Quanti di noi hanno vissuto il ’68, almeno di striscio, non possono non riconoscersi negli studenti di Stefano Zecchi, protagonisti del suo ultimo romanzo “Anime Nascoste” (Mondadori), che ho presentato a Grado giovedì 22 luglio, nell’ambito della trentesima edizione della rassegna “Libri &Autori”, organizzata da Giuliana Variola.
Ci sono delle frasi che ci fanno capire molto di noi stessi, di come eravamo e come siamo diventati.

Non parlerò della trama: secondo me, un romanzo non va mai svelato, altrimenti si toglie la curiosità di leggerlo. Dirò solo che il romanzo inizia con la storia di una coppia come tante che conduce una vita normale, ma una disgrazia viene a turbarne l’intimità e il narratore, Lorenzo, un antiquario di mezza età, ripercorre a ritroso la sua adolescenza e i suoi primi amori fino al ‘68, quando iniziano le occupazioni dei licei e delle facoltà universitarie. Zecchi scrive: “Era l’alba del ‘68 e nella facoltà di architettura di Milano tutto si faceva fuorché studiare”. Sebbene la parola d’ordine fosse fra i giovani “contestazione”, l’autore ci mette davanti a un ‘68 poco conosciuto, perché lo racconta dalla parte dei ragazzi di destra. I quali non avevano vita facile, pur volendo restaurare i valori della cultura e dello spirito per la rinascita dell’Europa, ispirati dagli scritti di Guenon, Nietzsche, Junger, Evola. Gloria, la protagonista, sostiene: “Ricordati che senza valori, miti, eroi non si può sperare di cambiare la società. Soltanto le passioni sconvolgono l’anima dei popoli. Cercate di conoscere la nostra storia, perché non veniamo dal nulla”. E ancora: “Dobbiamo batterci contro il conformismo, il benessere materiale privo di ideali”. Eppure qualcosa è andato storto: l’MSI, il FUAN (Fronte universitario d’azione nazionale) e la Giovane Italia non hanno saputo cogliere gli ideali culturali dei giovani di destra; poi la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969…
Incredibilmente, accanto alla rivoluzione politica portata avanti dalle sinistre, quella che ha trasformato la nostra società negli anni a venire è stata piuttosto la rivoluzione della bellezza. Stefano Zecchi afferma che, mentre la sinistra aveva un’idea di vita triste, pauperistica e considerava la bellezza superflua, i giovani di destra perseguivano una rivoluzione di bellezza anche nel costume: si afferma la moda, che nasce a Milano con i primi stilisti come Fiorucci e Armani. “Si sognava di diventare, non si prendeva in considerazione di essere”. Nessuno aveva la presunzione di fare l’influencer, ma ognuno cercava di crearsi un’immagine estetica personale, unica: essere diverso da tutti gli altri. Mentre i giovani di sinistra erano conformisti e si omologavano anche con un abbigliamento uguale, tipo l’eskimo verde.
Zecchi scrive: “Le anime messe a nudo sono sempre miserabili”. Da qui il titolo: Anime nascoste? C’è un nascondimento di anime dei due protagonisti, che non si aprono mai fino in fondo per rispettare la scelta di vita dell’altro. Per Zecchi riguarda pure “la coerenza politica e sociale di quei giovani di destra che poi scompaiono, cioè negli anni seguenti non si troveranno sui libri paga di Berlusconi… A differenza di quelli di sinistra, i quali infilandosi in panni borghesi, si sistemeranno a Mediaset, Rai e istituzioni varie”.

La passione politica di Gloria si rivelerà più forte dell’amore. Qui si innesta il tema dell’amore passionale versus l’amore razionale, che il protagonista sembra rincorrere tutta la vita. Eppure quando aveva incontrato Gloria, aveva detto: “Lei era festa, follia, fantasia, assolutamente imprevedibile. Non ci lasciammo più”. Lorenzo poi sceglie la professione di antiquario perché “le cose belle non tradiscono mai, le persone belle molto spesso”. Egli racconta per tutto il libro il suo disagio, la sua marginalità in un’epoca come quella del ‘68 in cui bisognava esporsi.
Molti anni dopo Gloria, che era scomparsa, si fa viva con una lettera per fargli una rivelazione e riconosce che è stato lui il vincente proprio perché è riuscito a condurre una vita normale. Ha fatto parte di quella “maggioranza silenziosa”, come la chiamò Indro Montanelli, che rivendicava il diritto e il ritorno a una vita normale.
“Di fascista, sai, non ho mai avuto niente; semmai ho avuto la voglia di andare sempre controcorrente, di sfidare il perbenismo borghese. Tu hai resistito: non ti sei fatto sedurre dalle sirene della politica aggressiva e della violenza… Mentre io ho avuto l’ingenuo ottimismo di cambiare il mondo. Potevo amare e ho amato solo te: la vera grande infedeltà è dimenticare”.