Trovandomi a scrivere in inglese per il mio lavoro, ho dovuto spesso fermarmi a ragionare per comprendere aspetti linguistici che non erano immediatamente ovvi dallo studio della grammatica.
Ciò è dovuto al fatto che la lingua viva (la lingua viva americana in particolare) e quella delle grammatiche a volte divergono. Inoltre, anche dove non c’è divergenza, affrontando casi reali di scrittura ho dovuto pormi delle domande per chiarire situazioni che la grammatica non spiegava o, detta meglio, che la grammatica spiegava solo indirettamente.
Come in alcuni miei precedenti articoli (qui, qui e qui), condivido con piacere con i lettori di VNY il risultato di quelle ricerche che mi sono trovato a fare di volta in volta, nella speranza che i connazionali che si cimentano con l’inglese possano vedere risolti rapidamente dubbi simili.
In generale, è fondamentale per chi impara l’inglese, specialmente se intende anche scriverlo, fare un passetto indietro e apprezzare le strutture ad alto livello di una lingua straniera.
Affidarsi a corrispondenze parola per parola ci lascerebbe presto in balia di un inglese maccheronico. Se poi permettiamo a tale inglese maccheronico di cristallizzarsi nella nostra mente, sarà difficile scrollarselo di dosso in futuro.
Il condizionale passato italiano (detto anche condizionale composto) in inglese
“Come si esprime il condizionale passato italiano in inglese?”
Il nostro prototipo di liceale italiano studioso a cui avevo fatto riferimento in articoli precedenti saprebbe rispondere a questa domanda a braccio:
“Would have più participio passato, professore.”
Risposta corretta, ma solo in prima approssimazione, come vi spiegherò a breve.
Prendiamo una frase semplice:
Sono l’ultima persona a cui Madama Butterfly l’avrebbe raccontato.
I’m the last person Madame Butterfly would have told.
Tutto bene. La corrispondenza diretta qui “regge”. Alziamo la barra un pochino con un periodo ipotetico dell’irrealtà al passato e osserviamone la traduzione.
Se madama Butterfly non si fosse fidata di quel farfallone di Pinkerton, non sarebbe rimasta ad aspettarlo per anni e anni.
If madame Butterfly had not trusted that Pinkerton philanderer, she would not have waited for him for years and years
(o anche, equivalente, visto che l’inversione offre una specie di ‘if’ sottinteso)
Had madame Butterfly not trusted that Pinkerton philanderer, she would not have waited for him for years and years
La corrispondenza del condizionale passato con il conditional perfect tiene ancora.
Fin qui il nostro studente ha avuto ragione. La traduzione diretta ha funzionato. Ma non è sempre così. L’utilizzo del condizionale passato in una proposizione dipendente non funzionerebbe:
Madama Butterfly pensava che l’amore della sua vita un bel giorno sarebbe tornato.
Madame Butterfly thought that the love of her life would return one fine day.
Sorpresa. Il nostro condizionale passato italiano va obbligatoriamente reso con un condizionale presente in inglese in questa circostanza.
Qual’è quindi la differenza tra il primo e il secondo esempio?
Il periodo ipotetico e le proposizioni dipendenti usano schemi simili, ma non uguali, nelle due lingue.
Per chiarire la diversità di trattamento della proposizione dipendente occorre apprezzare i meccanismi della concordanza dei tempi (a volte chiamata col termine latino consecutio temporum anche con riferimento all’italiano), ovvero di come occorra preservare la logica dei tempi quando si hanno:
- una frase principale al presente, passato o futuro
- una frase secondaria in cui l’azione avviene prima, durante o dopo l’azione della reggente.
Facciamo riferimento ad una frase contenente discorso diretto per spiegare:
Madama Butterfly disse: “Indosserò il mio kimono più bello”
Passando al discorso indiretto, avremo una reggente al passato (remoto in questo caso) che introduce un discorso diretto con un futuro:
Madama Butterfly disse che avrebbe indossato il suo kimono più bello.
Abbiamo quindi una situazione di reggente al passato e subordinata legata da un rapporto di posteriorità (quello che succederà, avviene dopo rispetto alla reggente). In poche parole, un caso di “futuro nel passato”.
Come ci spiegano le grammatiche italiane (ad esempio la Treccani), questo avviene con l’uso del condizionale passato nella clausola subordinata nell’italiano contemporaneo.
Nota: Per completezza, ci sarebbe da menzionare il fatto che, in italiano, esiste una tabella aggiuntiva per trattare i casi in cui la reggente usi un verbo che richieda il congiuntivo. Anche in quel caso per il futuro nel passato è richiesto il condizionale passato (“Madama Butterfly pensò che avrebbe indossato il suo kimono più bello”). Ma non complichiamo le cose più del necessario. Il link alla Treccani.it riportato sopra spiega tutto.
Come viene gestita la stessa situazione in inglese? Il sito della BBC (la TV pubblica britannica) offre un’ottima referenza grammaticale online. Senza perdersi nei paroloni amati dai grammatici, la BBC spiega il “futuro nel passato” con esempi semplici. Quando si riporta a discorso indiretto una frase pronunciata in passato che fa riferimento al futuro, will deve diventare would.
