Nell'ottobre 2013 si son festeggiati i 200 anni dalla nascita di Giuseppe Verdi e le celebrazioni e gli onori resi al grande Maestro a livello mondiale confermano l'indiscusso successo che, ad oggi, ancora le sue opere e la sua immagine riscuotono in tutto il mondo. Tanti gli eventi e le celebrazioni a New York. E non solo per l'anniversario. Infatti il dipartimento di musicologia della New York University ospita l'American Institute For Verdi Studies (AIVS) che l'8 aprile ha organizzato un evento per raccontare la vita di Verdi. Il centro di ricerca é punto di riferimento per gli studi sulla vita di Giuseppe Verdi. Qui si indaga a pieno campo su tutti gli aspetti artistici e umani dell'esistenza del grande ed indiscusso maestro e si studia la vita dell'artista portando sotto la lente d'ingrandimento gli aspetti che lo hanno reso così influente nel determinare le vicissitudini storiche dell'Italia.
La NYU, e in particolare il Center for the Study of Transformative Lives della stessa università, da tempo rivolge l'attenzione verso importanti personaggi storici che sono stati in grado di determinare, attraverso il loro operato, grande cambiamento nelle vicissitudini storiche del loro tempo. In passato il Centro si è occupato di personaggi come James Madison, Sarah Moore Grimké, Elizabeth Cady Stanton, Frederick Douglas, William Lloyd Garrison, William Through, Abraham Lincoln, Margaret Fuller, John Stuart Mill e molti altri ancora.
Dall'incontro tra il Center for the Study of Transformative Lives e l'American Institute for Verdi Studies nasce la conferenza organizzata l'8 aprile, dal titolo The Transformative Life of Giuseppe Verdi.

La seconda rappresentazione del Requiem 25 maggio 1874 condotta da Verdi
L'impatto che Verdi ha avuto sul mondo della musica e sul suo contesto sociale e storico é considerevole. Giuseppe Verdi è stato un rivoluzionario capace di determinare il cambiamento di cui divenne un interprete. Questa é la prima volta che il Center for the Study of Transformative Lives rivolge l'attenzione a un personaggio del mondo delle arti. E lo ha fatto invitando Francesco Izzo, professore all'università di Southampton in Inghilterra, co-direttore dell'American Institute for Verdi Studies e grande studioso del Maestro. Nel corso dell'evento dell'8 aprile, Izzo ha presentato questo incredibile personaggio svelando aspetti poco noti dell'uomo e del musicista, attraverso l'eredità musicale lasciata dal compositore. La maggior parte del materiale sottoposto a studio e riproposto per l'evento é raccolto e conservato nell'archivio dell'AIVS, presso l'Elmer Holmes Bobst Library, nella biblioteca Fales e negli archivi generali dell'università NYU.
Il viaggio comincia a Milano, dove Verdi fece il suo debutto nel 1839, ed esplora il successo internazionale del compositore, l'impatto che ebbe nel mondo della musica, la sua relazione con gli editori, cantanti e le autorità politiche, il suo processo creativo e la sua ricezione nel nuovo mondo e nell'odierna cultura.
"Ma per comprendere realmente Verdi – ha detto Izzo – dobbiamo capire come si sia svolta la sua morte". Giuseppe Verdi morì il 27 gennaio 1901 ad 87 anni, a Milano in un appartamento dove alloggiava dal 1872 presso il Grand Hotel et de Milan dove, come sua consuetudine, trascorreva l'inverno. Venne colto da malore e spirò dopo sei giorni di agonia. Durante i giorni che precedettero la sua morte, i suoi concittadini cosparsero le strade, tutto attorno la sua dimora, con della paglia nel tentativo di attutire i rumori dello scalpitio dei cavalli e delle carrozze, per non disturbare il riposo del Maestro, proteggendolo così prima della fine.

