Ulisse non finisce mai di stupirci: ha talmente tante sfaccettature che chiunque lo studi ne vedrà un uomo diverso. È tutti e nessuno. Piace e disgusta. Stupisce e immaliconisce. È un uomo. E siccome conquista Troia, riesce a tornare ad Itaca e sopravvivere alla vecchiaia, diventa un eroe. Ma non è questo. Oggi è il simbolo della sapienza, della ricerca, della scienza. È il simbolo dell’intelligenza umana, della necessità che aguzza l’ingegno.
Per me è il simbolo della meschinità maschile, racconta balle, sa imbrogliare. Piagnucola che le donne non lo lasciano partire per Itaca, ma non fa nulla per partire. Si dice stregato. Si tratta di maghe, di sirene, di dee… spiega. Allora l’intelligenza di un uomo, la sua scaltrezza nulla possono di fronte a una donna superiore? Buono a sapersi. Basta affinare le doti per metterlo nel sacco. Sempre che si voglia usare il raggiro, come lui.
Ma l’amore non è questo. Questo è possesso: vince chi trattiene l’altro con mille espedienti.
Né l’amore è aspettare un uomo che non vuole tornare, come fa Penelope. Ogni giorno tesse la tela, e la notte la disfa. Il giorno tira avanti con la vita, sopporta i Proci, cresce un figlio, cerca di conservare il regno di Itaca; la notte cancella tutto quello che è, sogna un uomo che non c’è e di come sarebbe stato bello con lui. Noi donne amiamo quello che non abbiamo, l’uomo che sfugge. E magari non vediamo che davanti a noi c’è un Proco che fa al caso nostro. No, viviamo di ricordi, soprattutto di immaginazioni. E se Ulisse fosse solo un uomo che Penelope si è creata nella sua immaginazione? Spesso immaginiamo un uomo come ci piacerebbe esistesse. Mentre un uomo vuole che una donna sia a sua immagine e somiglianza; deve rispecchiarlo, ma bello e bravo come si crede lui. La differenza è che noi donne sogniamo l’uomo e quando ne incontriamo uno non è mai quello giusto, secondo noi. Invece gli uomini sono più pragmatici: scelgono una donna per quello che può dargli, per la sua utilità, per come lei sa essere il loro alter ego. Secondo Omero, Penelope era la donna perfetta, con tutti i valori femminili al posto giusto. Ma gli antichi Greci erano un popolo patriarcale, estremamente maschilista. E allora cosa può la cultura greca, nel rapporto uomo-donna, ancora insegnarci sulla nostra vita?

Ce lo spiega Bianca Sorrentino in Pensare come Ulisse (il Saggiatore). Noi pensiamo ancora come Ulisse, anzi abbiamo seguito la sua rotta. Il che è stato un male nel rapporto uomo-donna, ma anche un bene se consideriamo che Ulisse è il modello occidentale dell’uomo che riesce ad arrivare dove vuole arrivare. Anche qui ci sarebbe da dire: Ulisse infine vuole solo fare ritorno a casa. Ci indica che è proprio la casa la meta da perseguire. Trovare la propria intimità.
Questo di Bianca Sorrentino è un saggio, ma un saggio poetico; ne ho letti di saggi e soprattutto sul mito, eppure mai letta una ricerca letteraria esposta con un simile pathos. Bianca è giovanissima, trentenne, ma sembra che abbia studiato tutta la vita, quindi almeno dall’asilo, per quanta conoscenza profonde in questo testo. Ci dice che la vita è un labirinto e che conoscere il mito è il filo per uscirne. Ma ci dice anche che solo chi saprà percorrere il labirinto danzando, conquisterà la libertà. Forse il navigare di Ulisse è solo una danza, il mare è ritmo, e ci si perde quando non si sa indirizzare il timone. Quindi non è importante come si vada incontro alla meta, camminando o nuotando o danzando, ma avere sempre una meta. È l’unico modo per non perdersi. Infatti cinque anni fa Bianca scrisse il suo primo libro: Sempre verso Itaca (Stilo Editrice). La meta tuttavia, secondo il poeta greco Kavafis, è il cammino stesso che ci porta verso la conoscenza. E si può conoscere anche attraverso la donna, soprattutto quando si tratta di dee, di maghe o di Sirene, che all’epoca detenevano la conoscenza. E se il segreto della conoscenza è conoscere la donna, un’isola può valere l’altra, l’importante è trovarci qualcosa che risvegli il nostro desiderio d’amore. Cesare Pavese l’ha proprio capito; in Dialoghi con Leucò il suo Ulisse dice a Calipso: “Cercando un’isola, ho trovato te”. Itaca può attendere.