Caos è il titolo del primo libro di poesie di Angelo Barraco pubblicato da Bertoni Editore. Giornalista, scrittore e collaboratore de La Voce di New York Barraco traduce qui, in parole e poesie, quelle che sono state le sue impressioni di viaggio: in treno, in aereo, luoghi dove si viene a contatto, per un periodo di tempo breve e poi mai più, con tutta la varietà dell’umanità. Ma anche con paesaggi e con quegli scorci di mondo che visti da dietro un vetro riaccendono ricordi, suscitano emozioni, nostalgie, anche per tutte quelle vite che avremmo potuto vivere e non abbiamo vissuto, per tutte quelle vite che non sappiamo, per tutte quelle esistenze che mai sapremo. Il gioco, se così possiamo chiamarlo, è allora quello di immaginarle e immaginare soprattutto che, in qualche modo, piccole porzioni di quelle vite appartengano anche a noi. Ad accomunarci è sempre il caos che regna in ognuno di noi, quel caos fatto di rumore e ricerca del silenzio, di sguardi che qui sono il primo organo di senso e di contatto, ma soprattutto di dolore. Il dolore e quindi la sofferenza che genera la ricerca di Dio, e l’osservazione di tutti quei miracoli della natura che non possiamo dominare: la tempesta, il buio, la notte, il vuoto, sono l’ossatura sulla quale si è formata questa creatura di Angelo Barraco. Lo abbiamo voluto intervistare per immergerci meglio, ancora una volta, in quei pensieri che sono anche di tutti noi, pensieri “sparsi”, senza titolo, senza volto, senza punteggiatura, ordine; pensieri nel “caos” che lui ha portato alla luce per inchiodarci alla realtà vera, in una società che l’autore giudica dominata solo dalle futili apparenze.

La sua professione, come lei stesso ha dichiarato, prende ispirazione dall’osservazione, durante i suoi viaggi di lavoro e piacere, di luoghi, realtà, persone, sguardi, e quindi vite in transito, sconosciute e solo immaginate, è un modo per allontanare la solitudine quello di “pensare” che in fondo la vita di tutti è attraversata dallo stesso caos di emozioni, sentimenti, dolore e sofferenza di cui è fatta la nostra?
“Il viaggio rappresenta un momento particolare per l’essere umano perché entrano in gioco dinamiche particolari: siamo silenziosi, vicini ma al contempo lontani. Sediamo tutti al nostro posto, alcuni parlano in silenzio, altri invece stanno al telefono o cercano una poltrona in cui sedersi. Tante le emozioni che entrano in gioco in quei momenti, sono una continua ricerca di approvazione e interpretazione di piccoli gesti e metabolizzare gli sguardi”.
Cercare di esprimere il caos è una personale tecnica per mettere ordine?
“Ogni essere umano vive in una condizione di caos interiore. Il conflitto costante tra razionalità e irrazionalità: una bilancia che cerca sempre un equilibrio e si esprime in modo diverso in ognuno di noi”.
Lei parla di realtà fatta di inutile apparenza, non crede invece che lo stesso modo in cui “cerchiamo” di apparire, ovunque, social compresi, riveli tutto di noi, ci metta a nudo senza che nemmeno ce ne accorgiamo?
“Viviamo in una società che non conosce filtri, dove non esistono più principi morali. I social network purtroppo stanno alimentando questi comportamenti irrispettosi nei confronti dei più deboli. Una società che insegue il like, senza tendere la mano al prossimo. Ecco, questa per me è la società fatta di inutili apparenze”.
La solitudine, il silenzio, Dio e la morte aleggiano in tutti suoi versi, con forza, proprio perché con forza lei immagina siano al centro dell’esistenza di qualunque sguardo incroci, ma com’è il suo rapporto con Dio o un creatore, un demiurgo, caotico?
“La solitudine, il silenzio, Dio e la morte, sono parte integrante della vita di ogni essere umano, nel bene o nel male: rappresentano dei contrasti e delle sfumature esistenziali con i quali si convive costantemente”.

Caos#44 è tra quelle che personalmente apprezzo di più per questo le chiedo: Angelo Barraco cosa vede quando osserva il vuoto, la tempesta, la notte?
“Caos#44 è la descrizione di una tempesta di pioggia, vista attraverso il finestrino di una macchina, nell’attesa che tutto si plachi, per poter ripartire e tornare a casa. Il vuoto, la tempesta e la notte hanno in comune la volontà di sorprendere e stimolare chi osserva. Il vuoto si riempie, quindi alla vista di un osservatore diventa improvvisamente uno spazio mutevole; la tempesta quando smette la sua furia, apre le sue porte al sole e ai colori; la notte invece riempie il cielo di stelle, nasconde la luna e il nuovo giorno. Sono tre elementi fortemente stimolanti perché mutano, cambiano e soprattutto sorprendono”.
Il silenzio in tutta l’opera sembra identificarsi con la paura, assenza di caos, presagio di morte, ma per chi scrive quanto è importante il silenzio?
“Il silenzio è un po’ l’antitesi del libro, scritto nella maggior parte dei casi in luoghi rumorosi come il treno, aereo. Proprio in questi luoghi, i viaggiatori, paradossalmente, cercano il silenzio, consapevoli del fatto che risulta impossibile trovarlo eppure riescono a rilassarsi e dormire. Il silenzio e il caos rappresentano due facce della stessa medaglia”.
La morte è assenza di luce, di tutto, è solo il buio di una condanna? per citare i versi di Caos#68
“La morte spegne per sempre la luce negli occhi di chi va via, e quella nel cuore di chi resta e vive nel ricordo. E’ normale, è umano. E’ il processo naturale della vita. Questo ho voluto descrivere in Caos#68″.
Quando scrive che ciò che si teme è solo il dolore si riferisce anche al dolore fisico? Quale per lei è più duro da sopportare?
“L’essere umano non è mai eterno. E’ eterno il ricordo e ciò che semina, che poi può essere apprezzato e raccolto da chi rimane. Si deteriora il corpo ma non lo spirito e la memoria. Rimane sempre il dolore, come rimane il dolore di chi è andato via. Il dolore, sia fisico che interiore, può ugualmente essere determinante e stravolgere la vita di una persona”.
Infine, c’è un momento preciso, secondo lei, nella vita di ognuno di noi, in cui il domani abbandona il suo profumo?
“Secondo me il domani abbandona sempre il proprio profumo, ma per lasciare spazio ad uno nuovo, diverso. Bisogna sempre saperlo cogliere e apprezzarlo”.