L’italiano suona ancora come ai tempi di Dante. Eppure non smette di essere lingua viva, perché espressione di una creatività intrinseca all’universo culturale entro cui si sviluppa e si evolve: Firenze per due giorni (17-18 ottobre) ha ospitato gli Stati Generali della Lingua Italiana nel Mondo, nella sua seconda edizione 2016 organizzata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dal Comune, che proietta il Belpaese e il suo idioma in un futuro nel quale l’Italia non è destinata a un ruolo marginale, grazie a un solido Dna culturale che la candida a protagonista delle sfide del mondo globalizzato.

Se a livello globale l’italiano è la diciannovesima o ventesima lingua per numero di parlanti e la quarta o quinta per numero di studenti – 2,3 milioni quelli che scelgono di apprenderla oltre i confini della penisola – si posiziona invece al secondo posto nella graduatoria dei marchi commerciali. Fuori dalla logica dei grandi numeri, la vera scommessa si gioca allora sull’unicità di una lingua che è specchio di una nazione capace di ispirare il mondo intero con il suo genio.
L’italiano attrae i cultori del bello, ma è anche “congegno attraverso il quale analizzare la realtà con lo sguardo particolarissimo degli italiani”, secondo il Vice Ministro agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale Mario Giro. Abbracciare il mondo con la lingua dell’umanesimo significa inoltre affermare un’identità universalista senza pretese egemoniche nelle parole del ministro, che parafrasando d’Alembert la definisce “primo soft power che il mondo abbia mai conosciuto”. Duplice il fronte entro cui mobilitare il patrimonio linguistico: da un lato l’italiano quale lingua pratica dell’accoglienza, ponte per abbattere le differenze culturali nella penisola, dall’altro lingua-mondo, viatico per l’industria, l’economia e gli stili di vita.
Di finanziamenti alle scuole italiane all’estero, ma anche delle potenzialità della lingua in termini di rilancio del Paese, ha parlato il premier Matteo Renzi: “L’italiano deve essere elemento di richiamo, non basta la letteratura, va inserito in una cornice” ha esordito il presidente del Consiglio, citando il design, la moda, la gastronomia, ma anche l’industria cinematografica e della comunicazione quali occasioni importanti di promozione dell’Italia e dell’italiano all’estero. “Il mondo chiama l’Italia, perché ha bisogno di bellezza” ha aggiunto prima di volare alla Casa Bianca per la cena con Barack Obama, commentandola quale “riconoscimento del nostro principale e amato alleato, un riconoscimento simbolico, non personale”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intervenuto nella seconda giornata degli Stati Generali della Lingua Italiana nel Mondo: “Italofonia e italofilia sono percorsi sempre più paralleli e fra loro interconnessi. – ha affermato il capo dello Stato, precisando – A ragion veduta, il dibattito – nei decenni – si è allargato fino a ricomprendere un’idea estesa della suggestione della civiltà italica, delle sue varie sfaccettature, antiche e moderne e contemporanee, che essa può offrire”. Italiano lingua dell’umanesimo, ma anche “lingua franca” di un’umanità che si rinnova ogni giorno sulle nostre coste, come puntualizzato da Mattarella: “La diaspora dell’italiano in uscita, con l’emigrazione di massa prima e quella più di carattere professionale di oggi, fa da contraltare alla diaspora di altri popoli in ingresso nella cultura italiana, e per i quali spesso l’italiano è la lingua tramite per eccellenza, una sorta di ‘lingua franca’ per dialogare tra di loro, così come accadeva molti secoli fa nel Mediterraneo. In qualche modo l’italiano, da lingua tipica di un territorio limitato, si propone in questo senso come lingua di una cultura a vocazione universale”.
L’emigrazione degli italiani, d’altro canto, è certamente un tema scottante, come dimostrano i numeri citati dal Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini: solo nel 2015, secondo la Fondazione Migrantes, in 100 mila hanno lasciato l’Italia, ponendo una sfida in termini di preservazione e valorizzazione dell’italiano nel mondo. Dal corso di laurea specialistica per l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda istituito nelle scuole, al tema della necessità di un riconoscimento del diritto alla cittadinanza per ius soli, il Ministro ha toccato varie questioni legate all’italiano, definito come “la lingua con la maggiore stabilità e conservazione, che presenta ancora l’80-90 percento dei vocaboli dei tempi della Divina Commedia” e alla quale “ riconoscere lo straordinario contributo dato alla formazione del linguaggio artistico, culturale e scientifico”.
L’italiano nelle strategie di comunicazione

