo, di colore. Un vocabolario da musica del ’900, insomma”. “La musica di Scarlatti è umorale, cangiante, piena di movimento, le sue linee sono inscritte nel flusso della vita, come quando si improvvisa jazz – ha continuato – e lui, è ben noto, era uno straordinario improvvisatore. In più il suo linguaggio, anche se fissato sulla carta, condivide col jazz una grande, pagana fisicità. Lo si percepisce chiaramente da moltissimi dei suoi geniali spunti tematici. Sono disegni ritmici, nuclei melodici, a volte semplici intervalli non pensati a tavolino ma creati direttamente dalle sue mani sulla tastiera e poi elaborati e sviluppati”.
Composte per la quasi totalità per l’uso privato della sua allieva Maria Barbara, figlia di Giovanni V del Portogallo e sposa di Ferdinando VI di Spagna, le Sonate di Domenico Scarlatti (1685-1757) – il catalogo ne registra ben 555 – acquisirono ben presto fama quando nel 1738 ne vennero pubblicate alcune a Londra col titolo di Essercizi attirando l’attenzione dei più raffinati intenditori di musica d’Europa. Quasi tutte formate da un breve movimento, divise in due parti simmetriche, in esse si riversa una varietà imprevedibile di idee musicali, di atteggiamenti espressivi e di espedienti tecnici. Da brani di carattere pastorale, a brillanti pezzi di estrema difficoltà, si passa per echi e reminiscenze della musica popolare iberica, un’incessante vitalità ritmica, animando l’originalità e la ricchezza della scrittura scarlattiana.
Il concerto è stato organizzato nell’ambito del cartellone “La musica da camera dal barocco al contemporaneo” sostenuta dalla Regione Lazio – Assessorato alla Cultura e Politiche giovanili.
A marzo uscirà il suo nuovo disco, stavolta con Debussy (Monsieur Claude) come mentore. E poi ad aprile appuntamento al Vanguard Village per la sua decima volta e per le classiche cinque serate.