A partire dai nomi, Sam Haar e Zach Steinmann sembrano due dj della sterminata scena elettronica berlinese. In realtà vengono dall’Ohio e solo il caso, o forse il destino, ha voluto che i due abbiano studiato in una città dal nome simile a quello della capitale tedesca, Oberlin. Sam e Zach si sono conosciuti nello storico Oberlin College, famoso per essere il primo istituto educativo del paese ad aver ammesso nel proprio corpo studenti una donna, nel 1833, e, solo undici anni dopo, un afro-americano.
Amici dei membri della band synth-pop dei Teengirl Fantasy, i due fin dai tempi del college sono dei voraci consumatori di musica elettronica tedesca d’annata e si cimentano in alcuni sgangherati progetti di musica d’improvvisazione. Ciò che li unisce da subito è la passione per il leggendario compositore italiano Giorgio Moroder, per la Italians Do It Better di Mike Simonetti (etichetta del New Jersey che si ispira all’italo-disco) e per la DFA, potentissima etichetta newyorchese nata nel 2001 (tra i suoi prodotti più famosi Lcd Soundsystem, The Rapture, Hercules & Love Affair, Hot Chip, Holy Ghost!).
Zach ha studiato composizione elettroacustica e coinvolge subito Sam, collaboratore musicale in progetti di avanguardia e danza, nel progetto Blondes, nome senza particolari riferimenti culturali e dal retrogusto mainstream. I due vanno a vivere per un periodo di formazione “musicale” a Oakland in California, poi fanno le valigie alla volta di Berlino dove entrano in contatto con alcuni produttori dell’underground tedesco. Appena venticinquenni pubblicano il loro EP d’esordio, Touched, con Merok, etichetta indipendente britannica nota per aver lanciato tra gli altri nomi indie di successo del calibro di Klaxons, Crystal Castles, Titus Andronicus.
L’elettronica spaziale e minimale delle due “bionde” convince gli addetti ai lavori e il loro nome inizia presto a girare nei circuiti indipendenti della Grande Mela. È il 2010, Daniel Lopatin aka Oneohtrix Point Never accetta di remixare l’anestetizzante suite Moondance, ottimo biglietto da visita per il trasferimento definitivo dei Blondes a Brooklyn.
I Blondes, a differenza della maggior parte dei loro colleghi, usano una strumentazione analogica, software e laptop sono solo di supporto. Questo tipo di approccio convince Dave P della RVNG Intl. – altra etichetta elettronica newyorcheese – che dopo qualche show in giro tra Lower East Side e Williamsburg decide di ingaggiarli per una trilogia sulle dualità. Il primo 12” Lover/Hater (colui che ama, colui che odia) contiene dei sample della compositrice Meredith Monk, seduce gli appassionati ed è un successone indipendente. Seguono nell’ordine Pleasure/Business (piacere/affari di lavoro) e Wine/Water (vino/acqua). Le tracce saranno raccolte in un LP, intitolato Blondes che aiuta i due a farsi conoscere nel resto del mondo. Le composizioni sono un lungo viaggio introspettivo e ipnotico che ai ritmi della deep house tipicamente americana dei grandi producer di Chicago e Detroit fonde quel gusto teutonico ambientale. I remix hanno nomi molto in vista della scena internazionale, come l’inglese Andy Stott, gli scozzesi JD Twitch, John Roberts (dj solo omonimo del giudice della Corte Suprema), lo scozzese Dungeon Acid o il dj house di Chicago Traxx. Il duo cura poi un remix per The Field, acclamatissimo produttore elettronico svedese.
Nel frattempo i Blondes diventano, insieme ai Lemonade, i resident delle serate elettroniche nella Brooklyn dello strapotere indie rock e hip hop. La loro base è il Glasslands, piccolo club al 289 di Kent Avenue che sorge alle spalle del mausoleo in abbandono della fabbrica di zucchero Domino, quasi ai piedi del ponte di Williamsburg. Il nome scelto per gli eventi è accattivante quanto Blondes, Bananas Night e l’ingresso è gratuito per chi inserisce il proprio nome nelle numerose liste disseminate nei principali social network.
Zach e Sam sono instancabili, così si rimettono subito al lavoro per dare seguito alla trilogia di debutto. Meno di un anno dopo arriva Swisher, appena messo in ascolto gratuito online. A differenza dell’esordio che di fatto era una raccolta di otto brani, Swisher, ha il peso di un’opera più concettuale dove i confini dell’elettronica dei due si addentrano, più che in passato, nelle pause dell’ambient e nel gusto sofisticato dell’IDM degli anni Novanta (Intelligent Dance Music). Partorito e registrato a Brooklyn, non manca quell’occhiata alla techno da camera con vista a Berlino. Il caleidoscopico video di Elise (qui sotto), diretto da Greg Zifcak, dà un’idea adeguata delle sonorità da “viaggio” del disco.
I Blondes sono su Facebook, Twitter e Soundcloud.