“È certo che nel mondo degli uomini nulla è necessario, tranne l’amore.”
Johann Wolfgang Goethe, “Viaggio in Italia”, 1816
Nome: Rachel
Cognome: Velazquez
Nata a: Repubblica Dominicana
Vive a: Miami (Florida)
Ha studiato lingua italiana: scuole di lingua italiana per stranieri in Italia e università americana Florida International University
La lingua è alla base dei nostri rapporti interpersonali e avere una lingua in comune è di fondamentale importanza per intessere relazioni e creare legami. La storia di Rachel è una storia di amore e profonda dedizione. è la storia del rapporto tra una figlia (acquisita) e una suocera; è la storia di due donne che hanno lasciato la propria terra natale per una vita migliore. Dominicana di nascita, Rachel si trasferisce molto giovane negli Stati Uniti, dove comincia una nuova vita, sposando un uomo di origini italo-americane. Il giorno prima del matrimonio conosce sua suocera, una minuta donna siciliana e la saluta, rivolgendosi a lei in inglese. La donna risponde al saluto usando una mescolanza di parole inglesi e italiane, ma Rachel non riesce a comprendere bene cosa la suocera dica. In quel momento Rachel decide che avrebbe studiato italiano per poter parlare con la mamma del marito. Dopo un periodo di studio, Rachel raggiunge una buona conoscenza della lingua e un giorno va a trovare la suocera e le parla, rivolgendosi a lei in italiano. Scoprendo che la suocera non riesce a capire la lingua italiana, dal momento che l’unica lingua che la donna conosce è il dialetto della terra d’origine, Mussomeli, un piccolo paese in provincia di Caltanissetta (Sicilia). Ecco di seguito la sua storia, commovente e piena d’amore.
Rachel, sei nata nella Repubblica Dominicana ma hai la cittadinanza americana. Ci spieghi il tuo rapporto con gli Stati Uniti?
“Certamente. A essere sincera, ho ben tre cittadinanze, di cui vado molto fiera: quella dominicana, quella americana e quella italiana; quest’ultima l’ho acquisita grazie a mio marito, che è di origini italiane. Da giovane, mi sono trasferita negli Stati Uniti dove mi sono sposata e ho avuto quattro figlie. Nel 1992, il giorno prima del mio matrimonio, ho conosciuto mia suocera, Giovanna, che ci ha lasciati un po’ di tempo fa. Lei era siciliana, nata nel 1929 a Mussomeli (in provincia di Caltanissetta); all’età di 33 anni si era trasferita negli Stati Uniti, esattamente a Greenville (Pennsylvania). Quando la conobbi, notai subito che lei non parlava inglese e quando diceva qualcosa non riuscivo assolutamente a capirla. Vidi anche che lei era totalmente isolata rispetto alla famiglia: parlava poco e rimasi molto colpita da questa cosa. Dopo il matrimonio, io e mio marito, almeno una volta l’anno, andavamo a trovarla a Greenville e la vedevo sempre più in disparte e lontana da tutti, anche dai suoi sette figli, che si esprimevano solo in inglese. Ogni due anni i parenti di mio marito organizzavano una grande riunione familiare e più passavano gli anni e più mi accorgevo che questa donna era sempre più sola; cucina, sistemava ma non parlava con nessuno. Mio marito e i suoi fratelli le dicevano “yes, mom”, ma in realtà capivano poche parole di quella mescolanza tra inglese e dialetto utilizzata da mia suocera e con il passare degli anni la comunicazione diventava sempre più difficile, specie quella telefonica. Giovanna ha avuto sette figli e suo marito Giuseppe era morto quando il più grande dei figli aveva undici anni e quindi lei non aveva avuto tempo di studiare l’inglese. Mio suocero era entrato negli Stati Uniti nel 1903 attraverso Ellis Island passenger – a soli sei anni -, dopo aver fatto un viaggio in nave della durata di quaranta giorni; io e mio marito abbiamo trovato il suo nome nel registro dei passeggeri emigrati negli USA. Nel 1959 Giuseppe andò a Mussomeli perché voleva sposare una giovane donna, per poter avere una famiglia. Nel suo paese conobbe diverse donne e nel 1960 sposò Giovanna. A quel tempo, lui aveva 63 anni e lei 30. I genitori di Giovanna erano già morti entrambi dopo lunga malattia e mia suocera Giovanna decise di emigrare perché voleva una vita migliore. Giuseppe le diede sette figli, per i quali è vissuta”.
L’amore per tua suocera e la sofferenza che provavi nel vederla così isolata ti hanno portato a una scelta importante: imparare la lingua italiana per entrare in contatto con lei. Ma qualcosa è andato storto…
“Nel 2005, in uno dei viaggi di ritorno dalla nostra visita annuale a mia suocera, decisi che l’anno successivo le avrei fatto una sorpresa: avrei studiato l’italiano per poter parlare finalmente con lei e farla sentire meno sola. Così, nel 2005, mi iscrissi a una scuola di lingua italiana a Venezia, che si trova a Campo Santa Margherita e si chiama “Istituto Venezia”, mentre le mie figlie stavano in una colonia estiva a Lignano Sabbiadoro, un bellissimo posto che allora era pieno di turisti tedeschi.
