Entusiasta, esplosiva, incontenibile. Arianna è appena uscita dalla prima del musical Murder Ballad a Detroit ed è un fiume di parole e di vitalità quando risponde alla mia telefonata. La cantante italiana che l’8 ottobre sarà la stella della serata di gala del Columbus day a New York per poi partecipare alla parata di lunedì 10, non nasconde che “si sta realizzando un sogno”. Salire sul palcoscenico che lo scorso anno ha visto esibirsi Tony Bennet e Lady Gaga la emoziona e “mi responsabilizza”, mi confessa timidamente.
Arianna Bergamaschi è stata icona della Disney per musical di successo come Il mago di Oz, Pinocchio, La bella e la bestia, voce protagonista in Masaniello, Sogno di una notte di mezza estate, Romeo e Giulietta, in duo con Pitbull e Flo Rida ha scalato le classifiche internazionali. Il suo curriculum è spiazzante, ma lo sono anche la sua estrema semplicità e la sua tenacia. Per non avere nessun accento e nessuna inflessione nella lingua inglese ha studiato ogni giorno arrivando anche a dieci ore di prove senza fermarsi. “Ed è stata una grande soddisfazione vedere che gli spettatori mi consideravano americana, al par loro”.
In questa chiacchierata, in cui ogni domanda apre un capitolo sempre nuovo nella vita di Arianna e nella suo impegno artistico e sociale, mi confessa pure di essere “pigra”, mentre scopro che è tra i testimonial della campagna UNICEF a favore dei bambini rifugiati: Yoko Ono ha concesso i diritti per Imagine di John Lennon ed eccola duettare in un video con l’icona dei Beatles (virtualmente) e con tanti cantanti come Shakira, David Guetta, Adam Lambert, attori e campioni dello sport. Unica italiana, unica a cantare in italiano.
Arianna raccontaci come è nata la tua partecipazione al Columbus day?
“Due anni fa ho conosciuto il papà di Lady Gaga. Lui è tra gli organizzatori del Columbus day e quando cercavano un’artista per quest’anno, ha pensato a me e mi ha scritto una mail: ‘Cosa ne pensi?’. Cosa dovevo pensare di fronte a questo sogno? Il Columbus è la manifestazione più importante per gli italiani in America e non solo per loro. Quel palcoscenico è stato calcato da vere star e ora tocca a me e sento proprio la responsabilità di farlo al meglio. Nella mia vita accade sempre così: tutto o niente. E il Columbus è un tutto che ho dovuto preparare in due mesi, senza la mia band e mentre ero impegnata nell’altro musical, Murder Ballad, a Denver, ma sono proprio felice. Anzi voglio ringraziare il teatro di Denver e i suoi impresari che mi hanno dato la possibilità di partecipare alla manifestazione di sabato e hanno chiuso per me”.
Puoi dirci in anteprima qualche brano che eseguirai?
“Canterò i classici del repertorio napoletano e tra i tanti anche Santa Lucia luntana che avevo fatto anche con Il Volo al Westbury theater nel 2012. Sarò accompagnata da un pianista premio Oscar. Poi ci sarà tutta una parte pop e dance, richiestissima dagli organizzatori e non potrà mancare Sexy people con videowall che ne amplificherà gli effetti. Ma non posso rivelare tutto, seguite la diretta [il concerto del Columbus Day verrà trasmesso in diretta TV in tutti gli USA sull’emittente ABC, ndr] ”.
Come mai questo speciale feeling con gli States?

