Perché la canzone d'autore italiana fa fatica ad oltrepassare i confini nazionali?
“Per quanto riguarda la colonizzazione americana noi eravamo nati in un momento in cui circolavano ancora le am-lire, Allied Military Currency. Quindi una cultura totalmente diversa da quella che c’è adesso, cioè da questa sovracultura importata dall’occidente atlantico, e quindi avevamo la possibilità di esprimerci ai nostri livelli, con i nostri mezzi. Adesso penso che sia diventato un problema grosso, perché ormai abbiamo nell’orecchio, dalla mattina alla sera, della musica pop-americana, pop-inglese. Credo che anche per un motivo linguistico, chi va per la maggiore siano sempre gli anglofoni. Questo da un certo punto di vista è spiacevole, d’altra parte per quanto riguarda la canzone o quella che viene definita canzone d’autore italiana, credo che siamo fra i migliori che ci siano al mondo. Il problema è questo, mi pare che oltre atlantico esista una specie di minculpop, il ministero della cultura popolare, che impedisce la diffusione dei prodotti nostri. Questo è abbastanza disagevole. Finiremo per involverci”.
Questa la spiegazione che aveva cercato di dare Fabrizio De Andrè, proprio lui che è riuscito ad arrivare fino a David Byrne con Creuza de Mà, quando PFM, Banco e Branduardi incidevano versioni “inglesi” dei loro dischi.
Ora più che altro si esporta jazz con Stefano Bollani e Paolo Fresu che suonano con tutti. Ma è sul fronte femminile che si intravedono segnali di cambiamenti di rotta. Ci riferiamo alla cantautrice di origini milanesi Cristina Donà e al suo Così vicini, il miglior album del 2014 sulla scena indie italiana, il cui valore trascende senza difficoltà quello dei meri confini nazionali. Sempre in bilico tra diversi territori sonori, ma al confine con le atmosfere musicali di Sinead 'O Connor, Bruce Springsteen, Tom Waits e la poliedrica Joni Mitchell, la Donà rimane l’unica artista in Italia in grado di segnare lo scorrere dell'alternative rock declinato al femminile dagli anni Novanta in poi. E di tracciare la strada a cantautrici italiane dal respiro internazionale come ad esempio Levante, Erica Mou, Maria Antonietta, Barbara Eramo, Diana Tejera e Cristina Zavalloni.
Non a caso nel 1997, a proposito di Tregua, il suo album d’esordio, l’autorevole rivista rock britannica Mojo aveva intuito il talento della Donà, “di andare oltre gli stereotipi del pop italiano e delle sue dozzinali imitazioni operistiche”. E mentre Billboard Europe parla di “produzione finalmente originale uscita dall'Italia”, nel 2004 il suo Cristina Donà, sostanzialmente la versione in inglese dell’album Dove sei tu, viene distribuito in 33 paesi dalla Rykodisc International.

La copertina dell’album Così Vicini di Cristina Donà.
“Ma non mi sento un’interprete”, ha precisato la cantautrice durante l’intervista che ci ha concesso prima del concerto all'Orion Live Club di Roma, lo scorso dicembre. Nonostante il passaggio dall’italiano all’inglese conservi la stessa metrica, in modo che le linee melodiche non vengano intaccate, la Donà coltiva l'idea di portare la musica pop italiana all’estero nella propria lingua madre.
“L’italiano è conosciuto più per la sua musicalità che come lingua. Credo che la vera esportazione dell’italianità non stia nell’approccio tradizionale che contraddistingue le canzoni di quegli artisti nostrani che si sono affermati a livello internazionale, come ad esempio Eros Ramazzotti e Laura Pausini, perché incarnano quello che fuori pensano della musica italiana. Io mi riferisco ad un genere nuovo ed originale in grado di coniugare melodia classica italiana su una base rock. E Così vicini, potrebbe andare in quella direzione grazie alla sua melodia interna forte ed autentica e un linguaggio più immediato. Tutto in nome di una maggiore chiarezza espressiva, ma non per questo più superficiale”.
Uscito con un’etichetta indipendente, la veronese Qui Baseluna, dopo l’esperienza con una major, Emi Music, il sesto album di inediti della cantautrice esce a tre anni di distanza dal suo ultimo lavoro, Torno a casa a piedi, con la collaborazione del polistrumentista Saverio Lanza, produttore, ma anche co-autore delle canzoni. Così tra songwriting introspettivo – Perpendicolare, L'imprevedibile – agitazioni rock – Corri da me, Siamo vivi – e virate verso un folk decisamente più semplice e diretto, la Donà non perde tempo in inutili digressioni, sovrastrutture ritmiche o arrangiamenti debordanti per musicare testi poetici intimi e personali, ma che hanno la capacità, appunto, di diventare universali.
“Questa volta la spinta a scrivere è stata dettata dall’esigenza di riportare in superficie un’intimità perduta con gli altri, con noi stessi, con la natura. Immersi nella tecnologia, ogni giorno la comunicazione diretta fatta di carne ed ossa, di sguardi e di parlato uno di fronte all’altro ormai è sempre più ridotta. Sempre più abituati a guardare uno schermo che un volto, ad esprimere un sentimento attraverso un messaggio inviato con il cellulare o via email, non ci rendiamo nemmeno più conto che siamo sempre altrove, in un’altra dimensione”.
E se fosse nata in America? Intanto qualcuno ha definito Cristina Donà “La Madonna della musica indipendente italiana” ….