Ad alcuni capita, nonostante una vita piena di impegni, di stendersi sul letto, fissare il soffitto e lasciare che i pensieri corrano liberi. Capita di chiedersi, anche quando tutto sembra andare per il verso giusto, cosa sarebbe successo se quella nave non l’avessero mai presa. Se su quell’aereo non fossero mai saliti.
Cosa sarebbe accaduto se fossero rimasti là, nel loro paese d’origine, a inseguire una strada diversa, magari più semplice o solo più familiare. Se avessero dato ascolto a chi, con affetto e una certa dose di scetticismo, diceva che una via l’avrebbero trovata anche restando a casa.
È proprio da queste domande che nasce Do you speak Pramzan, il nuovo libro di Claudio Rinaldi. Un’opera che, partendo da storie vere di emigrazione, diventa un’indagine più ampia sull’identità, sull’appartenenza e sul significato del sentirsi “a casa” ovunque nel mondo.
Rinaldi, parmigiano e giornalista, direttore della Gazzetta di Parma, racconta le vicende di tanti conterranei che hanno lasciato l’Italia per cercare fortuna altrove. Il libro si snoda attraverso tre grandi capitali simbolo dell’emigrazione italiana nel Novecento: New York, Londra e Parigi. Metropoli piene di opportunità, ma anche di contraddizioni, fatiche, rimpianti. E, soprattutto, di storie.

Tra queste spicca quella di Mario Gabelli, probabilmente il più celebre tra gli espatriati originari della provincia di Parma. Nato 83 anni fa nel Bronx da genitori emigrati da Solignano, Gabelli è oggi un nome noto nel mondo della finanza americana, con un patrimonio stimato di 2 miliardi di dollari.
Ma Do you speak Pramzan non è soltanto un elenco di successi o un catalogo di biografie straordinarie. È un testo che affronta anche le zone d’ombra dell’esperienza migratoria: i compromessi, le frustrazioni, le rinunce. Rinaldi non indugia nella retorica, ma racconta con lucidità e delicatezza anche le storie di chi è rimasto nel mezzo, chi ha vissuto perennemente tra due mondi, chi non ha mai capito veramente dove fosse casa. Chi, pur costruendo una nuova vita all’estero, ha continuato a sentire un richiamo nostalgico verso le colline, i dialetti, i sapori della propria terra.
Il tutto è arricchito da immagini d’epoca, ricordi familiari, testimonianze tramandate di generazione in generazione. Un mosaico di memorie che Rinaldi ricompone con sensibilità narrativa e rigore giornalistico, restituendo voce a un’intera comunità. E proprio in questa attenzione ai dettagli, nel rispetto per le vite raccontate, risiede la forza del libro.
Do you speak Pramzan è un titolo che parla non solo a chi ha origini emiliane, ma a chiunque abbia mai provato il senso di sradicamento, la tensione tra le radici e le ali, tra ciò che siamo stati e ciò che vogliamo diventare. È un libro per chi ha vissuto il distacco, per chi si è chiesto quanto di noi rimanga quando attraversiamo un oceano, quando iniziamo a pensare in un’altra lingua, quando i figli crescono lontano da dove siamo nati.
È un omaggio alla memoria e alla complessità dell’identità. Un invito a riconoscersi. E a ricordare che, anche lontani, qualcosa di casa rimane sempre dentro.