Applicando la regola al nostro esempio:
Madama Butterfly said: “I will wear my most beautiful kimono”
Madame Butterfly said that she would wear her most beautiful kimono.
Ecco spiegato un caso in cui il condizionale passato italiano deve essere tradotto col condizionale presente in inglese.
Ad alcuni potrebbe interessare l’osservazione che la scelta italiana del condizionale passato non è una scelta antichissima. Ancora Alessandro Manzoni usava il condizionale presente (anziché quello composto) per la Consecutio ne “I Promessi Sposi”, anche se poi la scelta si è stabilizzata sul condizionale passato.
Nota: Se fossi laureato in lettere, investirei più tempo per approfondire come e quando è stata fatta la scelta del condizionale passato per il “futuro nel passato”. D’altronde, per le mie esigenze di scrittore occasionale ne so abbastanza. Se per caso conoscete i dettagli, vi invito a condividere il vostro sapere nella sezione dei commenti. Grazie in anticipo.
Condizionale nella reggente
È appena il caso di menzionare il caso in cui una frase reggente sia in realtà ancora una specie di subordinata dal punto di vista logico. Come tale potrebbe utilizzare il condizionale passato. Dal punto di vista pratico non cambia niente rispetto a quanto già scritto:
Stare seduto da solo al ristorante di sushi era noioso. La mia ragazza Butterfly sarebbe arrivata da me di lì a poco.
Sitting alone at the sushi restaurant was boring. My girlfriend Butterfly would join me shortly thereafter.
Punti di attenzione
La spiegazione sopra dovrebbe bastare a risolvere tutti i casi in cui, in italiano, usereste un condizionale passato senza cadere nel trabocchetto della consecutio.
Ci sono alcuni punti di attenzione su argomenti “limitrofi” che affronto rapidamente.
Consideriamo la seguente frase inglese e la sua traduzione:
I thought he would kill her.
Pensavo che la uccidesse.
Perché ho usato l’imperfetto congiuntivo e non il condizionale composto? L’ho fatto perché ho leggermente “barato”. La versione con il congiuntivo imperfetto mi suona più idiomatica di “pensavo che l’avrebbe uccisa”, ma quest’ultima sarebbe la traduzione letterale che più fedelmente rispecchia il rapporto di posteriorità dell’originale. Secondo le regole italiane della Consecutio, il congiuntivo imperfetto serve per la contemporaneità. La differenza è sottile e a volte conviene fare piccoli compromessi di significato a favore di una resa dello scritto che suoni più naturale. L’importante è essere coscienti di cosa accade per tenere la situazione sotto controllo.
Sempre riguardo ai punti di attenzione, vale la pena osservare alcuni casi in cui in inglese si usa il conditional perfect (would have più participio passato) senza che questo debba essere tradotto come condizionale in italiano.
Consideriamo questa frase in inglese:
I thought he would have come by then.
Questo non è un futuro nel passato, bensì un passato nel passato. Io pensavo che lui, per quell’ora, fosse già arrivato, e non che sarebbe arrivato in un momento posteriore.
Secondo le regole della Consecutio italiana che abbiamo già menzionato, l’italiano richiede il trapassato congiuntivo d’obbligo (e non il condizionale!):
Pensavo che lui fosse già arrivato a quell’ora.
Per completezza, se il verbo della reggente fosse uno di quelli che reggono l’indicativo, la secondaria userebbe l’indicativo anch’essa (trapassato in questo caso):
I knew he would have come by then.
Sapevo che era già arrivato a quell’ora.
Punti di attenzione che non ci dovrebbero essere, ma che ci sono
Non ero sicuro se aggiungere questa parte perché sto per parlare di modi di esprimersi che, a rigor di grammatica, sarebbero da considerarsi errati in inglese, e quindi, in qualche modo “squalificati”.
Eppure sono modi che si trovano molto comunemente, specialmente nell’inglese americano e specialmente in film e serie TV (e quindi nei testi che utilizzano il discorso diretto). Faccio sicuramente cosa gradita a molti offrendo indicazioni su come riconoscerli.
Libro di grammatica alla mano, i costrutti che sto per mostrarvi sono scorretti, eppure sono così comuni che anche americani con un buon livello di istruzione giurerebbero sulla loro correttezza!
Consideriamo questa frase.
(errata) If I would have known you were sick, I would have brought you lunch.
Non è raro sentire una frase così nella lingua parlata. Essa contiene un condizionale passato (anzi due), ma ha un problema: il primo condizionale è sbagliato! Ci vorrebbe il congiuntivo anche in inglese:
(corretta) If I had known you were sick, I would have brought you lunch.
che ovviamente significa:
Se avessi saputo che eri malato, ti avrei portato il pranzo.
Lo stesso errore si trova molto comunemente con il verbo wish, quando questo è usato per esprimere un desiderio impossibile o di difficile realizzazione (“vorrei tanto”):
(errato) I wish it would have gone differently.
