L’ossessione per la cura della pelle ha dato origine al “collagen banking”, la banca del collagene. Una nuova trovata di marketing dell’industria beauty per far fronte alla crescente passione per la proteina responsabile della giovinezza.
La sostanza – comunemente definita impalcatura della pelle – è già responsabile di un grande business: le vendite globali hanno superato 1 miliardo di dollari nel 2022 e si prevede che cresceranno di circa il 6,5% tra il 2023 e il 2032. Che sia sotto forma di siero, in pillole da ingerire o polverina da diluire, la nuova tecnica per promuovere l’utilizzo del collagene ora parla di “casse di risparmio”.
Fino a oggi il goal della skincare è stato quello di riportare indietro l’orologio. Ora viene sostituito dall’anti-age preventivo, ed è qui che entra in ballo il “collagen banking”: se puoi metterne al sicuro la produzione prima che si dissolva, il processo di regresso si allunga. È come affermare che la bellezza è il capitale e il collagene l’investimento.
Dopo una certa età – intorno ai 25-30 anni – la produzione naturale del collagene diminuisce e la nostra pelle inizia gradualmente a perdere quella caratteristica pienezza e l’elasticità, associate generalmente alla giovinezza. Ora, con l’idea di “banking” in mente, i clienti sono propensi ad acquistare più spesso, ad attenersi a un regime beauty più a lungo e a fare trattamenti ripetuti.
Si tratta di una combinazione di tecniche non invasive, tra cui il microneedling (stimolazione con minuscoli aghi), l’iniezione di PRP (plasma ricco di piastrine), l’ultherapy (un trattamento di rassodamento laser) e la terapia della luce LED, tutte progettate per aumentare la produzione della proteina prima che inizi il suo declino.
Pratiche che coinvolgono sempre di più le giovani generazioni. Basta andare su TikTok per rendersi conto che la stragrande maggioranza dei tutorial riguardanti la routine anti-age sono realizzati dalla Gen Alpha (i nati tra il 2010 e il 2025). Giovanissimi di entrambi i generi che si districano tra boccette e picchettìi sul viso, da veri ambassador della beauty industry.
Il fenomeno è diventato così diffuso che le farmacie svedesi hanno introdotto limiti di età sui prodotti anti-invecchiamento, vietando ai minori di 16 anni l’acquisto di qualsiasi prodotto che contenga AHA (acido alfa idrossi), BHA (beta idrossi), retinoidi e vitamina C.
Ma negli Stati Uniti non si esistono tali restrizioni e la richiesta di cure preventive è in crescita: i dati di Circana hanno rilevato che il 70% della Gen Z (i più “anziani” hanno solo 26 anni) utilizza prodotti anti età ogni singolo giorno.
Altro motivo che rafforza le casse di risparmio per l’età è che le idee sull’anti-invecchiamento sono del tutto cambiate. Sui social media è emersa una reazione contraria all’ossessione per la giovinezza, incoraggiando le persone a invecchiare in modo naturale. Influencer come Molly Mae Hague e celebrità come Kylie Jenner hanno parlato apertamente del desiderio di sciogliere i loro filler facciali, lanciando il Topilase (una crema lanciata nel 2021) che aiuta a eliminarli piano piano a casa.
Per adattarsi, l’industria della bellezza ha cambiato terminologia. Invece di “combattere l’invecchiamento”, si è focalizzata sulla salute, utilizzando i termini medicali; proprio il settore in cui rientra il collagene, sostanza contenuta nel corpo. È per questo che il “collagen banking” è inquadrato come misura medica per proteggere i livelli della proteina.
Ma quali sono i fondamenti scientifici dietro alla “banca”? Non ci sono evidenze concrete che il nostro organismo sia in grado di immagazzinare collagene da utilizzare con il tempo. Poi se fosse così perché non si parla di collagene da conservare per le articolazioni? Che le risposte non diano certezze poco importa. La beauty industry tira dritto, consapevole di essere inarrestabile.