Ancora guai per Naomi Campbell. Pochi giorni fa la notizia che la Charity Commission del Regno Unito – authority che gestisce il registro delle associazioni benefiche – ha bandito la modella per cinque anni dalla gestione di Fashion for Relief, associazione di beneficenza di cui è stata cofondatrice, per gravi incongruenze finanziarie. Ora si viene a conoscenza che, nel 2022, alla Commission arrivò una segnalazione da parte dell’Unicef UK: “Non abbiamo mai stretto alcuna partnership ufficiale con Fashion for Relief e non abbiamo mai ricevuto alcun fondo”.
Nel 2019 l’ente, che organizzava eventi di raccolta fondi nell’ambito del fashion system, mise su una sfilata di moda con un’asta di beneficenza al British Museum, per la quale dichiarò di aver stretto una partnership con l’organizzazione mondiale per l’infanzia e di raccogliere fondi anche per una terza associazione, la Mayor’s Fund for London.
Tuttavia, l’Unicef UK ha dichiarato di non essere stata nemmeno a conoscenza dell’evento e di non aver ricevuto nulla dalla raccolta fondi. Nella relazione presentata alla Charity Commission, si evidenziavano, si presume, le preoccupazioni che il marchio Unicef fosse stato utilizzato per l’evento senza accordi, ingannando i potenziali donatori.
Nella brochure della serata, svoltasi durante la settimana della moda di Londra, Fashion for Relief affermava che i fondi raccolti “sosterranno gli sforzi dell’Unicef” per proteggere e trasformare la vita dei bambini. Su una pagina che mostrava in evidenza il logo dell’Unicef, si leggeva altresì: “Lavorando insieme, i fondi raccolti sosterranno gli sforzi dell’Unicef per fornire gli interventi essenziali per proteggere, salvare vite e garantire i diritti di tutti i bambini, ovunque”.
L’organizzazione mondiale per l’infanzia ha anche chiesto chiarimenti sul perché Campbell sia stata definita una “inviata” dell’Unicef durante un incontro ufficiale con l’allora segretario agli Esteri, Boris Johnson, nel 2018. Un comunicato stampa del Foreign Office (FCDO) del 15 giugno di quell’anno descriveva la modella come “inviata Unicef per l’emancipazione femminile”. Un titolo che l’organizzazione benefica non utilizza: “Naomi Campbell non ha mai ricoperto un ruolo o un nostro titolo ufficiale e siamo in contatto con l’FCDO per capire cosa sia successo”.
Un portavoce di Campbell ha dichiarato: “Dato che si trattava di un comunicato stampa del governo, non siamo sicuri del motivo per cui si sia parlato di lei come di un ‘inviato’”.
Altri guai. Il Mayor’s Fund for London ha ricevuto 100.000 sterline da Fashion for Relief per l’evento del British Museum del 2019. Tuttavia ha dichiarato che 50.000 sterline promesse dal ricavato di una raccolta fondi per un pop-up shop di Fashion for Relief nel novembre 2019 non si sono mai concretizzate.
A tutto ciò si aggiunge Save the Children, che nel 2019 minacciò un’azione legale contro l’organizzazione di Campbell per le somme, a proprio dire, dovute da due precedenti eventi di gala di raccolta fondi tenutisi a Cannes nel 2017 e nel 2018. Save the Children e il Mayor’s Fund for London hanno ricevuto rispettivamente 200.000 e 50.000 sterline quando Fashion for Relief è stata liquidata nel dicembre 2023.
L’inchiesta della Charity Commission ha rivelato che Fashion for Relief ha raccolto quasi 4,8 milioni di sterline in cinque anni fino al 2020, ma ha dato solo una frazione dei 4,6 milioni di sterline spesi per le attività di beneficenza – il 10% – alle associazioni partner sotto forma di sovvenzioni. È stato appurato che Campbell ha addebitato all’associazione camere d’albergo, voli e spese personali. L’associazione è stata liquidata nel dicembre 2023.