La grammatica insegna che la forma corretta è:
(corretto) I wish it had gone differently. (Vorrei che le cose fossero andate diversamente)
Credetemi: fior fiore di madrelingua americani sarebbero pronti a scommettere che la forma con “would have” sia corretta ed accettabile anche nello scritto. Ma non è così.
La confusione è forse spiegata dal fatto che una versione di “wish” con la relativa contenente would + infinito senza il “to” esiste realmente. Questa costruzione indica irritazione verso qualcuno o qualcosa. Si esprime un desiderio (che si considera realizzabilissimo) che qualcuno faccia qualcosa per migliorare una situazione insoddisfacente:
I wish he would take off his shoes before entering my home.
Mi piacerebbe che si togliesse le scarpe prima di entrare in casa mia.
L’errore si ha quando il condizionale composto (conditional perfect in inglese) è usato in situazioni di desiderio irrealizzabile.
Visto il vasto utilizzo fatto nei film e nelle serie televisive, è naturale che anche molti madrelingua siano confusi.
Nota: Ad essere sincero, non mi stupirei troppo se questo modo di formare il desiderio irrealizzabile finisse per essere considerato standard nell’inglese americano (e quindi nell’inglese tout court) scritto nel giro di qualche anno, o addirittura che alcuni professionisti della parola già lo considerino sufficientemente corretto ora.
Nel frattempo, meglio prendere anche le indicazioni dei madrelingua con le molle. Gli anglofoni raramente si pongono domande di grammatica, limitandosi ad andare a orecchio.
Un’ultima considerazione di più ampio respiro
Con l’espressione takeaway point gli americani identificano quei (solitamente pochi) concetti salienti che chi ha partecipato a una discussione o ha letto un articolo dovrebbe “portarsi a casa”, facendoli propri e metabolizzandoli anche qualora i dettagli a contorno andassero perduti.
Per quanto mi riguarda, il takeaway point che voglio passarvi è questo: se volete scrivere in un inglese il più possibile idiomatico, considerate le frasi nella loro interezza e non provate a tradurre dall’italiano parola per parola. La gestione corretta del condizionale passato in fondo è un esempio di questo.
Se poi volete fare un passo in più, allora aggiungo un altro takeaway point: non basta neanche fermarsi alla frase. È meglio andare oltre la frase e pensare la struttura di interi paragrafi nel loro insieme, come avevo iniziato a spiegare in un mio articolo che avvisa sui rischi dell’italianorum.
Periodi ipotetici dell’irrealtà, frasi subordinate di varie natura, periodi incidentali, frasi concatenate che non finiscono più e ampollosità simili sono comuni in italiano. È certamente possibile tradurli in inglese periodo per periodo, ma è difficile che questa operazione vi porti ad un inglese scorrevole e moderno.
Quei costrutti vengono spesso riconosciuti come “pesanti” e deleteri per la leggibilità di un testo in inglese. Se potete, provate a pensare fin dall’inizio a come evitarli pur arrivando a veicolare gli stessi concetti.
Prendiamo questo paragrafo, preso da internet ed adattato, che in italiano potrebbe essere considerato accettabile, se non addirittura piacevole, da molti.
Se Moana avesse mai avuto il coraggio di andarsene anche solo per un giorno, probabilmente lo avrebbe fatto. Quando guardava fuori dalla finestra, senza sapere esattamente cosa stesse guardando, pensava che le giornate ormai sarebbero state tutte uguali. Ormai non si aspettava più niente da quel luogo, un tempo così amato, ormai considerato solamente una prigione, da quando aveva scoperto che la felicità risiedeva altrove, lontano. Così lontano che a volte stentava a credere che esistesse davvero un luogo in cui poter essere se stessa, senza più maschere, quelle dannate maschere così pesanti, così opprimenti, di cui non poteva più liberarsi.
Se volete scrivere un buon inglese, il primo passo è riuscire a rielaborare il tutto in una struttura più semplice. Ad esempio, proporrei:
Moana voleva andarsene, ma non ne aveva mai avuto il coraggio neanche per un giorno. Guardava spesso fuori dalla finestra senza sapere esattamente cosa osservasse. Pensava che le giornate ormai sarebbero state tutte uguali. Non si aspettava più niente da quel luogo che un tempo aveva tanto amato. Lo considerava una prigione da quando aveva scoperto che la felicità risiedeva altrove, in un posto lontano dove avrebbe potuto essere se stessa, senza più maschere. Quelle dannate maschere così pesanti, così opprimenti, di cui non poteva più liberarsi.
Se provaste a tradurre i due paragrafi in inglese, avreste la percezione immediata di cosa intendo.
Quando saprete fare questo esercizio a braccio con l’italiano, la strada per la scrittura in un inglese più idiomatico sarà spianata dinanzi a voi.
Conclusione
Scrivere in inglese significa “ri-cablare” la propria mente per arrivare a esprimersi con frasi più semplici. Arrivati alle frasi semplici, meglio avere un buon armamentario per affrontare i vari trabocchetti che la nostra madrelingua potrebbe porci nei confronti dell’inglese.
Questo articolo intende offrirvi uno strumento per aiutarvi in quello sforzo.