Magico, sperimentale, riletto, in sette lingue. Questo è il Flauto magico che la più celebre orchestra multietnica del mondo ha messo in scena a Roma, di fronte ad un grande pubblico variopinto, composto da più di duemila spettatori grandi e piccini che felici si sono dati appuntamento. L’altra sera, nella sala Santa Cecilia del Parco della Musica di Roma. Alla fine dello spettacolo la gioia si misurava nella quantità di volti sorridenti, che commentavano animatamente lo spettacolo.
Un “flauto magico” suonato con tablas, oupe, congas, in cui Papageno canta in senegalese, Pamina è femminista, la Regina della notte, interpretata da Petra Magoni, è quasi punk. Uno spettacolo che mescola Mozart a reggae, jazz, pop nelle mani dell’organico di migranti, diretto da Mario Tronco, pianista, compositore, già membro degli Avion Travel.
«Questo “Flauto magico” molto liberamente: le melodie sono riconoscibili, ma alcune sono solo tratteggiate, intrecciate a brani originali dell’orchestra.
Per i recitativi abbiamo utilizzato le tecniche del fotoromanzo: alcune scene sono accompagnate da una sorta di didascalie disegnate da Lino Fiorito. Tutta la scenografia creata da Lino è fatta da acquerelli che richiamano l’idea della favola».
Come accade ogni volta che una storia viene trasmessa di bocca in bocca, le vicende e i personaggi si trasformano e anche la musica si allontana dall’originale. C’è la brava Maria Laura Martorana che interpreta la Regina della notte e canta un mambo in omaggio alla grande Yma Sumac. C’è Ziad Trabelsi, storica voce dell’orchestra che, nei panni del messaggero della Regina della notte, cantando melodie arabe, corteggia suadente la sua prigioniera Pamina, interpretata dalla cantante anglo americana Sylvie Lewis. C’è il grasso trombettista cubano Omar Lopez Valle, uno dei componenti storici dell’orchestra, che indossa una feluca come una corona e ai margini dell’orchestra racconta la storia di questa celeberrima opera mozartiana in un italiano approssimativo a volte incomprensibile, e al dunque, sottolinea gli aspetti salienti della vicenda in un colorito dialetto napoletano, efficacissimo. “E alla fine vence l’ammore…”
Lo strepitoso successo di pubblico e di critica ha già portato lo spettacolo in numerose città europee, tra le quali Parigi, Lione, Atene, Barcellona, Aix en Provence, Amsterdam e Rotterdam. Il nostro augurio è che presto l’Orchestra di Piazza Vittorio, per le sue qualità non solo musicali, sia invitata ad attraversare l’Oceano. Questi musicisti portano la testimonianza di musiche, culture e religioni diverse. Basta guardarli, tutti insieme, sul palco, per comprendere quanto possano felicemente incarnare un messaggio di fratellanza e di pace ben più efficace di proclami, comizi e dibattiti televisivi.