“La mia carriera è legata agli americani e ai francesi in maniera particolare. Il primo impresario che mi ha scelto per lavorare per la Disney era un francese e devo a lui la possibilità di essere entrata nel mondo dello spettacolo dalla porta principale. Mio marito è francese e francese è chi mi ha presentato le produttrici del musical americano Murder Ballad, con cui ho debuttato qualche giorno fa a Detroit. Gli USA sono il sogno di qualunque artista che fa musical. E New York lo è in modo speciale. Mi sono esibita in questa città con Il Volo nel 2012 e ora sogno di poter recitare a Broadway prima o poi. Del resto la vita ha più sorprese di quelli che ti attendi. E poi c’è il feeling con lei: Barbra Streisand, l’artista che più ho stimato nella mia esperienza professionale”.
C’è un personaggio interpretato nella tua carriera a cui sei particolarmente affezionata?
“Bernardina nel musical Masaniello. È una donna forte, passionale, con un forte intuito. Una moglie che ha aizzato il marito e gli altri napoletani poveri, nella rivoluzione contro gli spagnoli. Alla fine del primo atto ho cantato, in napoletano, una canzone che era anche un atto d’accusa contro il popolo, contro la doppiezza partenopea che aveva portato al tradimento degli ideali rivoluzionari e alla morte del marito. L’ho interpretata guardando negli occhi il pubblico e in tanti alla fine piangevano perché vi si sono riconosciuti, anche oggi. Mi sono impegnata tanto nell’interpretarla perché è in napoletano antico e io sono milanese e i napoletani non perdonano tanto chi parla male la loro lingua. È stata una sfida che ho vinto, come dimostra il premio di migliore napoletana dell’anno che ho ricevuto dopo le mie esibizioni. Mi piace mettermi alla prova e Bernardina è un bel modello”.
La stessa tenacia ti sta accompagnando anche nella sfida di un musical cantato in inglese. Cosa è più difficile e cosa ti sta regalando più soddisfazione?
“La più grande soddisfazione è stata riuscire a cantare senza accento. La cosa più imbarazzante è stata imparare a recitare scene di lotta e scene sexy, anche se siamo stravestiti, non era un repertorio con cui mi sono mai confrontata. Sara, la protagonista, è anche lei molto forte e volubile. Viene dai quartieri poveri, si innamora di un artista, fanno una vita sbandata ma poi lo molla e si sposa. Anche qui non resiste a lungo e ritorna dal primo amore: è un musical rock, un dramma forte e non facile da interpretare e finisce in tragedia, come accade talvolta agli amori per cui si perde la testa. Non è un’evoluzione della mia carriera Disney, sulla scia di altre colleghe che stimo molto per la loro professionalità, ma io ho fatto una scelta diversa anche se fare la sexy mi avrebbe fatto accorciare le tappe. Il mio riferimento non sono i percorsi in discesa”.

Come si passa con facilità da Belle de La Bella e la bestia, a Giulietta, alla passionale Sara?
“Ti rimane dentro sempre un pezzetto di questi personaggi e sono il bagaglio che ti accompagna tutta la vita: Bernardina, Giulietta, Belle o Dorothy. Alcuni ruoli mi hanno spaventata, penso alle opere di Shakespeare: il primo anno morivo di paura, ma poi ho imparato a gestire anche quella. Ora interpreto Sara, una donna sposata con un figlio, proprio come me in questo momento. Una donna che ha una sbandata e questo può succedere a tutti. Nel musical la canzone Built for Longing esprime in fondo quello che siamo: persone che non si accontentano e desiderano sempre qualcosa in più di quello che hanno, pur magari avendo tanto. Accade”.
Cosa accade invece quando si scende dal palco e ci sono i momenti difficili. C’è un segreto che ti ha permesso di non mollare?

“Il segreto è essere tenaci e avere accanto le persone giuste quando hai la tentazione di mollare. Io ho avuto i miei genitori e mia madre, la cantante Graziella Caly, che ha un carattere molto forte e mi ha sempre sollevata quando tentennavo. Sono molto pigra [ride] ma divento determinata davanti alle sfide. Il segreto è mettere l’asta al di sopra delle mie possibilità, perché le cose comode mi rilassano e non do il meglio. Io do il meglio quando sono in difficoltà. Fondamentale poi è lo studio e io se non studio non ce la faccio. Quando ho fallito, ho fallito perché non ero preparata. Non si può vincere facile e a me non è mai capitato. Il Columbus, ad esempio, era da anni che lo sognavo e poi all’improvviso quando meno te lo aspetti e non ci stai pensando arriva, ma arriva perché ti sei preparata prima”.
C’è una qualità che da italiana ti ha dato una marcia in più?
“Secondo me, il nostro più grande difetto è anche la nostra più grande qualità, e cioè l’improvvisazione. Magari nel mondo e qui negli USA trovi persone specializzatissime che fanno al meglio il loro compito, ma se qualcosa non funziona e non c’è l’esperto pronto a risolvere, vanno in tilt. Noi italiani, multitasking e talvolta senza figure professionali così precise, quando c’è un problema ci arrangiamo e in fondo l’arte dell’arrangiarsi non è male. Sì siamo degli arrangioni, ma quando si deve risolvere un imprevisto, siamo i primi a rimboccarci le maniche e facciamo cose che nessun altro popolo farebbe. E ne stiamo dando la prova anche in altri campi”.