Quando nel 2006 io e mia suocera ci siamo riviste, avevo preparato con cura un piccolo discorso per salutarla e per farle capire che dal quel momento in poi avremmo potuto parlare insieme. L’ho salutata e le ho detto: “Ciao Giovanna, come stai? Il prossimo anno andiamo in Italia; ti voglio portare nella tua isola, nella bella Sicilia!”. Ma lei mi guardava e diceva: “Perché non parli in inglese?”. E io le dicevo: “Ho studiato italiano per parlare con te”. Trascorsi un po’ di minuti, ho capito che la sorpresa più grossa l’aveva fatta lei a me perché mia suocera non conosceva l’italiano ma solo il dialetto di Mussomeli, che tra l’altro è un dialetto strettissimo e molto difficile da capire”.
Per imparare l’italiano hai attraversato mezza Italia e non solo. In quali scuole e università sei stata e come ti sei trovata?
“Dopo essere stata per due volte consecutive a Venezia, nel 2008 mi sono iscritta a una scuola di Torino che si chiama “L’italiano Porticando” (il nome della scuola nasce dal fatto che a Torino ci siano tanti portici), per seguire un corso intensivo di due settimane. Poi, mi sono iscritta all’università americana “Florida International University” e, nel 2010, sono tornata in Italia per un mese grazie a un programma estivo durante il quale ho studiato all’Università per Stranieri di Perugia. La cosa più bella di Perugia è l’arco etrusco: un monumento di una bellezza indescrivibile, per la maestosità e l’antichità della porta.
Nel 2012 presso la Florida International University ho conseguito un Academic Minor in lingua italiana. In questi mesi sto, infine, seguendo un corso presso l’Università per Stranieri di Siena, di livello B2. A Siena mi trovo molto bene: le mie docenti sono bravissime e insegnano molto bene la grammatica. Siamo un gruppo numeroso di 29 studenti provenienti da diverse parti del mondo: cinesi, giapponesi, vietnamiti, cileni, argentini, danesi, americani, un sacerdote tedesco, una bulgara e una greca (quest’ultima parla benissimo italiano!). Comunque, posso dire che la cosa che più mi ha aiutato a imparare la lingua italiana è stata la trasmissione televisiva “L’eredità” , che seguo dagli USA su Rai Uno a pagamento. Può sembrare strano, ma io ho appreso tantissime nuove cose seguendo quella trasmissione. Di solito la registro e, quando sono libera, nel fine settimana o prima di dormire, la seguo e imparo veramente molto”.
Tornando al tuo rapporto con l’italiano, come utilizzi oggi la tua conoscenza della lingua?
“Dopo l’esperienza con mia suocera, decisi che non avrei smesso di studiare italiano. Mia suocera aveva capito e apprezzato il mio sforzo ed era contenta del mio gesto di amore nei suoi confronti; ma la comunicazione tra noi non è mai stata possibile, purtroppo. I dialetti di quei piccoli paesi italiani sono davvero incomprensibili e, tra l’altro, cambiano da un paese a un altro.
Ho pensato, però, che il destino mi avesse voluto avvicinare alla lingua italiana attraverso questa particolare situazione e la mia passione per la lingua italiana è cresciuta sempre più e mi ha stimolato ad andare avanti e ora ho un livello B2 di conoscenza dell’italiano e mi sento molto felice di questo risultato. Credo che ogni fatto abbia una sua spiegazione nella vita e posso senz’altro dire che questa lingua mi ha aiutato a crescere, sia mentalmente, sia culturalmente. Grazie alla conoscenza dell’italiano, infatti, ho avuto modo di conoscere tante bravissime persone che parlano italiano ma non inglese e che vivono in Italia e in altre parti del mondo. Io, ad esempio, non amo stare a Roma perché gli italiani che vivono lì conoscono l’inglese e vogliono metterlo in pratica con me, mentre io voglio parlare solo in italiano! In Toscana mi trovo molto bene per quanto riguarda l’uso della lingua; credo che qui la lingua sia molto chiara e si impari molto più facilmente, almeno per quanto riguarda la pronuncia delle parole, a parte la “c” che, come si sa, nella pronuncia toscana non si sente! A Miami non ho molta possibilità di praticare la lingua italiana perché gli italiani che vivono e lavorano nel quartiere di Brickell la parlano poco. Per respirare un po’ di aria italiana qualche volta vado al Brickell City Center, dove da poco hanno aperto due ristoranti italiani. Alle volte il Consolato Italiano a Miami fa qualche riunione e organizza attività, ma il circolo italiano più attivo si trova a Boca Raton.
A parte questo, le lingue che più utilizzo sono lo spagnolo e l’inglese e vorrei concludere questa intervista con una riflessione sull’importanza della lingua d’origine nella nostra vita. Pochi giorni prima di morire, quando era in agonia in uno stato terminale di Alzheimer, mia suocera ha cominciato a parlare in dialetto e lo fatto per tre giorni, senza sosta. Parlava continuamente nel dialetto di Mussomeli, ma nessuno la capiva. Chissà cosa avrà detto. Mi piace pensare che, parlando con i propri figli, li avrà invitati a mettersi accanto a lei e a farle compagnia. Senza parole ma solo con la presenza, così come loro hanno fatto rimanendole vicini fino all’ultimo respiro”.