Il loro album d’esordio si intitola Teenage Retirement, pensionamento da adolescenti. L’LP, uscito il 18 novembre per la Anchroless Records, è a tutti gli effetti un rigurgito di indie rock, dai risvolti punk melodici tipico degli anni Novanta. Loro sono in quattro, hanno un aspetto da nerd delle superiori, definiscono la loro proposta musicale “bummer punk”, nome vagamente emo se si considera che il termine “bummer” nello slang americano corrisponde al nostro “che peccato!”, “che disdetta!.
Pensione, rimpianto, disdetta, un immaginario che stride con le sonorità esplosive e frizzanti da risposta indie ai Green Day degli albori dei Chumped. La band nasce quattro anni fa da un’idea della frontwoman Anika Pyle e del batterista Dan Frelly, nati e cresciuti a Monument, cittadina di cinque mila abitanti, cinquanta miglia a sud di Denver. Tutt’altro che soddisfatti della tranquillità di periferia hanno più volte definito nelle prime interviste di presentazione la loro cittadina d’origine “un orribile centro cristiano evangelico”.
Ma è proprio la noia della periferia, come per molti altri coetanei, a spingere i due a mettere su una band. Da giovanissimi, tra una festa e l’altra nel weekend, uniti dalla passione per il punk e il rock indipendente anni Novanta, nasce l’idea di mettere su un gruppo. Il nucleo originario dei Chumped è uno duo acustico, come spesso accade, cui presto si aggiungerà Doug McKeever al basso. Dan non è un vero e proprio batterista, personaggio inquieto ed eccentrico, molla tutto e decide di trasferirsi a New York, nel cuore della scena indie della Grande Mela, a Brooklyn, ad Anika e Doug si unisce Drew Johnson.
I quattro si ritroveranno tutti a New York, alla fine del liceo, dove alterneranno sbronze, prove e concerti dagli esiti non immediatamente positivi. Anika non è una vera e propria cantante. Drew ha imparato a suonare la chitarra da poco, Doug non ha mai suonato il basso in vita sua, ma l’attitudine punk dei Chumped fa il resto, così i quattro riescono a costruire un’alchimia imprevedibile.
L’album d’esordio, che ha fatto subito il giro del web, è un inno al fancazzismo. I quattro, che hanno veramente lasciato tutti i lavoretti part-time per darsi alla musica, prefigurano un improbabile pensionamento da adolescenti. Nel loro caso per darsi all’arte e alla musica e infatti negli ultimi due anni hanno suonato praticamente ovunque a Brooklyn guadagnandosi uno zoccolo duro di fan. Nessun impegno politico, testi accattivanti e ingenui, riff a presa rapida. Brani brevi e irresistibili, il più lungo non supera i quattro minuti e mezzo. Tra momenti corali da punk pop degli albori e sfoghi indie, il disco conquista pubblico e critica e i Chumped sono subito considerati tra le band esordienti più interessanti dell’anno.
Per il pensionamento, insomma c’è ancora tempo.
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