“Arianna” (Sonzogno) dell’inglese Jennifer Saint è l’ennesima prova che il mito è diventato un romanzetto rosa. Il libro ha una bella prosa e Saint afferma di essersi laureata in studi classici al King’s College di Londra, eppure travisa il mito credendo di reinventarlo in modo originale. Questo significa privarlo del suo messaggio psicologico, essendo il mito portatore di archetipi universali che ci aiutano a comprendere chi siamo.
La storia di Arianna che dona il filo a Teseo per uscire dal labirinto è nota. Ma riassumo: Arianna è la figlia del re di Creta. Nel XX secolo a.C. la civiltà minoica e talmente potente che Atene deve omaggiarla ogni anno con 14 giovani da sacrificare al Minotauro, richiuso nel labirinto. E’ un mostro invincibile metà uomo e metà toro, figlio della regina Pasifae e di un toro divino mandato dal dio Poseidone per sedurla. Teseo, figlio di Egeo, re di Atene, decide di accompagnarli e cercare di uccidere il Minotauro. Arianna lo vede e se ne innamora, perciò gli dà il filo. Teseo uccide il Minotauro e salpa con Arianna alla volta di Atene, ma poi la abbandona sull’isola di fronte Cnosso, chiamata Dia o Naxos. (Da qui il detto: sono stata piantata in asso, ma la forma corretta sarebbe: piantata in Nasso). Poi Teseo andrà con Eracle nel Mar Nero a sconfiggere le Amazzoni alla foce del fiume Termodonte per carpire la cintura di Ares alla regina Ippolita e rapirà la sorella Antiope. Avranno un figlio Ippolito, ma Teseo si stancherà di Antiope e sposerà Fedra, la sorellina di Arianna. La quale invece si innamorerà di Ippolito che la rifiuterà, perché fedele al culto di Artemide: Fedra, prima di suicidarsi, lo accuserà di averla violentata. Teseo invocherà la vendetta del nonno Poseidone che travolgerà il nipote con i suoi potenti cavalli marini lungo la spiaggia. Tuttavia la dea Artemide riporterà in vita Ippolito e lo condurrà nel Lazio, a custodire il suo tempio presso il lago di Nemi.
Questo il mito in sintesi, ma chi lo sa leggere legge ben altro. Ovviamente Saint capisce solo la stesura letterale del mito e non è in grado di cogliere i risvolti antropologi e storici di quell’epoca che sono pure alla base della psicanalisi. Si tratta di un periodo di transizione tra il potere matriarcale e quello patriarcale, dove il potere della Grande Dea Madre del Mediterraneo, chiamata dai Greci Artemide, viene declassato dall’arrivo dei nuovi dei olimpici. Sono le regine, rappresentanti della dea in terra, che trasmettono la regalità perché sono esse a detenere il misterioso potere della nascita. Il Minotauro, è uno dei tanti paredri, amanti della regina che impersonavano nell’amplesso il dio Toro e ogni anno venivano sacrificati e sostituiti. Quindi Minosse certamente era d’accordo con Egeo. Ma né Jennifer né i suoi editori sanno niente di tutto questo, altrimenti non avrebbero pubblicato tante sciocchezze, tanto che ho fatto fatica ad arrivare alla fine del libro.
Cominciamo. Non esistevano streghe all’epoca e quindi Pasifae non era “una strega che voleva vendicarsi del marito”. Segue la parte disgustosa: Pasifae che culla i pezzi sanguinolenti del Minotauro. Il cavallo non era conosciuto a Cnosso e pertanto non c’erano delle scuderie. I Greci conosceranno i cavalli tramite gli Ittiti, popolo dell’Asia minore, circa mille anni dopo. Le navi, al massimo biremi, non avrebbero comunque potuto trasportare i cavalli di Teseo. Non ci sono mosaici ma affreschi a Cnosso. E in nessuno risultano donne con lunghi ricci biondi e occhi azzurri, prerogativa delle dee olimpiche descritte da Omero solo nell’800 a.C. Il labirinto non aveva una porta serrata con “una pesante chiave di ferro”, perché anche il ferro lo introdussero secoli dopo gli Ittiti. Tantomeno Teseo brandiva una “pesante clava di ferro”. “Qualcosa si agitava dentro di me quasi elettrico…” Elettrico?
Ma il clou è l’isola di Nasso che appare ai fuggitivi con montagne e boschi. Ora, io a Nasso ci sono stata e vi assicuro che è un’isoletta brulla e piatta. Non credo proprio che all’epoca ci fossero “orsi e lupi” né il “casolare” del dio Dioniso con “un’ampia cucina e un letto con drappi dorati e morbie coltri”. E “arazzi che raccontavano le storie del luogo” e perfino “una fontana che zampillava vino” con statua di Dioniso e ovviamente “un vigneto”!
Quando Dioniso si palesa è “una vista mozzafiato”, ovviamente ha gli occhi blu. Trasforma il casolare in un palazzo bianco. Grande amore, ma Arianna scoprirà cose indicibili del suo amato. A pagina 177 entra in scena Fedra che si lamenta del sul matrimonio con il vecchio Teseo. E andrà a cercare Arianna a Nasso. Ritornata ad Atene, si suiciderà dopo aver lasciato una pergamena (ma se scrivevano su tavolette d’argilla!) a Teseo. Arianna si recherà ad Atene e Teseo le mostrerà la lettera. Discussione sulle colpe.
Jennifer ha confuso il mito con un reality show. Il romanzo si chiude con la crisi matrimoniale tra Arianna e Dioniso che la lascia sull’isola con cinque bambini. Ma lui è un dio.