Metti una mattina a New York, sulla Fifth Avenue nel cuore di Manhattan, a chiacchierare davanti a un caffè con Biagio Antonacci, uno dei cantautori italiani più amati, specialmente dalle donne.
Biagio è a New York per esibirsi al Madison Square Garden come ospite durante il concerto dell’amica e collega Laura Pausini, in città per la data newyorchese del suo tour mondiale The Greatest Hits, col quale celebra vent’anni di carriera.
L’artista milanese è partito dal niente, arrivando a conquistarsi una posizione di tutto rispetto nel panorama artistico italiano, con canzoni capaci di arrivare al cuore delle persone, specialmente per i testi che racchiudono in poesia sentimenti ed emozioni condivise da ogni essere umano.
Gli abbiamo chiesto della sua musica e della sua vita, scoprendo un uomo semplice e affabile, coi piedi ben piantati a terra nonostante la fama, grato per i successi raggiunti, ma con tanto ancora da realizzare.
Biagio, mi ricordo un tuo concerto in una discoteca di Bologna all’inizio degli anni Novanta, dove tu cantavi Come siamo tanti al mondo. Dopo oltre vent’anni di carriera, cosa è rimasto di quel ragazzo nato nell’hinterland milanese che lottava per emergere?
Me lo ricordo benissimo! Cantavo Come siamo tanti al mondo e Liberatemi, il mio primo grande successo. Beh, quel ragazzo non se n'è mai andato. Come pure è rimasta quella voglia di fare musica che mi ha sempre spinto, solamente che ora ho la consapevolezza di esserci anche riuscito. In questo mestiere non c’è mai una fine, non si smette mai di mettersi in gioco. Più si invecchia, più si ha voglia di dire, fare e spingersi oltre.
Parlaci del tuo approdo negli States. Come mai solo ora e come ti senti ad essere qui?
Essendo riuscito a conquistarmi una carriera di successo in Italia, per molto tempo non ho considerato il mondo al di fuori del nostro paese. Poi collaborando con altri artisti italiani affermati a livello internazionale come Eros Ramazzotti e Laura Pausini, ho capito che c’è tutto un mondo al di fuori dell’Italia, dove la mia musica è arrivata prima di me. Viviamo in una realtà globale, dove le mie canzoni sono arrivate oltreoceano senza che ci fossi andato io. Mi scrivono fan dal Nord e dal Sud America, così ho deciso di andare a incontrare queste persone. Quando sento profumo di magia, la voglia di andare a scoprire di cosa si tratti è irresistibile.
Che canzone canterai in concerto con Laura?
Vivimi – tradotta in spagnolo col titolo Viveme – che è la canzone con cui ho vinto due premi ASCAP nel 2007, uno per la miglior ballata latino americana e uno per la miglior canzone inserita in una telenovela.
Nel tuo ultimo singolo Ti penso raramente, ti riferisci a qualcuno in particolare?
Non c’è un riferimento vero. Parlo in generale delle storie che iniziano e finiscono, scoprendo nella fine anche un nuovo inizio. Ti penso raramente vuole essere un inno alla speranza che l’unicità delle emozioni possa sempre ripetersi, anche anche se una storia d’amore si conclude.
Tu canti tanto di amore, ma qual è il tuo vero rapporto con l’amore? Nel tuo libro hai scritto che se l’amore eterno non esiste, tu non lo vuoi sapere. Credi davvero che si possa amare per sempre?
Io canto delle problematiche dell’amore. L’amore si rinnova, cresce e si trasforma in eterno quando tocca delle consapevolezze, passando attraverso la sofferenza. Quando l’amore compie tutto il suo percorso e sopravvive, allora può diventare eterno. L’amore giovane invece non è per sempre.
E in quale delle tue canzoni d’amore c’è più di te?
In Quanto tempo e ancora, che è la storia di una donna che torna sempre nei tuoi pensieri quando ne incontri un’altra, qualcuno che ti resta dentro sempre.
E il nome di questa donna si può sapere?
Non c’è un nome, io non sono mai autobiografico.
Ok, questa l'abbiamo già sentita, ma restiamo curiosi…
Guarda, mi ha fatto la stessa domanda anche mia madre e non le ho mai risposto.
E riguardo al matrimonio? Tu non ti sei mai sposato, ma recentemente hai detto che non escludi di farlo…
Il matrimonio è un gesto rock, che forse farò a sessant’anni. Fino ad ora non me la sono mai sentita di giurare consapevolmente fedeltà e amore eterno a una donna. Quando lo farò, sarà una cosa davvero eccezionale.
Hai raggiunto la soglia dei cinquant’anni, età di bilanci. Hai conquistato tanti successi, ma ci sono ancora dei sogni da realizzare nel cassetto di Biagio?
Sogno di esibirmi all’estero, imparando bene l’inglese e lo spagnolo. In modo particolare vorrei fare un Best dei miei successi tutto in spagnolo, per essere più vicino al pubblico sudamericano e catturarlo parlando la loro lingua. Se devo sognare sogno alto, e vorrei essere il nuovo Julio Iglesias per il pubblico sudamericano. Allo stesso tempo vorrei restare un uomo libero, libero di fare shopping e girare per strada senza essere riconosciuto. Qui a New York poi mi sento un po’ come Rain Man quando giro, perché non conoscendo la città e non parlando bene inglese non ho mai una percezione esattamente chiara…
Vorrei concludere con un pensiero per un tuo collega e amico: martedì 4 marzo sarebbe stato il compleanno di Lucio Dalla, ci parli del tuo rapporto con lui?
Lucio Dalla era un uomo libero e curioso. È stato uno dei primi a riconoscere il mio talento e agli inizi mi portò in tour con lui, anche se non ho mai lavorato insieme a lui. Un mio rimpianto è quello di non avergli parlato abbastanza, a un uomo come lui avrei voluto chiedere di più.