Fausto Biloslavo e Matteo Carnieletto hanno appena pubblicato Verità Infoibate. Le vittime, i carnefici, i silenzi della politica (Signs Publishing). In Italia ci troviamo ancora davanti a un muro di omertà. Infatti molti tuttora pensano e dicono: “In fin dei conti gli istriani di finire in foiba se lo sono meritati: erano fascisti”. Ma dalla scorsa estate sono state individuate in Slovenia 750 fosse comuni, una ogni 27 chilometri quadrati, nella quali sono finiti nel dopoguerra oltre 100 mila esseri umani: italiani, ma pure sloveni, croati e serbi che possedevano qualcosa da rubare, venivano considerati fascisti e dichiarati nemici del popolo dai partigiani titini. Queste foibe erano pressoché nascoste perché erano state sigillate con l’esplosivo. Ha spiegato giovedì scorso Biloslavo presentando il libro all’Unione degli Istriani di Trieste.
Un esponente comunista jugoslavo disse: “Col diritto dei vincitori siamo giustificati a richiedere agli italiani di riprendersi le loro minoranze, insediatesi dopo la fine della prima guerra (falso). Dobbiamo svuotare e occupare questa terra ripopolandola con altre popolazioni”. E un altro: “Dovevamo fare in Istria una propaganda anti italiana. Bisognava dimostrare che quelle terre non erano italiane. Certo che non era vero, ma dovevamo indurre gli italiani ad andarsene”. Cominciarono così, dall’8 settembre ’43, gli infoibamenti e le deportazioni di massa.

Gli istriani si ritrovarono davanti all’angosciosa scelta tra il rimanere rinunciando a vivere o il ricongiungersi alla madrepatria. Per quelli che si salvarono fu un esodo molto doloroso: abbandonarono casa, lavoro, i propri cari, perfino i morti. Nel ’47 alla stazione di Bologna comunisti e sindacalisti accolsero gli esuli da Pola a sassate, impedendogli di scendere dal treno ed essere rifocillati, perfino di dare un po’ di latte ai neonati.
“Quegli esuli erano diventati due volte italiani. Una volta per nascita, una volta per scelta”. Ha sottolineato Biloslavo. Poi ha ricordato una delle tante storie struggenti.
Graziella Gianolla a 9 anni vede i partigiani titini portare via da casa il padre, che verrà orribilmente torturato. Dopo qualche mese ritornano e prendono lei e la madre. Le separano, gettano la madre in foiba, e alla bambina dicono: “Non nominare mai più tua madre perché era una spia”. La portano con loro nei boschi e la armano di una pistola facendole indossare un berretto con la stella rossa. E’ costretta ad assistere a scene di sesso tra partigiani. Una partigiana si impietosisce e la porta a casa sua, le toglie il vestito che era pieno di pidocchi. Il fratello, saputo che era viva, è costretto dai partigiani ad andare a combattere con loro.
“Ho perdonato”. Ha detto Graziella. Penso che non si possa perdonare quello che non si può dimenticare. E’ solo una forma di rinuncia all’odio per cercare di non soffrire più.
E poi c’è gente come Boris Pahor, lo scrittore triestino della minoranza slovena, che lo scorso luglio, dopo esser stato insignito della più alta onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana, ha sostenuto: “Le foibe sono tutta una balla”. Ha 107 anni: o Dio non c’è o non lo vuole.

Io non perdono i massacri delle foibe. Non perdono gli eccidi fatti agli italiani nel dopoguerra dai partigiani jugoslavi. Predoni slavi incitati dal criminale Tito a venire in Istria e Dalmazia a razziare le case degli italiani ed ucciderli scaraventandoli nelle cavità carsiche. Come cose di cui sbarazzarsi gettandole nell’immondezzaio di una discarica, sono stati poi cosparsi di benzina e gli è stato appiccato il fuoco. Ammassati e feriti, migliaia di uomini, donne e bambini sono arsi vivi in quelle voragini dopo esser stati torturati, stuprate, seviziati. Come si può concepire un crimine simile? Come si può continuare a vivere serenamente?
Queste genti cercano di giustificarsi adducendo che le foibe siano state la conseguenza di quanto hanno fatto prima i fascisti. Che non arrivarono ad eliminare la popolazione gettandola in foiba o pianificato una pulizia etnica con deportazioni di massa. Allora andiamo ancora più indietro: vediamo come l’impero austriaco fomentò l’odio tra italiani e slavi prima della prima guerra, sulla base del principio divide et impera. Spostò migliaia di slavi dalle montagne sulla costa, per mettere gli italiani, di cui temevano i sentimenti indipendentisti, in minoranza. Li privò di lavoro e terre. E vediamo pure cosa venivano a fare gli slavi nel medioevo in Istria: i mercenari che razziavano al seguito di qualche signorotto i paesi italiani; sempre meglio che lavorare.

Ma quello che mi indigna di più è il comportamento che in questi anni è stato tenuto da politici e presidenti italiani. Anche per loro noi eravamo i fascisti che fuggivano dal paradiso comunista, eravamo gli italiani che avevano occupato terre slave (che falsificazione!), e allora come mai hanno pagato i danni di guerra dell’Italia con le proprietà secolari degli italiani? Cosa c’era di slavo sulla costa orientale dell’Italia? Qualcosa storicamente non torna nella versione opportunista di questi gloriosi antifascisti italiani che si sentono ideologicamente più vicini ai partigiani slavi che ai loro connazionali, vittime inermi. Come se la lotta partigiana italiana volta alla conquista della libertà, realizzata grazie agli Alleati anglo-americani, fosse la stessa cosa di quella dei comunisti slavi che è stato solo un eccidio nazionalista per il possesso di quello che era stato italiano per secoli.