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June 18, 2013
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Joey Bada$$: il bambino prodigio che odia essere chiamato rapper

Piero MerolabyPiero Merola
In foto, il giovane rapper Joey Bada$$

In foto, il giovane rapper Joey Bada$$

Time: 3 mins read

Joey Bada$$ in Italia sarebbe da poco maggiorenne. Negli USA invece, è ben lontano dalla maggiore età e scrive versi da quando aveva undici anni, fino a far parlare di sé già l'anno scorso, con “1999”. Il mixtape – espressione che nell'hip hop sta per album indipendente “non ufficiale”- è uscito nel giugno del 2012 e gli è valso una nomination ai BET Hip Hop Awards. Questo album ha presto portato alla ribalta il giovane rapper d'origini giamaicane, di stanza a Brooklyn, oggi tra i talenti emergenti più seguiti della nuova scena hip hop americana. Un anno dopo cresce l'attesa per l'esordio ufficiale, la cui uscita continua a essere rinviata sui social network con un'abile strategia di marketing.

Tre fratelli, una sorella, figlio di un impiegato delle poste e di un'impresaria immobiliare andata in fallimento con la crisi finanziaria, Jo-Vaughn Virginie Scott è cresciuto a Flatbush, la zona degli italo-americani più famosi del mondo dei videogames, Mario e Luigi, oltre che dell'icona hip hop Busta Rhymes. Un tempo classico meltin' pot degli immigrati europei di seconda generazione, dalla fine degli anni Settanta un'area in abbandono flagellata dalla terribile “epidemia del crack”, tuttora una delle zone più pericolose di Brooklyn. Joey viveva insieme a sua madre dalla nonna e, un po' come tutti i suoi coetanei, passava i pomeriggi ad ascoltare e fare rap.

“Nonostante gli anni dal 2006 al 2011 siano stati molto duri per la mia famiglia, i miei, divorziatisi quando avevo solo cinque anni, mi hanno sempre sostenuto: entrambi sono grandi fan della musica rap e la loro passione mi ha influenzato”, ha ammesso Joey in una delle prime interviste ufficiali.
Terminati gli studi in recitazione alla Edward E. Murrow, Joey inizialmente sceglie un nome vicino alla tradizione giamaicana, JayOhVee, scomodo giro di parole con Jahwee, il dio della religione rastafariana radicata nell'isola caraibica. Successivamente opta per un altro acronimo politicamente scorretto, “badass”, al meglio traducibile come “brutto ceffo, tipaccio”, cui appone due simboli del dollaro al posto delle esse in piena tradizione hip hop. “I media puntano spesso i riflettori su artisti che hanno nomi così cinici”, ha spiegato per dare un senso al suo cambio di nome.

Insieme ad altri coetanei o semi-coetanei ha fondato “Progressive Era” un collettivo rap di bambini prodigio newyorkesi – Capital STEEZ, CJ Fly e Powers Pleasant – con cui in pochi mesi da Brooklyn finisce a suonare in ogni angolo d'America.

La sua scalata verso il successo è iniziata, come spesso succede ai giovani talenti dell'era digitale, con un video postato su youtube nel 2010. Nella clip Joey dà sfoggio delle sue doti da “freestyler”, la peculiare tecnica hip hop di improvvisazione in rima su una base pre-registrata. Il passaparola tra i vari social network arriva fino a Jonny Shipes, influente manager hip hop, presidente della Cinematic Music Group, etichetta di rapper affermati del peso di Big KRIT, Cashius Green, Fat Trel, Nephew, Smoke DZA e Vashtie. Shipes lo ingaggia subito e in estate arriva la prima collaborazione di lusso con alcuni dei nomi nuovi più seguiti della scena rap indipendente: insieme a Kendrick Lamar, Action Bronson, Yelawolf, Big K.R.I.T. e Danny Brown compare in “1 Train”, singolo di A$AP Rocky, rapper di Harlem, idolo e collaboratore della popolarissima ex icona indie Lana Del Rey.

Mtv manda in onda in un programma un estratto dal video di “Survival Tactics” girato insieme all'amico Capital STEEZ, morto prematuramente suicida a soli diciannove anni. È stato lo stesso Bada$$ a confermarne la morte, dopo che il collega aveva preannunciato il suicidio con un tweet laconico, “The End”, nella notte della scorsa vigilia di Natale. Superato il dramma e smentite le voci di un passaggio alla corte di re Jay-Z, Joey vola a Austin, ospite del SXSW, la principale rassegna di musica alternativa del Paese.

Intanto rilascia il primo singolo del nuovo album: “Unorthodox”, esemplare traccia in cui con la sua voce matura e aggressiva rappa sulla sua fiera identità di nero di Brooklyn. Il video è un “vignettato” animato ambientato nelle strade del suo quartiere e ispirato alle opere dell'illustratore Evan Hecox. Per il primo luglio è prevista l'uscita di un nuovo EP, “Summer Knights” che anticiperà l'attesissimo LP d'esordio.
“Odio il termine rapper, nel mondo contemporaneo ha un che di degradante, perciò odio essere chiamato rapper”, ha spesso dichiarato la giovane promessa di Flatbush. Eppure a soli diciotto anni, senza ancora un vero e proprio disco all'attivo, ha oltre 200mila fan su Facebook ed è già considerato uno dei principali eredi di quella scena hip hop che negli anni Novanta ha riportato Brooklyn ai vertici della musica internazionale.

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Piero Merola

Piero Merola

Laureato in Relazioni Internazionali, lavoro come consulente di comunicazione, pubbliche relazioni e nuovi media. All'interesse per la storia e la politica americana, ho sempre unito quello per la musica. Dopo uno stage in Ambasciata Italiana a Washington, ho seguito per America 24 le presidenziali del 2012, e oggi scrivo per Rivista - Il Mulino. Editor del magazine online Kalporz, dal 2006 scrivo recensioni, interviste e report da ogni dove. Collaboro come ufficio stampa e copywriter con etichette, agenzie di booking, eventi e festival. In passato ho lavorato per festival estivi come Beaches Brew e Ortigia Sound System, oggi per la comunicazione del Diagonal Loft Club e di Deposito Zero Studios dove sono responsabile della direzione artistica del video format Live Zero. In questa rubrica vi presento nomi emergenti della scena americana, alcuni dei quali, intanto, sono diventati grandi.

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