“Lo impossible solo tarda poco mas”, è scritto a lettere cubitali dentro una pizzeria. È un detto diffuso, è il titolo di un libro abbastanza famoso in lingua spagnola. Sembrerebbe di essere in un pizzeria italiana con un arredamento moderno. Tutti sembrano avere “facce italiane”. Eppure ci troviamo a più di 13.000 km dalla nostra penisola. Siamo a Mar del Plata, in Argentina.
Perché diciamo questo? Perché, probabilmente siamo riusciti a fare una grande impresa, all’inizio impossibile ma divenuta realtà anche se, parafrasando la citazione iniziale, arrivata dopo molto tempo di lungo lavoro.
Si tratta della prima cattedra di studi italici al mondo, denominata, come abbiamo già avuto modo di riportare su queste pagine, in “Comunità italica e glocalizzazione”, presso l’Università Nacional del Mar del Plata (UNMDP).
Ma andiamo con ordine. Perché Mar del Plata? Perché lì si sono, finalmente, “allineati i pianeti” e le situazioni l’hanno resa possibile. Soprattutto c’è stata la volontà delle persone: un Rettore, Alfredo Lazzeretti , soprattutto il vice-Rettore, Daniel Antenucci, con origini italiane, e quindi sensibili al tema; un gruppo promotore che già aveva lavorato a progetti italici come Domingo Di Tullio, imprenditore, e Alfredo D’Ambrosio, Pres. della Camera di Commercio di Caracas e Pres. del progetto Italico; nonché di altri italici convinti come Fabio Porta, Bettina Favero, Juan Pablo Morea.
Mar del Plata permette di sviluppare questa prima cattedra con una relativa tranquillità. Non è Buenos Aires, meravigliosa metropoli ma anche caotica. È un luogo attivo, turistico, con una fortissima presenza italiana ed italica.
Fino agli anni’60 la chiamavano la Biarritz del Sudamerica, poi con l’intensa urbanizzazione del decennio successivo “diventa” la Rimini, sempre del Sudamerica. Palazzi alti e ombrosi prendono il posto di piccoli chalet in pietra, capaci, quest’ultimi, invece, di sorprendere per bellezza e unicità. Mescolate uno chalet altoatesino con una villa alla Harry Potter difronte ad una spiaggia immensa e, forse, avrete una minima idea di quello che poteva essere questo luogo qualche decennio fa. Ma quando le masse dei turisti arrivano, ahimé, anche i centri urbani cambiano.
Pensate che su 920.000 abitanti, circa 60.000 hanno cittadinanza italiana e se contiamo gli italici, coloro che hanno origini italiani raggiungiamo tranquillamente le 300.000 persone.
La cattedra nasce per rispondere ad un esigenza diffusa, come mi è stato detto in quei giorni: “è qualcosa che è nell’aria, che gli italiani all’estero vivono, ma bisognava afferrarla e renderla un progetto tangibile”.
Infatti, non si tratta di una cattedra di lingua e cultura italiana, di tutto quello è italiano. Lo è ma non si ferma a quello. Essere italici vuol dire avere una consapevolezza nuova di un’appartenenza che non si limita a quella mostrata dalla carta di identità. E un sentire comune, è il riconoscimento di uno stile di vita, di un modo di vedere il mondo, che però tiene in conto il luogo dove ci si trova a vivere. È qualcos’altro. È qualcosa in più. Se l’Italiano è dell’Italia, l’italico è del mondo.
In sintesi. Che cosa abbiamo fatto? Due eventi principali:
- L’inaugurazione della Cattedra aperta in “Comunità italica e glocalizzazione”
- Il seminario “Glocalismo, Italicità e Made in Italy”
La cattedra è stata ufficialmente inaugurata con un incontro pubblico presso il NH Hotel di Mar del Plata. L’evento ha visto la partecipazione del Rettore dell’Università di Mar del Plata, Alfredo Lazzeretti, il Vice-Rettore, Daniel Antenucci, il console Dario Cortese, e il sottoscritto in qualità di relatore dei contenuti della cattedra. Ha inviato un video messaggio l’Ambasciatore italiano in Argentina Giuseppe Manzo e uno audio il Pres. di Globus et Locus Piero Bassetti, ideatore del concetto di italicità. L’evento si è svolto con la presenza di docenti e studenti dell’Università marplatense, nonché con quella di rappresentanti della comunità italiana.
Il giorno dopo è iniziato il seminario, tenuto dal sottoscritto, che ha indagato i tre temi principali: cosa significa glocalizzazione; cosa si intende per italicità e, infine, Made in Italy e futuro di uno dei “made in” più amati nel mondo.
Alle attività hanno partecipato, docenti universitari, docenti di lingua italiana nelle varie istituzioni locali, studenti universitari, giornalisti, nonché rappresentanti della comunità italiana.
Sintetizzo tutto con le parole di una docente che ha partecipato. La lascio così come sono state scritte:
“Posso assicurarle che, nel mio caso, l’ïtalicitá me la sono trovata addosso, ad un tratto, attraverso la passione per la lingua, la musica, l ‘arte, la geografia. Da un giorno all’ altro mi sono trovata non soltanto parlando in italiano, anzi, lo studio della lingua e la cultura italiana mi ha portato a un’ altra e nuova dimensione, quella del “vivere all’ italiana”. Se dovrei riassumere cosa ho sentito durante il corso, direi che mi sono sentita e vista riflessa. Non essendo cresciuta in un ambiente italiano, la passione verso l’Italia e l’italicitá mi ha conquistato per sempre”.
Siamo quindi partiti, ma molto è ancora da fare, perché si può conquistare tanto altro. L’idea è di dare vita ad altre cattedre in altri luoghi ad alta densità italica: sempre in Argentina, o in Brasile, Venezuela, ecc… Insomma la sfida è aperta, perché nel mondo c’è bisogno di vivere all’italiana, nel senso più positivo del termine, quello che spesso noi italiani abbiamo dimenticato, ma che gli italiani all’estero desiderano e ricordano bene.
Basta poco. Basta parlare italiano in uno di questi luoghi e qualcuno ti fermerà per dirti: “Italiano?”. Rispondo: “Si”; e l’altro: “di dove?”, e io : “toscano, ma vivo a Verona”; “Oh…sa che la mia famiglia viene da Treviso? Torno in Italia per la prima volta dopo 60 anni. Sono venuto in Argentina che ne avevo 5 e non sono ritornato mai più”. E lo dice con la commozione di quel bambino che tanti anni fa era partito per una terra sconosciuta.
L’Argentina l’avete fatta voi. L’Italia è cambiata. I sogni hanno resistito.