Un momento del funerale di Giuseppe Verdi
Verdi aveva lasciato chiare istruzioni per i suoi funerali che si sarebbero dovuti svolgere all'alba, o al tramonto, senza alcuno sfarzo né musica. "Arrigo Boito ci riporta precise parole: un solo prete, una sola croce, una sola candela – ha ricordato Francesco Izzo – Volle esequie semplici, come semplice era sempre stata la sua vita". Il grande musicista venne sepolto temporaneamente al Cimitero Monumentale in Milano e, nonostante fosse una cerimonia privata, il funerale attrasse moltissime persone. Il fatto davvero interessante riguardo la morte di Verdi si verifica un mese dopo la scomparsa quando i suoi resti vennero spostati, assieme a quelli della seconda moglie, Giuseppina Strepponi, nella cappella della Casa di Riposo dei Musicisti che egli stesso aveva fondato. In quell'occasione Verdi venne celebrato alla presenza delle massime autorità pubbliche, con i più illustri rappresentanti del mondo della musica che eseguirono concerti con conduzione di Arturo Toscanini, alla presenza di circa trecentomila persone. Se pensiamo che all'epoca il totale della popolazione della città di Milano superava di poco le 450.000 unità, appare chiaro lo stretto legame che univa la cittadinanza al compositore. Al giorno d'oggi siamo abituati grandi eventi che richiamano centinaia di migliaia di persone, ma per l'epoca fu un fatto storico di portata eccezionale mai verificatosi in precedenza e soprattutto mai nei confronti di un rappresentante del mondo della musica.
Per capire come il Maestro venne influenzato dalla sua epoca e a sua volta fu lui stesso agente del cambiamento dei suoi tempi, bisogna fare un salto indietro a quando Verdi aveva solo due anni. Era il 1815 ed era in atto la Restaurazione di Vienna che segna l'inizio del Risorgimento, periodo durante il quale la penisola italiana conseguì la propria unità nazionale, riunendo tutti gli stati preunitari in un solo Stato, il Regno d'Italia. Fu questo un lungo, tumultuoso periodo in cui nella penisola si visse una profonda trasformazione storica e politica. L'Italia cercava la propria unità con le guerre di unificazione, gli animi erano infiammati di valori di libertà e patria e gli intellettuali erano fortemente coinvolti. É in questo clima che Verdi cresce e sviluppa la sua arte, sempre molto partecipe dei processi politici, ancorato alla realtà della sua epoca. É con la sua musica che coinvolge le masse in un impeto collettivo, utilizzando un linguaggio che, presentandosi spesso in forma di dramma, é in perfetta armonia con il momento storico e con gli ideali del Risorgimento. É da quegli ideali e da quelle emozioni che il compositore attinge per le sue opere migliori: il Nabucco (prima opera di grande successo che lancia Verdi a livello internazionale), i Lombardi, Attila e Macbeth sono piene di un impeto travolgente, di una vigorosa forza in cui Verdi esprime il suo amore patriottico e il profondo dolore per un popolo soggiogato.
Proprio grazie a queste suo opere, Verdi venne presto avvicinato dagli intellettuali lombardi più importanti e da un ideologo particolarmente influente: Giuseppe Mazzini. Tra l’estate e l’autunno del 1848, Mazzini inviò a Verdi, che si trovava a Parigi, un inno scritto da Goffredo Mameli. Verdi ne musicò il testo e fu così che l’autore del futuro Inno nazionale, il profeta dell’Unità d’Italia e il più grande musicista italiano del Risorgimento, si fusero in un'opera dall'altissimo valore simbolico. Tuttavia, nonostante Verdi avesse idee fortemente repubblicane, non partecipò mai alla vita politica in modo apertamente schierato. Solo dopo l’incontro con Cavour aderì al progetto di unificazione d’Italia sotto la guida dei Savoia e l'unico momento in cui manifestò senza indugio i suoi ideali patriottici fu nel 1848, quando la libertà d’Italia sembrava ormai a portata di mano.
Ciò nonostante Giuseppe Verdi riesce ad incarnare per la collettività il sentimento patriottico di rivoluzione. Forse suo malgrado, Verdi rappresenta l'ideale del patriottismo italiano al punto da divenirne l'interprete assoluto dei moti risorgimentali.
Nel corso di due intensissime ore di presentazione, Izzo ha raccontato aneddoti che mettono in evidenza dettagli inediti del Maestro e, con racconti, letture, proiezioni e sonate (eseguite magistralmente al pianoforte dallo stesso professore) ha sviscerato molti altri aspetti della vita di Verdi. Alcuni dei quali è possibile scoprire e approfondire nella mostra Giuseppe Verdi: Words, Notes, Legacy, in corso fino al 29 agosto alla Mandouha S. Bobst Gallery e all'Avery Fisher Center dell'Elmer H. Bobst Library della New York University (70 Washington Square South). Per i verdiani di New York, assolutamente da non perdere.