Di fronte a un modo di comunicare sempre più orizzontale in cui l’italiano passa sempre più attraverso la rete, per la presidente Rai Monica Maggioni è “necessario investire in nuove risorse e idee” per ripensare la lingua italiana nel contemporaneo, dando vita a un racconto progettuale che impieghi le nuove tecnologie. In un contesto globale dominato dai rischi del terrorismo, l’italiano si propone quale piattaforma per fare comunità e strumento per superare le contraddizioni e le paure, secondo la giornalista, che aggiunge: “Per chi ha un valore specifico come l’Italia, la globalizzazione è uno strumento di diffusione straordinario. Il genio italiano si riflette in ogni simbolo della nostra lingua”.
Cambiare registro è altrettanto importante, abbandonando una sorta di italo-nostalgia collettiva che per anni ha relegato la lingua a un passato glorioso e riconoscendo le potenzialità di un idioma che non può essere considerato prerogativa di un manipolo di eruditi, secondo il professor Andrea Riccardi, presidente della Società Dante Alighieri: “L’estroversione della lingua è indietro rispetto a quella dell’impresa. Ma le lingue oggi si scelgono, non si perdono. La nostra ha un contenuto, non è solo veicolo”.
Circa le numerose realtà presenti nel mondo, nate con lo scopo di preservare e valorizzare la lingua italiana, Riccardi propone che siano messe in rete, federate in un tessuto di ital-simpatia ben nutrito, poiché sono in tanti a sentire le proprie radici in Italia.
Per rispondere alla domanda di lingua e cultura italiana, è nato il portale della lingua italiana nel mondo, lanciato nella giornata di apertura degli Stati Generali da Vincenzo De Luca, Direttore per la Promozione del Sistema Paese MAECI, che ha dichiarato: “Per la prima volta riusciamo a raccogliere in un’unica piattaforma tutti i dati sulla lingua, per alimentarla e sostenerla”, poiché non bastano soltanto gli insegnanti, ma è necessario creare una rete da sostenere con un approccio innovativo.

Le marche, forma di fruizione dell’Italia e dell’italiano nel mondo
Un ruolo cruciale nella promozione della lingua è quello giocato dalle imprese italiane, grazie alle quali l’italiano vive nella creatività, nella qualità e nello stile proposto dai marchi di alta gamma, che utilizzano la lingua per proporsi in tutto il mondo. A entrare nel vivo del tema è la tavola rotonda moderata dal giornalista Beppe Severgnini.
Figli di Leonardo da Vinci, secondo Olivier François del gruppo Fiat-Chrysler gli italiani non sono aspirazionali, ma ispirazionali: “Se il business parla inglese, l’arte parla italiano. Noi utilizziamo il termine creare, che deriva dal latino e non ha la stessa connotazione di make, che deriva dal tedesco machen ed è legato alla meccanica e alla tecnologia”, confessando come l’immagine e lo stile di vita dell’Italia abbiano avuto un ruolo essenziale nel successo dell’azienda nel mondo, che ha scelto di proporre la lingua italiana e l’italianità in diversi spot di incredibile successo.
Per Andrea Illy, Presidente della Fondazione Altagamma e di Illy Cafè, l’Italia può vantare un primato assoluto, quello del più alto numero di settori dell’industria simbolica. “Le marche sono le migliori ambasciatrici dell’italiano, una forma di fruizione dell’Italia nel mondo, in un’unione di bellezza figurativa e linguistica”. Se la creatività segue mode e stereotipi effimeri, per l’imprenditore è essenziale puntare all’unicità, utilizzando designer italiani, senza tagliare le radici con la propria cultura.
Il legame tra lingua e retroterra artistico-culturale è alla base dell’approccio adottato da Bulgari, che crea collezioni-citazioni dei luoghi più iconici di Roma. Per Lelio Gavazza, General Manager Europa, Asia, Medio Oriente di Bulgari: “La bellezza del Paese traspira nell’italiano, lingua amata dal valore emozionale molto forte”.
Se per Anna Maria Testa, esperta di comunicazione e saggista, l’impiego della lingua italiana è uno “strumento posizionante distintivo per i marchi di alta gamma”, per Clemént Vachon, Direttore della Comunicazione e delle relazioni internazionali del gruppo San Pellegrino, una parola italiana ha un valore anche in termini economici, come sperimentato nel lancio di prodotti che richiamano nel nome i luoghi e i talenti del Belpaese, nel mondo sinonimo di qualità, autenticità, gusto, esclusività e bellezza.